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Margrethe Vestager (Antitrust Ue): “Pugno di ferro sui merger tra telco”

Le fusioni tra telco saranno approvate solo se non mettono a rischio l’offerta di prodotti a prezzi “accessibili” per i consumatori. E sul caso Google e gli accordi fiscali che hanno favorito molte multinazionali: “Nessun facile patteggiamento, pronti ad andare in tribunale”

Pubblicato il 09 Mar 2015

Patrizia Licata

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Le aziende europee sono avvisate: il nuovo commissario dell’Antitrust Margrethe Vestager ha intenzione di inasprire la sorveglianza sulle operazioni di mercato. Le prime a preoccuparsi sono le telco (anche se non sono le uniche interessate): il commissario Ue ha fatto chiaramente sapere che i merger tra aziende telecom potranno avvenire solo se non mettono a rischio l’offerta di prodotti e servizi a prezzi “accessibili” per i consumatori. Le acquisizioni cui le aziende delle Tlc guardano oggi per ampliare le loro attività e rafforzare i margini di guadagno sono destinati a subire uno scrutinio più attento da parte del regolatore Ue.

La Vestager, come capo dell’Antitrust Ue, supervisiona tutti i merger che si concludono nell’unione e anche le indagini di alto profilo come quella che vede coinvolta Google per presunto abuso della posizione dominante e gli accordi fiscali che hanno consentito a molte multinazionali di pagare pochissime tasse sui profitti prodotti in Ue. La Vestager può, in base ai risultati dello scrutinio dell’Antitrust, comminare multe o bloccare acquisizioni.

“Io ho un grande interesse ed è quello di assicurarmi che i consumatori europei – che siano cittadini o imprese – possano godere di mercati innovativi a prezzi abbordabili”, ha dichiarato la Vestager in un’intervista col Financial Times.

Negli ultimi due anni, le operazioni di M&A tra telco in Europa si sono moltiplicate, mettendo alla prova le regole sulla concorrenza dell’unione; il predecessore della Vestager, Joaquín Almunia, ha accettato una serie di accordi che hanno ridotto su diversi mercati nazionali il numero delle aziende leader da quattro a tre (è accaduto in Austria, Irlanda e Germania), imponendo condizioni alla conclusione dei deal che le autorità nazionali per la concorrenza non hanno esitato a criticare come troppo deboli.

Alla Vestager spetta ora di valutare tre accordi di rilievo: l’acquisto di Jazztel da parte di Orange in Spagna; la fusione tra Telenor e TeliaSonera in Danimarca; e la proposta di Hutchison Whampoa di comprare le attività britanniche di Telefonica. Il nuovo commissario Ue alla concorrenza è meno permissiva di Almunia e pronta invece a sfidare la tesi delle telco secondo cui solo il consolidamento permette di aumentare gli investimenti: alla domanda del FT se il consolidamento abbia favorito gli investimenti in infrastrutture, la Vestager ha risposto: “A dire il vero, ho visto molti esempi che dimostrano il contrario. Finora mi sembra che è sempre la concorrenza il primo fattore che spinge agli investimenti”. E ha aggiunto: il mercato statunitense, che spesso i top manager delle telco Ue citano come storia di successo, dà ai consumatori “scarsissima scelta e prezzi molto più alti che in Europa”.

Uno dei nodi che la Vestager potrebbe essere chiamata a sciogliere è quello del mercato britannico, dove gli operatori mobili principali si sono ridotti a tre – Vodafone, Three ed EE, ed EE è stata acquisita da BT, col risultato che si creerà un gruppo praticamente dominante su mobile, fisso e banda larga, e molto forte nella pay-Tv. Quest’ultimo deal viene valutato dal regolatore britannico Ofcom, non dall’Ue, ma la Vestager potrebbe essere chiamata in causa.

La lente di ingrandimento della Vestager non si poserà solo sulle telco ma su molte altre aziende che possono in qualche misura suscitare la preoccupazione dell’Antitrust. Gruppi come Google, Apple, Amazon ma anche Gazprom potrebbero presto imparare che la Vestager non ama i compromessi facili. L’atteggiamento dell’ex vice primo ministro danese è di seguire le regole alla lettera e “non fare dei patteggiamenti un’abitudine”.

Una dichiarazione di intenti che ancora una volta divide la Vestager da Almunia, che spesso ha cercato di negoziare accordi per risolvere i problemi più rapidamente, come accaduto con Google, con cui il commissario spagnolo ha cercato inutilmente di forgiare ben tre accordi attirandosi le critiche delle autorità francesi e tedesche per aver assunto una posizione troppo morbida. La Vestager sembra più propensa al confronto diretto, a muovere accuse, comminare multe, imporre condizioni severe e anche affrontare battaglie in tribunale. Proprio su Google, un caso aperto dal 2009, la Vestager ha dato dimostrazione del suo atteggiamento: “Il fatto che ci siano tanti interessi politici coinvolti ha reso più facile per me essere assolutamente neutrale: guarderò solo ai fatti, valutando le diverse posizioni e interpretazioni, consapevole che si potrebbe finire in tribunale”, ha annunciato.

“Di qualunque azienda si tratti, noi cercheremo di essere equi: non importa che la proprietà sia americana, russa o europea; se un’azienda vuole competere sul mercato europeo, le regole sulla concorrenza sono uguali per tutti e noi faremo del nostro meglio per applicarle”, ha detto ancora la Vestager.

La protezione del “level playing field” è uno dei capisaldi delle convinzioni del numero uno dell’Antitrust Ue e riguarda anche la lotta ai regimi fiscali favorevoli: la Vestager ha già dichiarato le sue intenzioni di portare allo scoperto eventuali accordi illeciti e di recuperare le somme sottratte alle autorità fiscali europee. “Mi rendo conto che per un’azienda le tasse sono un costo e vanno ridotte al minimo”, ha indicato la Vestager, “ma non è giusto che alcune aziende hanno il modo di pagarne il meno possibile e altre no”.

Attualmente sono in corso cinque indagini della Commissione europea su possibili accordi fiscali che avrebbero favorito slealmente alcune multinazionali: si tratta delle inchieste sui cosiddetti “tax rulings” per Apple in Irlanda, Starbucks nei Paesi Bassi e Amazon e Fiat in Lussemburgo; in più c’è l’indagine sul sistema con cui il Belgio avrebbe fatto un sostanzioso sconto sulle tasse a diverse aziende relativamente ai “profitti in eccesso”. La Commissione, se viene riconosciuto un aiuto di Stato illegale, può chiedere di versare le somme non pagate. Una prima decisione dell’Antitrust su questi casi è attesa per l’estate.

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