E-fattura, si è persa la bussola: serve governance chiara

Il progetto non si può ancora considerare un consolidato. Dopo un buon inizio il percorso si è interrotto. Pubblichiamo un contributo aperto alla sottoscrizione che chiede una gestione capace di coniugare competenze giuridiche, tecniche e di vision

Pubblicato il 23 Dic 2016

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Pubblichiamo l’appello di esperti, lanciato dal sito agendadigitale.eu, che chiede una governance strutturata per il progetto di fatturazione elettrinoca, anche in vista dell’avvio B2B.

La Fatturazione Elettronica è uno degli obiettivi di semplificazione che l’Europa si è data: cardine indispensabile per la creazione del Mercato Unico Digitale Europeo e stimolo normativo all’introduzione di processi di Digital Transformation nei processi B2B di qualsiasi impresa e delle PA, oltre che ingrediente indispensabile di industria 4.0.

La Fatturazione Elettronica è dunque da intendersi come un elemento su cui fare leva per scatenare una serie di reazioni positive: processi amministrativi più veloci, diffusione del digitale per integrare e semplificare relazioni di business, disponibilità di informazioni omogenee (e magari strutturate) a vantaggio della loro interoperabilità nei processi di business e nelle relazioni con l’amministrazione finanziaria.

L’Italia questa sfida l’ha raccolta con determinazione: stimolando la diffusione della Fatturazione Elettronica attraverso una legge coraggiosa e pervasiva che l’ha resa obbligatoria, in formato strutturato, verso tutta la PA.

Poi, però, dev’essere successo qualcosa. Perché un percorso che sembrava limpidamente tracciato e intrapreso si è prima adombrato, poi opacizzato e adesso si fatica addirittura a coglierne la direzione. È come se fosse comparsa una fitta nebbia, che non consente di focalizzare bene gli obiettivi e di definire i passi concreti necessari per raggiungerli.

Proviamo ad analizzarla, questa “nebbia”, esaminando sia la Fatturazione Elettronica verso la PA, sia la Fatturazione Elettronica B2B.

Fatturazione Elettronica verso la PA
La Fatturazione Elettronica vs la PA ha dimostrato molte cose positive, sul fronte della rivoluzione digitale: su tutte che, se si ha coraggio, si possono innescare dinamiche di cambiamento digitale coerenti con il quadro normativo e che – al di là di qualche difficoltà iniziale – poi si impongono e, nel tempo, possono solo essere migliorate, provocando un effetto a catena di cambiamenti positivi (certezza degli impegni di spesa delle PA e relativo monitoraggio, definizione dei tempi di pagamento, facilità di smobilizzo dei crediti, estensione della digitalizzazione ad altri documenti, ecc.).

Ottimo inizio. Ma pur sempre solo l’inizio.

Alla base della Fatturazione Elettronica nella PA – oltre che la volontà di stimolare la diffusione della Fatturazione Elettronica in sé e per sé – c’è anche il desiderio di perseguire obiettivi di matrice sia “Centrale” – quello di monitorare la spesa pubblica in modo puntuale, capendo ed evitando dilazioni insostenibili nei tempi di pagamento – sia “Locale” – quello di ottimizzare i processi di gestione amministrativa, partendo dalla Fattura per estendere modelli e strumenti. Che ne è oggi di questi obiettivi?

Sul primo fronte, oggi sappiamo quante Fatture sono ricevute mensilmente dalla PA: d’accordo, interessante, ma non sostanzialmente utile. È ormai giunta l’ora di dare rapidi segnali, di monitoraggio della spesa e primi tentativi di una sua clusterizzazione, possibilmente con periodica pubblicazione. I dati oggi dovrebbero esserci. Altrimenti è un po’ come costruire uno stadio di calcio e poi aprire solo il bar all’interno, senza mai disputarvi partite.

Sul secondo fronte, quello dell’ottimizzazione dei processi, nelle PA è (ancora…) diffusa l’abitudine di stampare le Fatture ricevute, per gestirle in modo “tradizionale” (come Luca Pacioli, che inventò la partita doppia nel 1494: si dovrebbe dire “anacronistico”, ormai) e poi, magari, conservarle anche firmate in cartaceo “perchè non si sa mai…”. Che ne è stato di strumenti per la gestione digitale dei workflow approvativi? Che ne è della Conservazione Digitale obbligatoria di tutte le Fatture da parte delle PA? Che cosa devono fare queste PA quando ricevono la visita di alcuni revisori dei conti che chiedono la “cortesia” di stampare le Fatture Elettroniche che hanno ricevuto? Che stimolo si sta dando ai fornitori per estendere la relazione digitale anche ad altri documenti (Ordini, Conferme d’Ordine, DDT…)? Si stanno studiando modelli – come quello applicato in Emilia Romagna – che fanno leva su standard ed interoperabilità dei dati in grado di gestire, oltre alle Fatture, anche Ordini e Consegne e quindi massimizzano l’efficacia della digitalizzazione applicandola sull’intero ciclo dell’Ordine, a ulteriore vantaggio sia del cliente sia del fornitore?

