Agenda: attenti all’ingorgo digitale

Parte la grande sfida per le politiche digitali. Semplificazione normativa, utilizzo intelligente dei fondi europei e ricorso massiccio al procurement di Consip gli strumenti con cui il Governo intende far ripartire il piano. Basteranno al premier per vincere la scommessa?

Pubblicato il 15 Set 2014

Federica Meta

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Sarà un autunno caldo per l’Agenda digitale. Dopo la battuta d’arresto dovuta prima ai procedimenti di nomina degli enti di governance – Agenzia per l’Italia digitale in primis che è stata affidata alla guida di Alessandra Poggiani – e poi alla pausa estiva, ora il governo intende riprendere le fila del “discorso digitale” anche per dare sostanza al semestre di presidenza europeo e rimettere l’Italia al centro dibattito sui temi dell’innovazione.

A Palazzo Chigi puntano a stringere sui tre progetti individuati dall’ex commissario Francesco Caio: fatturazione elettronica, identità digitale e anagrafe unica. L’obbligo di fatturazione elettronica sarà esteso alle pubbliche amministrazioni locali a partire dalla prossima primavera mentre si lavora ad incentivarne l’uso anche tra privati. Altro appuntamento importante è per aprile 2015, quando partirà la prototipazione dell’identità digitale, progetto per il quale sono in prima fila i Comuni, a cui si associa la necessaria creazione del sistema di anagrafe unica.

“Il governo – fanno sapere da Palazzo Chigi al nostro giornale – anticipando anche l’autocritica fatta dalla Ue – sa perfettamente che raggiungere tutti gli obiettivi dell’Agenda è un’impresa titanica, quasi impossibile da realizzare in tempi di crisi economica e di spending review. Per questo è volontà esplicita dare attuazione a questi tre progetti che si considerano abilitanti per il sistema Paese”. Non sarà un’impresa facile. Due sono infatti gli ostacoli da rimuovere al più presto: il primo di natura normativa, il secondo di natura economica. Sul fronte normativo il governo ha già messo in campo l’artiglieria pesante. Il nuovo decreto PA, convertito in legge nel corso dell’estate, contiene nuovi strumenti per sbloccare l’attuazione delle norme relative all’attuazione dell’Agenda con l’obiettivo di accelerare sui progetti e di colmare i ritardi che affliggono l’Italia.

Il decreto assegna all’Agenzia per l’Italia nuovi poteri di monitoraggio sull’attuazione delle riforme digitali da parte delle PA. L’articolo 24-ter prevede che tutte le Regole tecniche previste per l’attuazione dell’Agenda possano essere adottate con modalità semplificate introducendo una norma che prevede che, qualora non ancora adottate e decorsi ulteriori novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, le regole tecniche possono essere dettate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri anche senza il concerto dei ministri interessati.

Si tratta di una vera e propria norma “sblocca-decreti” accompagnata anche dalla previsione per cui le PA competenti, la Conferenza unificata e il Garante Privacy rispondano entro trenta giorni dalla richiesta di parere. In mancanza di risposta nel termine indicato nel periodo precedente, il parere si intende interamente favorevole. I prossimi mesi saranno dunque il banco di prova per valutare se la semplificazione normativa adottata possa funzionare da chiavi di volta dell’Agenda.

Il secondo aspetto riguarda il finanziamento dell’innovazione. Anche in questo caso l’autunno porterà importanti novità, soprattutto sul fronte fondi europei.

Per settembre è infatti atteso l’ok definitivo all’Accordo di partenariato tra il governo italiano e l’Ue. Larga parte di quell’intesa riguarda le risorse destinate all’innovazione (1,3 miliardi) del settore pubblico e allo sviluppo delle infrastrutture digitali. Qui il problema non inerisce tanto i fondi europei – che comunque arriveranno – quanto la parte di finanziamento che deve arrivare dall’Italia: le risorse Ue, infatti, per essere utilizzate in iniziative specifiche devono essere integrate con quelle regionali difficili da reperire in tempi di patto di stabilità. Motivo per cui il premier Matteo Renzi sta affilando le armi per chiedere a Bruxelles un allentamento dei parametri.

Un’altra fonte di risorse – o meglio anti-spreco – sarà il procurement pubblico, come sottolinea Giuliano Noci, prorettore del Politecnico di Milano e responsabile Scientifico dell’Osservatorio eGovernment. “Nella PA, ad esempio, il legislatore abbia proposto nuovi strumenti con l’obiettivo di razionalizzare la spesa e semplificare i processi di acquisto della PA, aumentando la trasparenza dell’azione pubblica e il livello di concorrenzialità tra le imprese – dice l’esperto – Ma gli enti locali che già utilizzano piattaforme elettroniche d’acquisto, pur riconoscendo la potenzialità di questi nuovi strumenti, oggi lamentano il fatto di non essere in grado di perseguire alcun risparmio e di avere incrementato le criticità nell’interazione con gli operatori economici. Due Comuni su tre, ad esempio, hanno difficoltà a ricercare i prodotti desiderati e a definire a priori la qualità della fornitura e il livello di servizio ottimale. Il successo e la diffusione delle piattaforme elettroniche passa necessariamente anche attraverso la rispondenza ai desiderata delle imprese che effettivamente riconoscono nel passaggio a piattaforme elettroniche una possibile occasione per semplificare la complicazione derivante dall’eccessiva burocrazia e ampliare così i propri canali di vendita”.

In questo senso il ministero dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha fatto sapere di voler studiare tutte le modalità che facilitino il ricorso da parte della PA alle grandi centrali di acquisto.Secondo le rilevazioni del Mef infatti i risparmi ammonterebbero a 2,6 miliardi se le PA facessero ricorso al procurement di Consip. Semplificazione normativa, uso efficiente dei fondi Ue e ricorso al procurement intelligente: basteranno questi passi strategie per ridare fiato all’Agenda digitale e con essa al Paese? Per Alfonso Fuggetta, numero uno del Cefriel, nessun approccio è di per sé ottimale. “Ci sono una molteplicità di strategie e opzioni, peraltro non alternative e incompatibili, che possono e devono essere selezionate, integrate e raffinate– spiega – Ma serve è una governance forte dei processi di innovazione. Il sistema pubblico richiede una coerenza degli sforzi e delle iniziative delle diverse amministrazioni. Anzi, in molti casi è necessario identificare innovazioni di sistema che è difficile concepire e sviluppare in questa o quella PA”.

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