Serentschy: “I regolatori si confrontino con gli investitori”

Il numero uno del Berec a tutto campo sul settore delle Tlc: “Bisogna armonizzare le prassi regolatorie a livello europeo, tenendo conto delle diverse situazioni nazionali”

Pubblicato il 26 Apr 2012

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“I regolatori hanno bisogno di confrontarsi di più con gli investitori”. Lo dice Georg Serentschy, presidente del Berec, l’organismo che riunisce i garanti europei delle Tlc, in un’intervista realizzata da Etno Digital.

Come si differenziano negli Stati membri le politiche di regolamentazione? Queste differenze possono ostacolare gli investimenti e il mercato unico?

Ogni Stato membro sostiene la realizzazione del mercato unico digitale, nella consapevolezza che serva un periodo di tempo per arrivarci. Abbiamo davanti due tipi di difficoltà: da una parte gli stati partono da posizioni diverse che dipendo dalla struttura concorrenziale (numero di competitor, livello di competizione tra le piattaforme); dall’altra permangono diversità sulle questione regolamentari i senso stretto, come quelle relative alle tariffe di terminazione mobile o al bitstream. L’obiettivo del Berec è creare un’armonizzazione delle regolatorie, tenendo conto delle situazioni di partenza di ogni stato.

Un approccio comune alla regolazione della rete fissa in Europa può avere un senso? Gli investimento trarrebbero beneficio da un approccio regolatorio legato alle singole realtà concorrenziali?

Le pratiche regolatorie devono tenere nella debita considerazione le realtà nazionali. Anche usando lo stesso approccio – per esempio sul calcolo dei costi – i risultati saranno diversi, perché gli input variano da paese a paese. Armonizzazione significa usare un unico metodo di calcolo, ma il risultato non sarebbe necessariamente lo stesso. Ma se mi si chiede se sia necessario, per ogni stato, lo stesso tipo di prodotto in base alla stessa offerta, agli stessi livelli di qualità, non credo che sia questo l’approccio giusto. Si tratta di una situazione che richiederebbe mercati transnazionali nella domanda e nell’offerta. Fino ad oggi la Commissione europea non è arrivata a definire le regole pe questo tipo di mercato, cosa che ritengo giusta dato che i contesti nazionali differiscono ancora sensibilmente.

Le telco parlano di concorrenza sleale, perché mentre essi sono totalmente regolamentati operatori di altre piattaforme, come quelli via cavo, non devono dare l’accesso alla propria infrastruttura. La concorrenza le piattaforme non dovrebbe determinare una deregolamentazione?

Se un operatore via cavo opera su scala nazionale o regionale ed ha un Spm (Significativo Potere di Mercato), allora andrebbe regolamentato. Ma ovviamente nonn possiamo anticipare il risultato delle analisi di mercato. Tornando alla concorrenza sleale, credo che le telco soffrano della concorrenza sleale degli Ott, poiché sono dipendenti dall’assenso della autorità di regolamentazione per termini e condizioni, mentre gli overt the top non sono sottoposti a questo obbligo. Quando i servizi Ott vengono utilizzati in sostituzione dei tradizionali servizi di tlc (applicazioni Voip su smartphone o tablet), si dovrebbero trattati come tradizionali servizi di comunicazione elettronica. Mi aspetto che la Bruxelles si muova per realizzare un mercato equo per tutti. Per quanto riguarda la concorrenza tra piattaforme, è la forma più efficace di concorrenza. Il principio del “ladder of investment” ha mostrato i suoi limiti. Gli operatori che si sono affidati sull’accesso all’ingrosso si sono fermati a metà strada.

Partendo dalla sua esperienza, ci può spiegare la correlazione tra tra i prezzi wholesale del rame e gli investimenti? Prezzi del rame può bassi potrebbero incoraggiare gli investimenti nelle Nga?

Se esiste una correlazione prezzi del rame-investimenti in Nga, è certamente positiva. Ad esempio, in in Austria i prezzi del rame sono bassi e così come il roll-out dell’Nga. In Svizzera e Norvegia, invece, l’uso della fibra è a buon punto anche se i prezzi del rame sono alti. Non esiste la prova empirica che prezzi più bassi scoraggiano gli investimenti. E comunque va ricordate che implementare la fobra non come accendere interruttore: lo scenario secondo cui il rame potrebbe essere abbandonato per essere sostituito dalla fibra in un colpo solo non è realistico. La migrazione è uno scenario di medio o lungo termine. Cancellare le entrate non porterà a maggiori investimenti. Il versante della domanda è la chiave per gli investimenti, ma spesso questo aspetto non viene considerato come dovrebbe.