La sensazione è che si sia iniziata la costruzione di una delle colonne dell’Agenda Digitale Italiana, fermandosi però allo scavo delle fondamenta. È un problema di risorse disponibili? Di cultura? Di mancanza di percezione di quello che ancora deve essere fatto? O forse di mancanza di visione e, quindi, di reale governance del fenomeno?

Fatturazione Elettronica B2B

Dopo la partenza della Fatturazione Elettronica verso la PA, non sono mancati segnali importanti per la diffusione della Fatturazione Elettronica B2B. Novità intriganti per il nostro Paese: incentivi; processi semplificati; opportunità di risparmio. L’ipotesi di fondo sembrava essere quella di usare la Fatturazione Elettronica come facilitatore digitale delle relazioni di business, in grado di incrementare la competitività delle imprese italiane e, in parallelo, di innovare la relazione tra fisco e imprese, con l’importante risvolto ultimo di riuscire anche a controllare meglio il fenomeno dell’evasione fiscale. Sotto i migliori auspici (anche con una norma fiscale che per la prima volta prevedeva, a monte dell’emanazione dei provvedimenti attuativi, una consultazione aperta nel Forum Italiano sulla Fattura Elettronica) si è creata un’aspettativa forte, costruita sull’intrigante opportunità di partire dalla Fatturazione Elettronica B2B per dettare i tempi di una Digital Transformation capace di portare efficienza e produttività (in piena coerenza con le norme). Che ne è stato di questi segnali?

Nell’agosto del 2015 è uscito un Decreto Legislativo, il 127, che proponeva alcuni blandi incentivi (diciamo “al di sotto” delle attese di qualsiasi impresa, analista, commercialista ed esperto convinto del valore dell’innovazione digitale). E proponeva un’alternativa alla Fatturazione Elettronica B2B, con cui raggiungere comunque quegli stessi incentivi: l’invio dei dati IVA. Un ottimo modo per “dare visibilità” all’Agenzia delle Entrate sui contenuti dei registri fiscali delle imprese, va detto. Non propriamente, però, un modo per stimolare l’adozione della Fatturazione Elettronica nelle relazioni tra imprese. In seguito, quasi in contemporanea all’uscita del nuovo formato per la Fatturazione Elettronica verso la PA – utilizzabile anche per le relazioni B2B – è uscito anche il Decreto Legge 193/2016 (poi convertito in legge, con modifiche, lo scorso 1 dicembre), che prevede di fatto un adempimento: l’obbligo dal 2017, per tutte le imprese, di inviare i dati IVA, attivi e passivi (il cosiddetto “nuovo Spesometro”), eventualmente evitabile facendo Fatturazione Elettronica B2B (come proponeva il 127). Lo possiamo leggere come uno stimolo alla diffusione della Fatturazione Elettronica B2B? No: semplicemente è un nuovo adempimento, il cui assolvimento richiede il passaggio da alcuni intermediari abilitati – ai quali, a oggi, mancano gli strumenti necessari – e non conferma espressamente il ruolo di tanti intermediari che hanno permesso l’avvio della Fatturazione Elettronica vs PA. “La Fatturazione Elettronica B2B rimane comunque un’alternativa”, si potrebbe pensare. Beh, bisogna considerare che, lato passivo, è impossibile da applicare deterministicamente (se un cliente potesse serenamente chiedere a qualsiasi fornitore di inviargli Fatture come lui le preferisce ricevere, la Fatturazione Elettronica si sarebbe diffusa già da tempo – nel nostro ordinamento è fattibile dal 2007 – e le relazioni EDI esistenti e attive sarebbero oggi molto superiori rispetto a quelle attuali…). In realtà su questo fronte la Fatturazione Elettronica B2B pare più che altro dominata dall’obbligo di invio dei dati passivi IVA (Spesometro). Lato attivo, va capito se può realmente essere considerata un’alternativa attrattiva, dato che mancano alcune informazioni necessarie per farla funzionare al meglio: un equivalente concettuale dell’Indice PA per le imprese non è stato ancora pensato… È quasi come chiedere a un postino di consegnare lettere senza avere CAP, numeri civici o altre regole condivise di localizzazione. Per la verità, un ‘indice – l’Ini-PEC – esiste e viene alimentato dalle Camere di Commercio e dagli Ordini Professionali: tuttavia mancano sanzioni per chi non governa correttamente i propri indirizzi, lasciandoli scadere oppure lasciando che la casella PEC si saturi. E comunque, a fronte del fatto che lato passivo la via dello “Spesometro” per assolvere l’obbligo previsto dal 193 è dominante – per non dire esclusiva– potrebbe comunque risultare non particolarmente conveniente decidere di fare la Fatturazione Elettronica B2B (solo) lato attivo.

