IL WORKSHOP

Tv 2.0, Cardani: “Servono regole al passo con i tempi”

Il presidente Agcom interviene sulla convergenza tra televisione e Internet, mentre gli operatori del settore chiedono che si delimiti il campo da gioco. Gubitosi (Rai): “Serve la banda larga”. Nieri (Mediaset): “Proteggere chi produce contenuti originali”. Parisi (Chili): “Mercato dalle enormi potenzialità”

Pubblicato il 13 Dic 2013

Antonello Salerno

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Nella giornata dell’utente medio che divide il proprio tempo tra Tv, smartphone, telefono e web c’è spazio per 115 minuti di televisione, 23 minuti di social media, 30 sms, 21 email, 10 minuti di telefonate e 276 byte di lettura su un e-book. Sono i dati raccolti dall’indagine conoscitiva svolta da AgCom sugli scenari di convergenza tra Tv e Internet, e sull’impatto delle nuove tecnologie sul mondo del piccolo schermo, che evidenziano come la fruizione dei contenuti non sia più basata sul palinsesto orario, ma sulla gestione dei programmi in autonomia, costruendo una propria “playlist” in modo indipendente.

“Se fino a poco tempo fa si diceva che grandi cambiamenti erano ormai dietro l’angolo – commenta Angelo Marcello Cardani, presidente di AgCom – oggi possiamo dire quell’angolo l’abbiamo svoltato. A noi, come regolatori, è richiesto di essere al passo con i tempi, cosa complessa perché coinvolge tecnologia, comportamenti degli utenti e legislazione. In tempi di cambiamento rapido la legislazione, che è lenta, non è quasi mai adeguata alle nuove esigenze di un mercato che genera ricavi, remunerazioni, occupazione e quindi riveste un ruolo prezioso. La tradizione continentale in questo campo non è flessibile, e le norme non sono facilmente adattabili al cambiamento, nemmeno a livello europeo. Per questo Agcom cerca di attuare il principio di ‘better regulation’, ma lo può fare rimanendo il più possibile a contatto con gli utenti e con gli operatori del settore”

Intervenendo questa mattina al workshop “Tv 2.0: scenari di convergenza” che si è tenuto questa mattina nella sala Anica a Roma, il commissario Agcom Antonio Martusciello ha voluto focalizzare l’attenzione sui cambiamenti tecnologici, che stanno portando alla “fusione tra il mondo televisivo tradizionale e quello di Internet, in una dinamica che sta producendo e produrrà un impatto rilevante sulle abitudini dei cittadini”.

In questo quadro, secondo Agcom, sono sette le aree di criticità da monitorare, a iniziare dalla pirateria, e poi il level playing field, cioè il campo di gioco comune, i walled garden e i sistemi proprietari in grado di escludere alcuni player dalla competizione, la neutralità tecnologica, la garanzia e la protezione degli utenti, la responsabilità editoriale e la privacy. Argomenti che per comodità possono essere racchiusi in tre macro aree su cui l’Agcom sta concentrando e concentrerà per il futuro i suoi sforzi: la politica del copyright, su cui proprio ieri il garante ha varato il proprio regolamento a tutela del diritto d’autore contro quella che la “pirateria digitale massiva”. Poi l’omogeneità delle regole, dal momento che i nuovi scenari mettono insieme uno dei settori più regolati, cioè la Tv, con uno di quelli che lo sono meno, cioè la rete Internet. E infine la, centralità dei contenuti, perché al di là dei mezzi e delle tecnologie i prodotti e la loro qualità rimangono protagonisti, anche in una prospettiva del mercato unico dei contenuti digitali.

Stefano Parisi, presidente e fondatore di Chili Tv, oltre che presidente di Confindustria digitale, vede la Tv connessa a Internet anche come un’opportunità per lo sviluppo della banda larga, per “penetrare in quella metà delle famiglie italiane – afferma – che oggi non sono connesse”. “Serve – continua Parisi – una intelligente politica di business model: noi porteremo gente al cinema, e il cinema porterà persone tra i nostri clienti: sarà una concorrenza che farà bene a tutti. Non si può più segmentare la Tv per tecnologie, bisogna guardare al mercato unico della televisione, dove gli operatori hanno margini e potenzialità di crescita enormi. Le esclusività a vantaggio dei grandi player non farebbero bene a nessuno, perché è interesse di tutti che il mercato cresca”.