Quali conclusioni dovrebbero tratte le autorità regolatorie?

Prima di tutto che un cambiamento repentino nella metodologia dei costi non aiuterà a raggiungere gli obiettivi della banda larga previsti nell’Agenda digitale. I regolatori si dovrebbero attenere alle attuali metodologie oppure calcolare il prezzo di accesso all’ingrosso per i concorrenti. Se gli incumbent scegliessero una riduzione del prezzo al dettaglio, la contrazione dei margini potrebbe essere al di sotto dei costi incrementali. Il tutto tenendo conto dei principi generali del diritto della concorrenza.

C’è preoccupazione sul fatto che gli obiettivi dell’Agenda digitale sulla penetrazione della banda larga potrebbero non essere conseguiti. Quali incentivi agli investimenti dovrebbero fornire le autorità di regolamentazione per spingere l’implementazione delle reti a banda larga ad alta velocità?

Per prima cosa i regolatori dovrebbero evitare cambiamenti repentini e garantire certezza per gli investitori. Le autorità sono obbligate a fare un’analisi di mercato ogni tre anni, ma se dovessero esserci cambiamenti sensibili, il risultato dovrebbe rimanere lo stesso. Talvolta, infatti, l’obbligo di effettuare analisi crea di per sé incertezza. Poi i regolatori dovrebbero interfacciarsi maggiormente cin gli investitori e spiegare qual è il ruolo dei regolatori. Infine, il dibattito non dovrebbe concentrarsi anche sulla questione della mancanza di domanda e non solo sull’offerta.

Le reti in fibra sono realizzate in un contesto competitivo. Non c’è spazio per un approccio normativo diverso?

È importante poter disporre di prodotti di transizione come l‘unbundling virtuale. Ma accesso virtuale non significa che non i regolatori non hanno più un ruolo. Per quanto riguarda la regolazione dei prezzi, nulla vieta oggi di differenziare i prezzi al dettaglio. Ma questi prodotti dovranno essere replicabili anche per il wholesale.

Che cosa può fare il Berec per far accettare alle autorità strumenti basati su una differenziazione geografica?

Devono essere scelti i criteri per la definizione di un mercato geografico, come già fatto dal Berec. Tuttavia dobbiamo evitare la creazione di finti mercati e considerare gli effetti sulla concorrenza che uno scenario frammentato potrebbe causare. Insieme al principio di proporzionalità, questo metodo porterà risultati ragionevoli.

Nel futuro c’è solo la fibra oppure anche il rame?

Serve un approccio tecnologicamente neutrale. Tutte le piattaforme (rame ,mobile, cavo) svolgeranno un ruolo, ma sfrutteranno la fibra per avvicinarsi al cliente finale. Il local loop sarà più corto e con il vectoring, il rame potrà avere una seconda vita. Per roll-out della fibra ci sarà un percorso evolutivo di 10-15 anni e questa evoluzione porterà ad una maggiore concorrenza tra piattaforme. Una transizione lenta ha senso tecnicamente ed economicamente, ma anche da un punto di vista sociale e giuridico.

Oggi quali sono le principali sfide che si trovano ad affrontare i regolatori?

I modelli di business delle telco stanno cambiando e quelli tradizionali sono a un bivio. La sfida per i regolatori è quella di regolare mercati “giusti”.

Quale massaggio vuole inviare ai membri di Etno, in quanto maggiori investitori in Nga?

Vorrei sottolineare che il Berec è consapevole della difficile situazione delle imprese ed è interessato ad un dialogo con l’industria per rendere la normativa più trasparente e migliorare la reciproca fiducia. Per questo ho introdotto un "dialogo strategico" tra Berec e gli stakeholders, che sarà attivato nel corso dei prossimi due anni. Incontreremo vari gruppi di interesse, come gli operatori, l’industria della finanza, le associazioni degli utenti/consumatori.

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