CAMERE E INNOVAZIONE - 23

Lucidi (M5S): “Tutelare il libero accesso a Internet”

Il senatore: “Per affrontare il tema dell’innovazione è sempre più necessario un approccio da nativi digitali. Dobbiamo affrontare questa rivoluzione in modo consapevole”

Pubblicato il 16 Mag 2014

Antonello Salerno

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Pubblichiamo le opinioni dei deputati e dei senatori che hanno aderito all’intergruppo sull’Innovazione. Un insieme di eletti bipartisan che “fa gruppo” con l’obiettivo di sensibilizzare i Palazzi e indirizzare i provvedimenti esaminati da aule e commissioni per “rimettere il digitale al centro delle decisioni parlamentari”.

Risponde Stefano Lucidi, classe 1969, ingegnere, eletto al Senato nella lista del Movimento 5 stelle, è iscritto al gruppo del M5S. Fa parte della terza commissione permanente Affari esteri ed emigrazione.

Senatore Lucidi, perché ha aderito all’intergruppo Innovazione?

Il tema digitale, in o extra agenda, fa parte del mio background parlamentare. La mia attività politica personale ruota ovviamente solo intorno al Movimento 5 Stelle, pertanto il tema digitale, web e tutte le tematiche connesse sono per me di primaria importanza. Uno dei miei obiettivi principali in questa legislatura è anche quello di parlamentarizzare metodi e obiettivi del movimento. Questo posso farlo anche seguendo i lavori dell’intergruppo. In particolare mi permetto di segnalare due disegni di legge presentati a mia prima firma: la riforma dell’articolo 21 della Costituzione, per la tutela del libero accesso a internet, e l’introduzione nel codice civile del concetto di associazione virtuale. Ma altri ancora sono in preparazione.

Quali sono, in ordine di priorità, le sfide più importanti con cui siete chiamati a misurarvi?

Anzitutto l’agenda digitale, ancora in fase embrionale: deve essere garantita da un punto di vista tecnico operativo, e non rimanere soltanto un intento. Certo per noi è importante che temi e contenuti siano quanto meno rivisti e ripensati. Credo che per questo argomento serva sempre più una visione e un approccio da “nativo digitale”.

Il gruppo riunisce più di 30 esponenti di partiti diversi e di commissioni diverse della Camera e del Senato. Quanto questa sinergia trasversale può essere utile per modernizzare il Paese?

Il nostro sistema parlamentare è sotto attacco. Il gruppo ne risentirà perché si respira un’aria di istituzione a termine, che non ha la possibilità di porsi un obiettivo a lungo raggio. Certo il lavoro resterà comunque, ma non avrà lo stesso peso. In questo momento gli sforzi sono più concentrati sull’architettura del nostro Paese, e temi come l’agenda digitale potrebbero risentirne in modo negativo. Dobbiamo solo essere bravi a mettere a disposizione le nostre competenze, al di là del limite temporale e istituzionale che abbiamo davanti.

In che modo questo intergruppo potrà essere utile per “iniettare innovazione” nelle commissioni di cui ognuno di voi fa parte?

Possiamo incidere su ogni commissione, e il nostro lavoro deve essere comunicato a tutti. La rivoluzione digitale è una grande opportunità, ma occorre saperla gestire in modo consapevole. Di certo non possiamo trattare il mondo digitale come l’ultimo dei mezzi a disposizione dell’uomo. Ritengo personalmente che gli effetti vadano e andranno ben oltre aspetti meramente tecnici.

Secondo la sua esperienza, il Parlamento – e nello specifico il Senato – è abbastanza consapevole della centralità di questo tema per il futuro del Paese?

Non molto. Il discorso sarebbe lungo. Il termine “innovazione” deve necessariamente andare insieme a “redistribuzione”, altrimenti il sistema collasserebbe. Dobbiamo creare una società in cui le innovazioni non siano fini a se stesse ma consentano un miglioramento delle condizioni di vita di tutti i cittadini. Purtroppo la miopia su questi temi è la stessa che porta i nostri interlocutori a non considerare ad esempio il reddito di cittadinanza quale strumento essenziale in questo momento. Ecco, l’innovazione dovrebbe servire anche a questo. Come ammortizzatore sociale.

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