Andrea Castellari, direttore generale di Discovery Italia, punta sulle nuove opportunità di coinvolgimento dei telespettatori: “Con il nostro portfolio di 12 canali, 6 pay e 6 free, presenti su ogni piattaforma, abbiamo saputo interpretare il nuovo modo di fare Tv, i nostri prodotti funzionano bene perché rimangono vicini ai consumatori: creiamo brand – spiega – che siano punti fermi per il consumatore, che ha bisogno di punti di riferimento di fronte a un’offerta vasta come quella del digitale terrestre. Il pubblico deve poter riconoscere la qualità, e deve potere e saper interagire. Nel nostro campo abbiamo la maggiore forza in termini di social networking, con 2 milioni e mezzo di persone che ci seguono, di cui un milione e 400mila solo su Real Time”.

Sul fatto che la Tv tradizionale mantenga un ruolo strategico nonostante i cambiamenti degli ultimi anni punta Gina Nieri, direttore della divisione Affari istituzionali, legali e analisi strategiche di Mediaset, che chiede un “ecosistema protetto” per chi, come la Tv, produce l’80% dei contenuti originali che poi viaggiano in rete sui più diversi dispositivi e canali. “La Tv connessa rischia di fare esplodere l’equilibrio per portarci in un posto dove tutto cambia – afferma – nel futuro il mercato dei contenuti video prenderà il posto del mercato televisivo, senza la divisione tra i vari media a cui siamo abituati. Mentre fino a poco tempo fa c’era coincidenza tra contenuti e device, oggi non è più così. Per questo non possiamo permettere che ci siano asimmetrie regolamentari e tecnologiche. Nel momento in i costruttori organizzano anche le loro offerte di contenuti, la tecnologia può escludere i contenuti che vengono da altre piattaforme. E in questo quadro anche l’Europa deve giocare una propria battaglia per far valere le regole ai giganti mondiali. Perché non si possono mettere sullo stesso piano i contenuti pienamente disciplinati e quelli pienamente privi di regole”.

“Ormai il cambiamento è in atto, non è più futuro – sottolinea Andrea Zappia, amminitratore delegato di Sky Italia – Il vero punto di forza per l’offerta sono i contenuti originali, un campo in cui aumentiamo la nostra quota di investimenti. Perché le tecnologie sono abilitanti, e ce ne saranno continuamente di migliori, ma i contenuti vanno protetti. Da quando spingiamo sui contenuti originali di qualità abbiamo avuto risultati importanti. In primavera lanceremo Gomorra, che è già stata acquistata da Hbo e verrà proposto sul mercato Nord europeo e su quello Usa. Mentre di Romanzo criminale verrà fatto un remake per il mercato statunitense. Quanto all’esclusività – aggiunge – è libera scelta di chi detiene un diritto. Sono d’accordo che si vada verso una regolamentazione per obiettivi, lasciando libertà agli operatori di decidere tecnologie e mezzi. Oggi il consumatore italiano è il vero vincitore – conclude Zappia – La televisione italiana non è mai stata così in forma, perché offre scelta e contenuti che continuano a migliorare”.

Luigi Gubitosi, direttore generale della Rai, preferisce puntare sulla caratterizzazione di servizio pubblico della Tv di Stato, e vede l’evoluzione del mercato televisivo “più lenta” di quanto non appaia a molti addetti ai lavori: “Noi siamo diversi, parliamo di utenti, non di consumatori. Il nostro obiettivo deve essere di stimolare la crescita culturale del Paese – afferma – Così la missione rimane quella originale, ma cambiano le tecnologie, e la Rai deve diventare una media company, essendo presente su tutte le piattaforme. Abbiamo iniziato un grande sforzo di aggiornamento tecnologico. Ma se è vero che il futuro della Tv è interattività, è vero anche che la banda larga continua a non fare grandi progressi: se ne è parlato tanto ma si è fatto poco. E rimango scettico sul fatto che gli operatori siano disposti a spendere denaro per nuove frequenze. Ma pian piano le piattaforme arriveranno anche da noi, più lentamente di quanto non sia previsto dai guru del settore. Nel frattempo – conclude Gubitosi – gli ascolti ci premiano, perché sono i più alti in Europa tra i servizi pubblici”.

Nella seconda parte del Workshop, con gli interventi moderati da Augusto Preta, Ceo di IT Media Consulting, sono intervenuti David Wheldon, direttore “Policy and Public Affairs” di BSkyB, Maria Ferreras, direttore Alleanze strategiche di YouTube, Stefania Duico, consumer & online communication lead di Microsoft Italia, e Antonio Bosio, Product & Solution Director di Samsung Italia.

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