INTERNET DEL FUTURO

Tlc vs Ott, è tempo di un new business model

Trovare un punto di incontro per riequilibrare il mercato e consentire alle telco, in particolare quelle europee, di rendere sostenibili gli investimenti nelle nuove reti: questa la sfida sul tavolo della World Conference dell’Itu in programma a Dubai a dicembre. Oggi a Roma confronto acceso fra i rappresentanti delle istituzioni, del mondo della politica, delle authority americane ed europee e delle aziende

Pubblicato il 28 Giu 2012

Paolo Anastasio

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Governance della Rete, necessità di un nuovo modello di business per Internet, che sia economica mente sostenibile, conflitto fra telco europee e Over the Top americani. Questi in sintesi i temi caldi sul tavolo, in vista della revisione delle norme mondiali sulle telecomunicazioni, sul piatto dell’imminente World Conference dell’Itu, l’International Telecommunications Union, l’agenzia dell’Onu che detta il framework normativo del settore, considerato che ormai il quadro normativo – le Itr, International telecommunications regulations- che risale al 1988 è superato e inadeguato a gestire l’era del web. La conference si terrà a Dubai, il prossimo mese di dicembre e la è posta in gioco è altissima per tutti gli stakeholder dell’economia digitale: governi, operatori Tlc, Over the Top, enti regolatori. Questo il tema su cui si sono accesi i riflettori del convegno “Sfide dell’Internet del futuro”, che si è tenuto oggi a Roma alla Camera, organizzato dall’Associazione Ego (qui il paper di Ego) e Puntoit in collaborazione con il Corriere delle Comunicazioni e Key4Biz. (qui alcune interviste video effettuate al convegno).

Punto di partenza del dibattito la recente proposta avanzata dall’Etno, l’associazione che raccoglie i network operator europei, di introdurre il concetto di “equo compenso” per il trasporto di dati sulle reti (qui l’intervento di Luigi Gambardella). “La revisione delle norme mondiali alla base del settore Tlc è centrale a pochi mesi dalla conferenza dell’Itu che si terrà a dicembre – dice Luigi Gambardella, presidente dell’Etno (European telecommunications network operators) – l’obiettivo è creare un terreno di discussione comune per promuovere una più stretta collaborazione fra tutti gli stakeholder in campo. Internet è un’infrastruttura critica, serve un nuovo modello sostenibile per le telco europee, basato su accordi commerciali e interconnessioni IP per la gestione del traffico”. Le attuali Itr risalgono all’88 e secondo l’Etno servono dei cambiamenti, non tanto in termini di modifica della governance, quanto in tema di “remunerazione della fornitura del traffico”. “Il tema dell’equo compenso non è in contrasto con l’open internet, perché il modello “best effort” continuerebbe ad esistere in parallelo – dice Gambardella – Il settore Tlc gestisce volumi di traffico sempre crescenti”. Fungere da veicolo del traffico costa moltissimo in termini di investimenti in infrastrutture. Nel periodo 2000-2014, secondo dati di AT Kerney, le telco hanno investito 31 miliardi di euro in nuove reti. “Ma mentre gli investimenti aumentano, i ricavi delle telco diminuiscono ad una media del 2-3% da 3 – 4 anni e questa contrazione diminuirà almeno fino al 2015. Nel frattempo, gli operatori investono 40 miliardi di euro all’anno in Europa.

Una forte sproporzione, secondo l’Etno, fra investimenti richiesti alle telco e ricavi a vantaggio degli Over the Top, i player come Google & Co. che sono la prima causa del boom del traffico di video che “pesa” sulle reti. “Le nuove regole internazionali delle telecomunicazioni devono cambiare in base al valore del traffico e non soltanto in virtù dei volumi”, aggiunge Gambardella.

Di certo, il problema per le telco europee c’è eccome ed è grosso, creando un solco di carattere economico fra modelli contrapposti: da un lato l’Europa, con le sue regole che circoscrivono non poco l’attività e il business delle telco, dall’altra gli Usa e la deregulation americana in cui fioriscono gli Over the Top, che sono per lo più americani.

