OSSERVATORIO AGENDA DIGITALE

Italia “in missione” start up

L’Agenda digitale è una grande occasione per mettere a sistema le imprese innovative. Andrea Rangone (Polimi): “Ma bisogna puntare di più sull’interazione tra investitori aziendali, incubatori, università e sistema finanzario istituzionale”

Pubblicato il 19 Feb 2013

Claudio Rorato

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Italia, paese di Santi, Navigatori e… Imprenditori! Il perimetro è presto tracciato: oltre 6 milioni di partite Iva attive, il 95% delle imprese di micro e piccole dimensioni, circa il 25% di lavoro indipendente sul totale degli occupati, superati, in Europa, solo da Grecia e Turchia. Un modello imprenditoriale ammirato da tutto il mondo all’epoca del boom economico per alacrità, flessibilità e creatività. Finita la magia, ne è seguito un lento ma inesorabile declino che, attraverso il calo della produttività, ne ha minato la competitività complessiva. Cos’è successo? Perché il nostro Paese non è riuscito a mantenere e a far evolvere nel tempo quei risultati straordinari?

Sicuramente vi sono delle concause: il mancato adattamento della cultura d’impresa alle dinamiche dei mercati, il provincialismo e l’individualismo esasperato, che hanno ostacolato la cooperazione tra imprese, utile ad affrontare la naturale carenza finanziaria che penalizza gli investimenti in tecnologia e in attività di ricerca e sviluppo. È mancato il rinnovamento, anche delle idee. E la PA, in tutto questo – compiacente il mondo politico – è stata un ulteriore freno allo sviluppo, perché vecchia e poco propensa a rinnovarsi negli impianti normativi e nei processi operativi. Il decreto sviluppo, convertito in legge a dicembre, va salutato con soddisfazione, soprattutto nella parte delle start up, perché: 1) riconosce ufficialmente la capacità a questa categoria di aziende di generare sviluppo per l’intero Paese; 2) “fa sistema”, riconoscendo a soggetti terzi la possibilità di partecipare all’azionariato aziendale ottenendo agevolazioni fiscali; 3) stimola il sistema bancario e finanziario in genere a partecipare al “marketing” delle nuove idee con i portali dedicati al crowdfunding e con la possibilità di indirizzare risparmiatori privati a investire in start up innovative.

“È però un peccato – afferma Andrea Rangone Ordinario di Business Strategy al Politecnico di Milano – che il decreto non parli dell’influenza del sistema universitario e post universitario sull’ecosistema delle start up. È stato dimenticato quanto le università, le business school e le attività di dottorato contribuiscano a formare e a far emergere i talenti imprenditoriali. Per gli incubatori, inoltre, si parla solo di quelli privati, trascurando quelli pubblici, in particolare quelli universitari, esistenti già da tempo, che possono giocare un ruolo chiave tra start up, sapere scientifico e ricerca avanzata”. Una nuova imprenditorialità potrebbe affacciarsi in Italia, strutturata a livello di sistema, in cui gli imprenditori interagiscono con altri soggetti: dagli investitori aziendali fino agli incubatori e alle università, dai privati risparmiatori fino al sistema finanziario istituzionale. Nel 2012 circa il 70% delle start up hanno offerto applicazioni mobile di Entertainment, di utilità e social networking, rafforzando la predisposizione italiana verso l’area mobile, che ci pone tra le leader in termini di penetrazione di smartphone e banda larga mobile.

Diversi sono gli studi che dimostrano quanto sia positivo l’impatto delle start up su occupazione, Pil, sviluppo tecnologico, produttività e diffusione della conoscenza. “Le esperienze tedesche confortano gli studi effettuati dall’Osservatorio del Politecnico – prosegue Rangone. – In Italia 300 milioni di investimenti seed possono generare un incremento del Pil di almeno 3 miliardi in 10 anni! Cosa aspettiamo?”.
Ora l’Italia deve guadare il fiume in tempi brevi. I diversi decreti attuativi dovranno essere varati nei tempi previsti. Qualunque sia la coalizione vincente alla prossima tornata elettorale, l’Agenda Digitale non può permettersi ritardi: mentre il nostro Paese “pensa”, gli altri agiscono. Nel 2011 in Italia sono state poco più di 100 le start up che hanno ricevuto finanziamenti complessivi per 82 milioni di euro da parte degli investitori istituzionali (società di investimento, fondi comuni, Sicav); in Francia parliamo, invece, di 597 milioni per 371 start up, in Germania di 431 milioni per 544 iniziative e nel Regno Unito di 430 milioni verso 405 aziende innovative.

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