PA TRANSFORMATION

Carta di identità digitale, si (ri)parte

Il governo rilancia la Cie per rafforzare l’identità digitale e “testare” Anpr. Sarà la volta buona?

Pubblicato il 04 Mar 2016

Federica Meta

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Altro giro altra corsa per la Carta di identità elettronica. Dopo la pubblicazione in Gazzetta del decreto sulla nuova Carta di idenità elettronica, lo scorso gennaio, l’Agenzia per l’Italia digitale scalda i motori per l’avvio del progetto di diffusione. Da marzo 2016 comincerà il rilascio nei 153 Comuni che partecipano alla fase di lancio del progetto; la diffusione su tutto il territorio nazionale si completerà nel 2018. Tra questi spiccano anche le grandi città: Milano, Roma, Napoli, Bari, Bologna e Firenze.

La nuova Cie sarà costituita da una smart card su cui saranno presenti le impronte digitali, il codice fiscale e gli estremi dell’atto di nascita, corredati da una serie di elementi di sicurezza (ologrammi, sfondi di sicurezza, micro scritture). Al momento della richiesta il cittadino potrà fornire il proprio consenso alla donazione degli organi e potrà indicare le modalità di contatto, ovvero il numero di telefono, l’indirizzo di posta elettronica o l’indirizzo Pec.

La smart card, attraverso un sistema di emissione di tipo centralizzato, permetterà l’innalzamento dei livelli di sicurezza: i dati del cittadino saranno infatti codificati secondo gli standard europei in materia di documenti elettronici già adottati per il passaporto elettronico e per il permesso di soggiorno elettronico, riducendo così le possibilità di contraffazione.

Al progetto partecipano il ministero dell’Interno, che mette a disposizione il sistema infrastrutturale garantendo integrità e sicurezza; l’istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, responsabile della produzione e della spedizione della Cie e l’Agid, che svolge funzione di supervisione e raccordo tra i diversi attori coinvolti.

Ma il percorso non è privo di ostacoli dato che ci sono molte questioni ancora aperte, a cominciare dal prezzo. Nulla si sa ancora su quanto costerà la carta né tantomeno se andrà a sostituire quella che alcuni Comuni hanno già rilasciato negli scorsi anni. E ancora: se la sostituzione avrà un costo minore.

Altro nodo riguarda l’integrazione con Spid, il sistema pubblico di identità digitale, anch’esso ai nastri di partenza.

I problemi emergono quando si immagina la Cie in relazione con il sistema di identità digitale. Come spiega a CorCom, Alessandro Perego, responsabile scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, le zone di conflitto tra i due progetti non sono poche.

C’è rischio che pin unico e carta di identità elettroniva vadano a “sbattere”?

“Lo Spid consta di due fasi. La prima di identificazione dell’utente e di rilascio del pin unico, per la quale è prevista anche una modalità fisica ovvero il provider ha bisogno di “vedere” il richiedente – spiega Perego – Si tratta però di una modalità costosa e difficoltosa. In questo quadro la Carta di idenità elettronica potrebbe agire da facilitatore consentendo un riconoscimento immediato e più sicuro”. È dunque nella seconda fase che identità digitale e carta elettronica potrebbero andare in conflitto. “La seconda fase di Spid – puntualizza Perego – è quella che possiamo chiamare di autenticazione per l’uso dei servizi e al livello tre dell’identità digitale, quello più alto, è stata pensata una funzione di riconoscimento che, dunque, confligge con la carta elettronica. Vedremo se e come questa zona d’ombra andrà eliminata”.

Oltre alla relazione con lo Spid, a preoccupare gli esperti anche il tema della gestione del dato. Il rilancio della Carta digitale avviene in concomitanza con uno dei progetti abilitanti della PA digitale: l’Anagrafe Unica della popolazioe residente (Anpr). “I Comuni dovranno far migrare i dati sull’Anagrafe Unica della popolazione residente (Anpr) – ricorda Paolo Colli Franzone, responsabile scientifico dell’Osservatorio Netics e tecnologo – Si tratta di un processo lungo e complesso nel quale si stanno rilevando non pochi problemi di armonizzazione e normalizzazione delle informazioni”. Che significa? Che i Comuni saranno prioritariamente impegnati in queste operazioni.

“Ci vorranno due anni, almeno per le PA più grandi, per passare su Anpr – prevede l’esperto – Pensare di rilasciare la Cie senza prima aver terminato questo processo è folle. Il vero tema è accelerare sull’Anagrafe unica rendendo più facile la vita alle amministrazioni, magari sostenendo economicamente la migrazione ma stringendo i tempi di attuazione: non più due anni, come previsto adesso, ma sei mesi”.

Dal governo, però, si esperime ottimismo. Da Palazzo Chigi spiegano che la decisione di rilanciare la carta di identità elettronica non è in conflitto con il pin unico. Anzi. “Immaginiamo – dicono – un’associazione forte tra lo Spid e la Cie: per il cittadino che ha la carta elettronica dovrà essere più facile avere il pin unico e i servizi Spid dovranno essere potenziati dalla Cie”.

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