Isp europei in rivolta: “Non faremo i poliziotti del Web”

I service provider promettono battaglia sulle nuove regole proposte dalla Intellectual Property Rights Strategy della Commissione Ue che verranno pubblicate domani

Pubblicato il 23 Mag 2011

Isp e attivisti dei diritti online europei in rivolta: la
Commissione Ue starebbe favorendo addirittura la censura, dicono,
perché la nuova Intellectual Property Rights Strategy, che sarà
pubblicata domani, chiederà agli Internet service provider di
contribuire direttamente a fermare la pirateria online, svolgendo
compiti simili a quelli di polizia. Una lesione dei diritti
fondamentali, sostengono gli attivisti, perché gli Isp sarebbero
costretti a punire i loro utenti senza l’intervento di un giudice
o di un tribunale.

Le bozze della Intellectual Property Rights Strategy sono state
visionate dalle varie lobby in vista della release del 24 maggio.
“La proposta della Commissione europea creerebbe un Far West”,
dichiara Joe McNamee della EDRi, associazione che difende i diritti
su Internet.

La nuova strategia rappresenta una revisione della Intellectual
Property Rights Enforcement Directive dell’Ue e ha lo scopo di
“affrontare alla radice la piaga della violazione della
proprietà intellettuale su Internet; a tal fine stimola la
cooperazione degli intermediari, come gli Internet service
provider", afferma la Commissione.

Ma gli Isp e le Ong sostengono che l’inclusione di tale
"cooperazione" nella strategia significherà che i
provider saranno obbligati a filtrare i siti web secondo le
indicazioni dell’industria dell’intrattenimento e a limitare
l’accesso o addirittura negarlo agli utenti che sono stati
sorpresi in atti di download illegale per tre volte. Già Spagna,
Irlanda e Uk hanno approvato simili restrizioni all’accesso per i
“pirati” recidivi e le proteste degli utenti si sono
moltiplicate.

La Commissione europea chiarisce di non seguire il modello di
nessuna nazione: “Piuttosto mettiamo in comune le best practice e
cerchiamo di sviluppare l’approccio più efficiente e
equilibrato”, afferma la portavoce Chantal Hughes.

L’aspetto che preoccupa gli attivisti, nelle legislazioni
approvate in Spagna, Irlanda e Uk, e nella strategia proposta dalla
Commissione, è che non viene previsto l’intervento di un esperto
legale indipendente che riconosca che effettivamente è avvenuto un
atto di pirateria, prima di tagliare la connessione al presunto
colpevole.

"E’ necessario l’intervento della legge per stabilire la
legalità o illegalità del contenuto e proteggere il
consumatore”, afferma Vicky Hanley-Emilsson dell’Ecta – una
visione condivisa dallo Special Rapporteur for the Freedom of
Opinion and Expression dell’Onu: Frank la Rue prevede di
pubblicare un report entro due settimane in cui criticherà l’Ue
perché intende trasformare gli Isp in dei poliziotti.

Il timore dei provider e degli altri attivisti è che si instauri
una sorta di “cultura del terrore” che alla fine scoraggi
l’uso delle nuove tecnologie, spiega Joe McNamee di EDRi. Ma
l’industria teme anche i costi dell’attività di filtro che
dovrebbe condurre sulle proprie reti. In Uk, Bt ha calcolato che la
nuova legge costerà agli Isp 1 milione di sterline al giorno, che
ricadranno, ovviamente, sulle bollette della banda larga degli
utenti.

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