Reti Ip, D’Angelo: “Siamo alla svolta”

Interconnessione full Ip entro il 2016. Il commissario Agcom: meno costi per gli operatori e più servizi per gli utenti

Pubblicato il 28 Nov 2011

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"Finalmente le reti di comunicazione entrano davvero nel mondo
di internet e del protocollo Ip. Un passo atteso da tempo, che
darà vantaggi a cittadini e imprese". Così Nicola
D’Angelo, consigliere Agcom commenta quella che per lui è una
pietra miliare nella storia delle tlc italiane. A partire da
gennaio 2013 l’interconnessione tra le reti telefoniche sarà in
IP. Parleranno tra loro cioè solo tramite il protocollo Internet.
Si tratta in realtà dell’inizio di un percorso che si
concluderà nel 2016 e alla fine farà sparire dalle reti italiane
le tecnologie “tradizionali” “Questo passo concorrerà a
realizzare ciò che è ormai sotto gli occhi tutti: la crescente
importanza, nella nostra vita, di Internet e delle tecnologie
derivanti. La si può considerare la definitiva conquista delle tlc
da parte di Internet”.
Lunga e faticosa conquista, però. È dal 2006 che la
questione tiene banco.

All’epoca Agcom aveva istituito un tavolo tecnico, ma era
prematuro. Non c’erano le specifiche tecniche internazionali per
lo standard di interconnessione. A inizio 2011 abbiamo portato i
risultati del tavolo tecnico in una consultazione pubblica, da cui
è emerso questo regolamento per portare in Ip
l’interconnessione.
A cosa è dovuta la svolta?
Lo standard è maturato e siamo ora nelle condizioni di poterlo
adottare. Abbiamo scelto il Sip-I visto che sono stati risolti i
problemi di interoperabilità tra i diversi fornitori di
apparati.
Ma standard a parte, da che cosa è dipeso invece il lungo
parto?

Questa novità ha incontrato le resistenze degli operatori,
preoccupati dall’idea di dover migrare di colpo le proprie reti
dalla vecchia tecnologia. Non è banale: bisogna intervenire nelle
centrale, aggiornare gli apparati.
Come li avete “convinti”?
Grazie al tavolo tecnico, appunto, dove abbiamo individuato
specifiche condivise e un calendario graduale di migrazione dal
2013 al 2016. Un calendario rigido – beninteso – per incoraggiare
il passaggio, ma anche aperto al dialogo con gli operatori, per
affrontare insieme i problemi che potrebbero sorgere nel passaggio.
Insomma, li abbiamo rassicurati: non dovranno fare tutto da soli,
di colpo, abbandonati a sé stessi.
Il tutto a fronte di quali vantaggi?
Per prima cosa, era un percorso obbligato. Tutti gli operatori
hanno migrato su Ip le proprie reti, sembrava una follia usare la
tecnologia tradizionale (Tdm) solo per l’interconnessione.
Comporta una grande inefficienza. Ci sono apparati tenuti in piedi
da Telecom Italia solo per l’interconnessione Tdm: con costi di
gestione, di manutenzione di questi pezzi di rete obsoleti.
L’utente come vivrà il passaggio?
Nell’immediato non si accorgerà di niente, ma nel medio periodo
vedrà arrivare servizi innovativi, grazie al totale passaggio
delle reti all’Ip. Come la videocomunicazione, la chat, la
presence, la possibilità di condividere documenti, sulle normali
reti fisse. Molte delle cose che finora erano legate al mondo di
Internet si estenderanno alle reti “normali”.
Con quali effetti per gli operatori?
Migliori economie nella gestione della rete e del traffico.
Quindi ci potrebbero essere risparmi anche per gli
utenti?

Sì, forse, nel medio periodo. Nel breve gli operatori dovranno
recuperare l’investimento, perché sarà necessario mettere mano
alle reti.
Ci potrebbero essere anche effetti sulla regolamentazione?
Ad esempio della terminazione fissa?

Esatto, si dovrà adeguare il modello adottato per stabilire i
prezzi di terminazione. Potrebbero scendere i costi, per due
motivi. Per l’adozione dell’Ip e per la riduzione dei punti di
interconnessione alla rete di Telecom Italia, che, per il nostro
regolamento, scenderanno a 16 dagli attuali 660.

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