Banda larga, fronte comune Agcom-Antitrust: “Ora spingere la domanda”

Le conclusioni dell’indagine avviata a gennaio dalle due authority: “Per recuperare il gap serve un piano nazionale che spinga sugli investimenti in fibra ottica e joint venture tra operatori”

Pubblicato il 07 Nov 2014

D.Q.

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Per riprendere con decisione il cammino verso l’Italia digitale serve essenzialmente un’iniezione di fiducia e di coraggio. C’è un grave ritardo da recuperare nella banda larga e nell’ultrabroadband, a causa di vincoli amministrativi, strategie pubbliche miopi e conservatrici, incertezze e lacune negli interventi privati.

A sottolinearlo, rendendo note le conclusioni dell’indagine conoscitiva di Antitrust a Agcom avviata dalle due authority a gennaio, è il Sole24Ore. Come ricetta per recuperare il terreno perduto le Autorità presiedute da Giovanni Pitruzzella e Angelo Marcello Cardani, a conclusione di un lavoro durato 10 mesi che ha coinvolto tutti i principali attori delle telecomunicazioni, sia del fisso sia del mobile, evidenziano la necessità di un Piano strategico nazionale per gli investimenti in fibra ottica, anche con eventuali joint venture tra operatori. E poi politiche pubbliche di sostegno alla domanda, e l’accelerazione di un processo ancora troppo frammentato quale la digitalizzazione della Pubblica amministrazione.
Uno dei punti centrali del dossier che sarà pubblicato nelle prossime settimaen, secondo quanto anticipato dal sito internet del quotidiano, è la necessità di cambiare passo sulla realizzazione delle infrastrutture in fibra ottica. La migliore soluzione tecnologica sarebbe secondo il rapporto il sistema FTTH/B (fiber to the home/building, ossia fibra fino alle unità abitative) da implementare con un percorso graduale: partire dalle reti FTTC (fiber to the cabinet, cioè fibra solo sino agli armadi di strada) e scalare alla soluzione successiva, ma solo quando l’evoluzione della domanda lo richiederà. Ma se dovesse prevalere in via esclusiva l’opzione FTTC si correrà un duplice rischio: restare lontani dai target indicati dall’Agenda digitale europea e mantenere un contesto concorrenziale con operatori alternativi ancora troppo dipendenti dalla rete di Telecom Italia.

Tre gli scenari proposti: lo sviluppo e la gestione dell’infrastruttura da parte di un operatore di rete “puro” non verticalmente integrato, un progetto curato dall’operatore dominante; una joint venture tra più operatori. Poi l’indagine propone nuovi strumenti legislativi e amministrativi per ridurre i costi e gli ostacoli burocratici per la realizzazione delle nuove infrastrutture, chiamando in causa anche gli enti locali, spesso protagonisti di rallentamenti e intralci. Le due authority consigliano inoltre al Governo una governance dell’Agenda digitale più coraggiosa, che sappia andare oltre la digitalizzazione della PA e coordini gli investimenti nelle nuove reti. Sul lato domanda, infine, si potrebbe promuovere una maggiore trasparenza della qualità delle connessioni online, valutando anche politiche dirette come voucher, sovvenzioni, benefici fiscali per le famiglie o le imprese.

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