Dibner (Invitalia Ventures): “Startup italiane vivaci, ma ora pensare in grande”

Il nuovo venture advisor in residence: “Si dovrà trovare la strada giusta per dare vita ad aziende globali”. Sul Brexit: “Non credo avrà effetti significative sui big. Londra rimane un posto ideale per creare un’azienda”

Pubblicato il 12 Lug 2016

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Dare velocità e operatività alle imprese ad alto contenuto innovativo, e in questo modo favorire la crescita del Paese. E’ l’obiettivo che il Governo vuole ottenere anche attraverso Invitalia Ventures, società controllata da Invitalia, l’agenzia nazionale per lo sviluppo, chiamata a coinvestire con venture capital privati, nazionali e internazionali, per rafforzare da subito la Venture Industry e le start up innovative italiane. Ad analizzare con CorCom le attuali condizioni del mercato è Gil Dibner, nuovo Venture Advisor in residence della società.

Dibner, qual è oggi il peso del digitale negli investimenti dei venture capital, e quali sono in questo ambito i settori più promettenti o più degni di attenzione?

Ci sono molte aree che offrono grandi opportunità per la creazione di valore nei settori di business “software driven”. Più in generale credo però che la sfida non sia nell’assenza di opportunità: è piuttosto nel riuscire a individuare la strada giusta per svilupparle, e a trovare il modo migliore per dare vita a grandi aziende globali.

Come si sta sviluppando questo settore in Italia rispetto a quello che succede nel resto d’Europa? Quali sono i “punti a favore” del nostro Paese e quali i ritardi principali o le difficoltà rispetto al contesto internazionale?

Non c’è dubbio che gli imprenditori in Italia si trovano a confrontarsi con le stesse opportunità che si presentano ovunque nel mondo. Come succede a gran parte dell’Europa, l’Italia è rimasta indietro rispetto agli Stati Uniti in termini di attività imprenditoriali. Ma ora questo stato di cose sta iniziando a cambiare, e io sono molto stimolato da questa mia attività di venture advisor per Invitalia Ventures. Si tratta di dare un contributo per capire come supportare al meglio l’ecosistema italiano, attraverso un’attività di venture capital meditata e in grado di attrarre investimenti. L’Italia è un Paese leader nell’industria avanzata, nel design, nella moda e nella food technology, tutte aree che possono essere fondamentali per sorreggere la crescita di un vivace ecosistema di imprenditori.

Quanto peserà e che conseguenze potrà avere, già nel presente ma soprattutto in prospettiva, il Brexit rispetto all’attività dei venture capital?

Non credo che il Brexit avrà un effetto significativo sulle principali aziende europee, o britanniche. Si tratta di compagnie per loro stessa natura “globali”, per le quali l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea è soltanto una sfida in più tra le altre. D’altro canto, è pur vero che il Brexit colpirà l’immagine di Londra come principale hub per le startup. Ma non penso che l’effetto immediato sulle più importanti aziende con sede in Uk sarà importante: Londra rimane un posto ideale per creare un’azienda.

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