Cantieri aperti sul Voip pubblico

Dal 2008 migrati 100mila telefoni, ma frenano i costi e il censimento delle sedi condivise

Pubblicato il 19 Apr 2010

Centomila telefoni. Sono quelli migrati dalla tecnologia analogica
al Voip (Voice over Ip), dal 2008 a fine 2009 oggi, nella Pubblica
amministrazione centrale (Pac). La transizione ha interessato
soprattutto le Pac maggiori (Interno, Esteri, Giustizia, Miur tra
gli altri): amministrazioni all’interno delle quali il Voip viene
percepito come uno strumento che, oltre a determinare economie di
scala, consente di far evolvere le postazioni di lavoro, realizzare
l’integrazione tra diversi servizi (telefonia, segreteria
telefonica, videoconferenza, chat, e-mail, sms, fax), incidere sui
procedimenti amministrativi e, last but not least, offrire nuovi
servizi al cittadino.

A gettare qualche ombra sull’evoluzione della nuova tecnologia,
la questione di nuovi investimenti e la gestione negli uffici
locali delle Pac. Tanto che ancora non è disponibile il dato sul
numero complessivo di telefoni che saranno sottoposti allo
“switch off”. “Nelle articolazioni periferiche degli enti
centrali il passaggio è spesso molto complesso – puntualizza
Gaspare Ferraro, responsabile Area Infrastrutture e centri di
servizio-Ufficio Connettività e relativi centri di servizio di
DigitPA, l’ente che monitora e supporta la transizione -. Molte
PA hanno uffici dotati di ampia autonomia, come ad esempio il Cnr;
altre hanno propri uffici territoriali ospitati in sedi messe a
disposizione dalle amministrazioni locali con le quali, peraltro,
ripartiscono le spese telefoniche, come nel caso del comparto
Giustizia. In questo senso DigitPA è impegnata in una scrupolosa
attività di monitoraggio che consentirà a breve di definire un
eventuale piano di interventi, laddove ci fosse bisogno di
velocizzare e accompagnare la transizione”.

Transizione che si “affida” al Sistema pubblico di
connettività (Spc), la rete di Tlc della Pubblica amministrazione,
sui cui viaggia il Voip pubblico e che, proprio per migliorane le
performance, sta implementando le proprie caratteristiche tecniche.
In particolare, sono in fase di definizione le caratteristiche del
Nodo di Interconnessione Voip (Niv-Spc), che consentirà il
collegamento di tutti i domini Voip delle singole amministrazioni,
realizzando così l’unico dominio Voip di tutta la PA. Il Niv
erogherà servizi innovativi, come quelli di Unified Communication,
che consentiranno alle amministrazioni di interagire in un modo
nuovo e sempre più efficace.
Ma se DigitPA ha messo in campo gli strumenti necessari a
velocizzare e rendere più semplice la transizione – dalle nuove
funzionalità Spc al piano di supporto degli uffici decentralizzati
– ad ostacolare una piena migrazione permangono timori di natura
economica da parte delle PA che soprattutto in periodi di crisi
sono restie a puntare su nuovi investimenti, anche nel caso in cui
questi garantiscano ritorni notevoli in termini di risparmio: per
tutta la Pac si stimano vantaggi pari a 20 milioni di euro l’anno
con il passaggio alla telefonia di nuova generazione.

In alcuni casi la mancanza di una Lan con caratteristiche adeguate,
il numero esiguo o l’assenza di sedi periferiche nonché il costo
estremamente basso delle telefonate tradizionali fisso-fisso
rappresentano fattori che frenano l’introduzione della nuova
tecnologia. “In questo senso le amministrazioni devono elaborare
una corretta analisi costi/benefici che tenga conto dei servizi a
valore aggiunto che la tecnologia offre e che consentono di
cambiare modo di lavorare, con conseguente incremento di efficienza
– sottolinea Ferraro -. In altre parole il Voip, più che una
spesa, deve essere inteso come uno strumento per innovare
procedimenti amministrativi, realizzare servizi innovativi e
consentire modifiche organizzative”.

Altro “lato oscuro” è l’adozione da parte delle pubbliche
amministrazioni locali che non sono incluse nell’obbligo della
Finanziaria 2008, ma che vorrebbero spingere sulla nuova tecnologia
per abbattere i costi della bolletta. Tranne qualche esempio
virtuoso, come il Comune di Roma che ha avviato un’interessante
sperimentazione di Unified Communication nelle proprie sedi, la
telefonia via Ip stenta a decollare in molte realtà locali,
soprattutto le più piccole: l’ultimo rapporto Netics sulla spesa
in Information technology degli enti locali e delle Regioni rileva
che solo 16 milioni degli oltre 400 spesi in Tlc sono destinati al
Voip. Il motivo di tanta resistenza agli investimenti va ricercata
negli assetti infrastrutturali. Il 40% dei Comuni italiani, ad
esempio, non è coperto da Adsl e, oggi, non è nemmeno in grado di
veicolare investimenti in quelle direzione, strozzato com’è dal
taglio dell’Ici e dai limiti imposti dal patto di stabilità che
ha decurtato ulteriori risorse.

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