PA DIGITALE

Corso (Polimi): “In house centrali per la crescita digitale, servono nuovi modelli organizzativi”

Il docente del Politecnico di Milano: “Le società pubbliche dell’Ict possono costituire il braccio attuativo sul territorio e l’elemento di coesione tra Governo e Regioni”. Le parole d’ordine: “Fare sistema”

Pubblicato il 15 Ott 2015

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“Le società in-house devono costituire un vero e proprio ponte tra le esigenze di innovazione e trasformazione digitale delle PA e le capacità ed opportunità tecnologiche presenti sul mercato”. Lo dice a CorCom Mariano Corso , docente del Politecnico di Milano, ateneo che insieme alla Sda Bocconi ha curato il Rapporto Assinter 2015.

Come si possono far emergere e mettere a sistema le buone prassi messe in campo dalle in house?

Bisogna innanzitutto diffondere tra le in-house l’orgoglio e la consapevolezza di appartenere ad un sistema che comprende oltre 5000 persone e costituisce una risorsa potenzialmente preziosa per il Paese. Occorre poi creare un linguaggio comune di confronto, fatto di sistemi di indicatori, modelli professionali e metodologie di riferimento condivise. Infine è necessario creare occasioni di confronto e benchmarking a più livelli: tra vertici aziendali, manager e professional. In questa prospettiva risulta fondamentale lo sforzo di una associazione come Assinter che, attraverso la ricerca, la formazione, i tavoli di lavoro congiunti, crea le premesse di una collaborazione sempre più stretta e a valore aggiunto.

Il rapporto con il mercato non è stato sempre facile ma in questi ultimi anni c’è stato un riavvicinamento. Come si può implementarlo questo rapporto?

Nel loro nuovo ruolo al servizio del Paese, le società in-house devono costituire un vero e proprio ponte tra le esigenze di innovazione e trasformazione digitale delle Pubbliche Amministrazioni e le capacità ed opportunità tecnologiche presenti sul mercato. Il rapporto tra in-house e fornitori deve uscire da vecchi schemi fondati sulla contrapposizione negoziale quanto non sul tentativo di scavalcarsi o sostituirsi vicendevolmente, per entrare in una logica di sinergia, rispetto e genuino contributo ad una reciproca crescita che vada a favore dell’intero sistema. Per fare questo occorre innanzitutto creare nelle in-house competenze di procurement innovativo, Ingegneria Finanziaria e gestione delle Partnership Pubblico-Privato. Bisogna poi lavorare a livello normativo per rimuovere limiti ed ostacoli che un codice degli appalti, inadeguato alla natura della fornitura di servizi per l’innovazione digitale, pone ad una corretta collaborazione tra i soggetti.

Che ruolo possono svolgere le in-house nella realizzazione degli obiettivi della riforma PA e del piano Crescita Digitale?

Le in-house costituiscono una risorsa fondamentale al servizio di una corretta e coerente digitalizzazione del Paese. Le grandi sfide dell’Agenda Digitale, così come definite dal documento per la Crescita Digitale, non potranno attuarsi in assenza di un forte committment di Regioni e Province Autonome. Le in-house possono costituire non solo il braccio attuativo sul territorio, ma anche quell’elemento di coesione capace di favorire il raccordo tra diverse iniziative regionali e tra queste e l’azione del Governo e della Agenzia per l’Italia Digitale. Per svolgere questo ruolo, tuttavia, le società in-house devono adottare modelli organizzativi più efficaci ed imparare a fare sistema, rinunciando alle rigidità, le miopie e le false sicurezze che una situazione di scarsi stimoli e committment ha spesso creato nel passato.

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