Forse, un incentivo reale per i processi di fatturazione elettronica potrebbe essere una possibile compensazione con i tributi dovuti (a partire dall’anticipo sull’IVA).

Che confusione!
La neonata Fatturazione Elettronica B2B è dunque “morta”? Grazie al cielo no. Sia perché rimane centrale a livello Europeo, nel piano di definizione del Digital Single Market, sia perché chi decide di farla o la sta già facendo, dimostra di aver capito che questo è un passo nella direzione di digitalizzare, dopo la Fattura, anche i documenti delle altre fasi del ciclo transazionale (Ordine, Consegna e Pagamento) e risparmiare diversi euro. Anche al di là dei “tecnicismi”: “chi già la fa”, magari anche da diverso tempo, adotta infatti standard diversi dal Tracciato FatturaPA: standard che dal 2018 il legislatore Europeo riconoscerà come “obbligatori da ricevere” per qualunque PA, in base a quanto prevede la norma la Direttiva 2014/55/UE) e capaci di coprire non solo la Fattura ma tutto il ciclo dell’Ordine (per non dire dei benefici per le imprese che lavorano in ambito europeo o internazionale).

Sembrerebbe smarrito l’effetto “stimolante” che il nostro Paese intendeva dare alla diffusione del digitale nelle relazioni B2B, cominciando dalla Fatturazione Elettronica. Che ne è stato delle idee di partenza? Che cosa stiamo facendo per aiutare le imprese a capire che è opportuno e preferibile guardare all’intero ciclo dell’ordine e al flusso informativo piuttosto che ai singoli documenti legati alle transazioni, digitalizzando così i processi B2B? Che ne è della governance, leva indispensabile per guidare un’evoluzione solida ed efficace di questi progetti?

Qualcuno è forse convinto che fare la Fatturazione Elettronica vs la PA significhi SOLO abilitare il Sistema di Interscambio e obbligare con una legge le imprese a usarlo? Abbiamo forse deciso che la strada degli adempimenti è migliore rispetto a quella dello stimolo all’innovazione che porta produttività?

Se così fosse, almeno ci troveremmo di fronte a una posizione consapevole, in un quadro evolutivo diverso da quello previsto inizialmente, ma chiaro.

La sensazione
La sensazione, di chi firma questo contributo aperto, è invece che stia prevalendo un approccio confuso, non coordinato, con norme nuove che di fatto sovrascrivono e rendono “precocemente superate” altre norme nuove.

La sensazione è che manchi una governance che coniughi capacità giuridiche, tecniche e soprattutto vision.

La sensazione è che la mancanza di indicazioni chiare e di una visione precisa costringerà qualche sfortunato redattore di norme tecniche a salti mortali impossibili che alla fine “metteranno una pezza”, ma senza favorire nessun serio atto di moto, né digitale, né culturale, né realmente prospettico.

La sensazione è che sia opportuno far confluire le varie indicazioni presenti in diversi decreti in un’unica norma, che regoli le fatture elettroniche (e non solo), contenente previsioni normative più semplici e chiare sia in termini di adempimenti sia in termini di incentivi.

La sensazione è che su quelli che Francesco Caio (all’epoca, Commissario per l’Agenda Digitale) definì i “tre pilastri dell’Agenda Digitale del Paese” ci sia poca consapevolezza sul piano legislativo: sia rispetto a dove effettivamente ci troviamo oggi, sia – e forse questa è la dimensione più preoccupante… – lungo quale rotta è più opportuno dirigersi.

Gli autori:

Stefano Bassi
Flavio Bonfatti
Robert Braga
Andrea Caccia
Giorgio Casanova
Mariano Corso
Paolo A. Catti

Salvatore De Benedictis
Gabriele Faggioli
Luigi Foglia
Piergiorgio Licciardello
Andrea Lisi
Daniele Marazzi
Ezio Melzi
Carlo Mochi Sismondi
Paola Monari
Giuseppe Pacotto
Marco Planzi
Andrea Reghelin
Patrizia Saggini
Mimmo Squillace
Gabriele Tedesco
Guglielmo Troiano
Daniele Tumietto

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