IL CASO NEWCO

Bernabè e Gamberale: due “nemici” costretti all’accordo

I due manager ai ferri corti, ma per fare la “grande” Ngn l’intesa è indispensabile. Centrale la questione
del controllo della rete: Telecom Italia disposta allo scorporo se avrà la maggioranza

Pubblicato il 04 Giu 2012

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«Il piano ha tutta la nostra adesione. Siamo di fronte a un soggetto responsabile, che risponde a criteri precisi e tracciabili»: con queste parole il 7 ottobre scorso Franco Bernabè, dal palco della convention annuale di Between a Capri, dava per primo la sua “benedizione” al progetto annunciato da Vito Gamberale per replicare il “modello” Metroweb in tutta Italia.
Ma sono bastati appena nove mesi per ribaltare la situazione. I rapporti fra i due manager si sono incrinati. E anche quelli fra Telecom Italia e la Cdp che attraverso il Fondo Strategico Italiano ha deliberato un aumento di capitale per 200 milioni di F2i Reti Tlc, la newco in capo al fondo di Gamberale che detiene il controllo di Metroweb. La Cdp ha quindi deciso di sostenere il piano Metroweb piuttosto che quello “parallelo” di Telecom Italia basato sulla replica del “modello” Trento, anch’esso sottoposto al vaglio della Cassa depositi e prestiti, che stando a rumors non avrebbe nemmeno ricevuto risposta.


Il dado non è ancora tratto, ma non sarà facile ricomporre l’annunciata “liaison”: nonostante l’obiettivo condiviso, quello di dare vita ad una rete a banda larghissima unica per il Paese, per evitare sprechi (inutili duplicazioni degli asset di rete) e abbattere gli investimenti (grazie alla condivisione delle risorse) F2i e Telecom Italia non solo non hanno trovato (ancora) un accordo, ma sono entrate letteralmente in rotta di collisione. Il Fondo ha riservato a Telecom Italia una quota per l’ingresso nel capitale. Ma Telecom per il momento ha deciso di soprassedere. E nessun accordo è stato trovato relativamente alla cablatura verticale in fibra degli edifici su cui era stato siglato un protocollo lo scorso novembre. La situazione si è dunque impantanata. E Bernabè non ha gradito il dirottamento delle risorse “parastatali”, quelle dei risparmi postali in seno alla Cdp, in F2i Reti Tlc. “Mi chiedo – ha detto il presidente esecutivo in un’intervista al Corriere della Sera – se per lo Stato sia opportuno fare concorrenza all’operatore privato nelle aree dove è facile disinteressarsi delle aree difficili o se invece non sia meglio unire le risorse di Telecom e della Cdp per garantire a tutti un’infrastruttura essenziale”.


Molto della questione ruota intorno al controllo della rete: Telecom non ha alcuna intenzione di far confluire le proprie risorse nella “newco” di Gamberale senza che sia riconosciuta all’azienda un’adeguata remunerazione. Che in sostanza si traduce nella possibilità di acquisire a tempo debito il controllo della nuova rete in fibra, che secondo la roadmap annunciata dal Fondo F2i dovrebbe essere realizzata nelle principali 30 città del Paese, le stesse del piano Ngn di Telecom Italia. L’ex incumbent ha anche valutato la possibilità di “scorporare” la propria rete, facendola confluire nell’infrastruttura “neutra” accessibile a tutte le Telco a pari condizioni. A patto però che l’infrastruttura in rame sia adeguatamente remunerata. Ma la richiesta non sarebbe stata accolta dal Fondo F2ì a causa del valore “eccessivo” stabilito da Telecom Italia. Stando a quanto risulta al nostro giornale, F2i considererebbe il “prezzo” da pagare addirittura quattro volte superiore a quello reale. Il tema del prezzo non è solo questione economica: dal valore attribuito alla rete in rame, deriverà anche il peso di Ti, maggioritario o meno, nella eventuale nuova società della rete. Una valutazione eccessiva di TI, si ragiona inoltre al Fondo di Gamberale rischierebbe di mettere rischio gli equilibri finanziari di F2i reti Tlc nel caso F2i voglia mantenere una posizione primaria nella nuova società. Resta poi da sciogliere il “nodo” tecnologico: il progetto di F2i Reti Tlc fa leva sull’Ftth (fiber-to-the-home) per garantire una connettività fino a 100 Mbs mentre quello di Telecom Italia sull’Fttc (Fiber-to-the-cabinet) ossia sul mix fibra-rame. La fibra sarebbe portata negli armadietti a ridosso degli edifici mentre per gli allacci verticali si utilizzerebbe il rame potenziato attraverso la tecnologia Vectoring in grado di amplificare la capacità trasmissiva fino a 50 Mbs, anche se i laboratori sono al lavoro per aumentare tale velocità. Il progetto di Telecom Italia è decisamente meno costoso e fra l’altro non esclude la possibilità di cablare anche gli edifici: “Non appena si formerà una domanda adeguata zona per zona, porteremo la fibra anche in casa. Lo stesso fanno in Germania, Regno Unito, Belgio, Olanda, Austria…”., ha puntualizzato Bernabè. Come andrà a finire solo il tempo potrà dirlo: intanto, per dare il via all’operatività del progetto Fsi (Cdp)- F2i Reti Tlc serve l’ok di Intesa Sanpaolo, secondo azionista di F2i Reti Tlc (con il 12,5% di quota; l’87,5% è in campo a F2i). Ma nonostante la banca sieda anche in Telco, la holding che detiene il controllo di TI, a quanto risulta al nostro giornale, non dovrebbero esserci intoppi di sorta. La società “milanese” intanto ha ribadito la “massima collaborazione e complementarietà con altre iniziative, in primis quella di Telecom Italia”.


Non è da escludersi che il progetto di F2i Reti Tlc marci anche senza la discesa in campo di Telecom Italia, qualora quest’ultima decidesse di tenersi fuori: sempre secondo quanto risulta al Corriere delle Comunicazioni, sulla società della fibra di Gamberale potrebbe confluire l’apporto di un nuovo azionista, probabilmente un Olo, in grado di garantire la “forza lavoro” e maggiori risorse finanziarie.
L’altro tema riguarda la politica. Come si schiererà il governo? Per ora Passera ha preferito non prendere posizione, ma è evidente che il suo è un ruolo determinante.

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