IL CASO

Google e le 50 vittorie di Alphago: quando un algoritmo sconfigge l’umano

L’intelligenza artificiale di Big G vince cinquanta partite consecutive al gioco da tavolo Go contro player navigati. L’unico pareggio? All’avversario è caduta la connessione Internet

Pubblicato il 05 Gen 2017

Andrea Frollà

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C’è da stupirsi se l’allievo supera il maestro? Nel caso in cui l’allievo sia una macchina hi-tech forse sì. È quanto successo con Alphago, la soluzione di intelligenza artificiale sviluppata da Google che si è presa gioco dei più grandi esperti e campioni di Go. Per chi non lo conoscesse, si tratta di un gioco da tavolo nato in Oriente e che ammette un numero possibile di mosse con le pedine pari ad un numero che solo per scriverlo ci si metterebbe una mezzora. Comunque basti sapere che è lunghissimo per capire quanto sia difficile il gioco in questione.

Ma non per l’algoritmo di Google che, a cavallo tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio, ha inanellato 50 vittorie consecutive contro altrettanti giocatori navigati. Il fatto che Google abbia nascosto il suo macchinario dietro un velo aveva già fatto interrogare gli appassionati di gioco da tavolo su chi fosse il nuovo fenomeno di Go. Quando Demis Hassabis, uno dei fondatori di Deepmind (startup UK dell’intelligenza artificiale acquistata da Google due anni fa) ha tolto il velo da Alphago lo stupore è stato il sentimento predominante nei presenti. E nemmeno la macchia dell’unico pareggio ottenuto ha potuto modificare le sensazioni (anche perché il pari è stato dovuto solo al fatto che la connessione Internet dell’avversario sia caduta prima della fine del match).

Lo stesso Hassabis ha spiegato poi su Twitter che Alphago nei giorni antecedenti gli scontri con i big si è allenato sui server Tygem e FoxGo, ottenendo grandi risultati dopo i successi ottenuti fra gennaio e marzo contro il campione europeo Fan Hui e il campione del mondo sudcoreano Lee Sedol. Per ora quello di Alphago è stato solo un esercizio ludico e continuerà anche nei prossimi mesi. Ma, secondo Big G, il gaming è anche un valido terreno di test per il progresso del machine learning da estendere poi ad altri ambiti.

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