“Il legislatore nazionale deve mantenere fermo il principio di libertà di Internet – dice Mario Valducci (Pdl), presidente della Commissione Parlamentare Trasporti, Poste e Telecomunicazioni – I paesi che limitano l’accesso alla Rete sono limitanti per la libertà di espressione dei cittadini. Internet com’è fatto oggi presenta tanti vantaggi per i consumatori, ma è ovvio che bisogna guardare anche agli altri stakeholders, fra cui le telco”. Ed è per questo motivo che secondo Valducci è importante che l’Occidente, inteso come l’Unione Europea e gli Usa, “si presentino all’appuntamento di Dubai con una visione quanto più possibile condivisa sul fronte delle regole – dice – Le proiezioni parlano di 5,3 miliardi di utenti di Internet nel giro di pochi anni, l’Occidente rappresenterà una parte minoritaria della platea della Rete, per non presentarsi in maniera fragile all’appuntamento dell’Itu per la discussione del nuovo framewoork regolamentare delle Tlc bisogna lavorare ad una sintesi fra Europa e Usa, per garantire pari accesso e pari competitività ai diversi attori”. Ma non sarà facile trovare una mediazione, visto che oggi le telco europee soffrono molto “l’ingombrante presenza in Rete degli Ott, che pescano a piene mani nel mercato Ue senza però contribuire in prima persona agli investimenti – dice Valducci – Sono 193 i paesi che parteciperanno alla conferenza di Dubai. Per questo è necessario che l’Occidente si presenti unito all’appuntamento, anche per rispondere alle istanze dei fornitori di contenuti in tema di copyright”. In sostanza, secondo Valducci, sono tre i soggetti distinti toccati dalla revisione del framework normativo delle telco: gli operatori Tlc, i content provider e i consumatori.

Non demonizzare gli Over the Top. La pensa così Paolo Gentiloni (Pd), ex ministro delle Comunicazioni e responsabile del Forum Ict dei Democratici, che non minimizza il ruolo di Google & Co nella crisi delle telco europee: “C’è stato un terremoto sulla catena del valore delle Tlc – dice Gentiloni – In questo terremoto ci sono vincitori e vinti. E’ normale che le aziende che devono fare ingenti investimenti per le reti (le telco ndr) alzino la voce, anche perché le reti sono considerate alla stregua di commodity. Nel contempo, non si possono demonizzare gli Over the Top”. La posizione di Gentiloni è chiara: “Gli Ott come Google hanno migliorato la vita della gente e anche quella dei ceo degli operatori di Tlc – dice l’ex ministro – Detto questo, è giusto porre il problema della sostenibilità del modello di business di Internet”.

Sono tre secondo Gentiloni i temi portanti per il futuro della Rete. “Primo, qual è il framework, l’istituzione, il luogo dove si definiscono le regole? – domanda Gentiloni – vista la mia esperienza passata, ho forti dubbi sul fatto che le Nazioni Unite, tramite l’Itu, siano il luogo giusto per definire il framework regolamentare di Internet”. Gentiloni ricorda il summit Onu del 2005 sulle Tlc, a Tunisi, dove il Brasile era favorevole ad attribuire all’Onu il compito di stliare le nuove regole delle Tlc. Una proposta contrastata dall’Europa e dagli Usa. “Credo che l’attuale assetto regolatorio – dice Gentiloni – basato su un mix di accordi commerciali fra imprese private e controllo di enti indipendenti, è questa la strada giusta che va confermata, tramite la collaborazione fra l’Fcc (Federal Communication Commission), l’Agcom americana, e il network delle authority europee, cioè il Berec. Senza dimenticare il ruolo dell’Icann. Bisogna mantenere questo assetto”. Il secondo punto nodale è il futuro dei content provider. “A Dubai non sarà in gioco soltanto il rapporto fra telco e Ott – dice Gentiloni – ci sono anche i content provider, l’industria dei contenuti in Italia rischia di uscire perdente. Infine, anche le autorità regolatorie nazionali hanno un ruolo da giocare nella partita di Internet. E’ chiaro che non pensiamo di mettere le braghe a Apple, che da sola ha una capitalizzazione superiore a tutta Piazza Affari. Gli Over the Top non vanno demonizzati e non sono la causa di tutti i nostri mali”.

Il punto di vista degli Usa per bocca di Robert Mc Dowell, Commissario della Fcc (Federal Communications Commmission), nominato da Bush e confermato da Obama (qui l’intervento integrale del commissario Mc Dowell): “Il futuro di Internet è a un bivio – dice Mc Dowell – La conferenza di Dubai sarà cruciale per il futuro assetto di Internet. La posizione dell’Italia è fondamentale per creare la posizione dell’Europa. Dal nostro punto di vista, l’Ue deve resistere alla tentazione di introdurre nuove regolamentazioni nella gestione di Internet. La Rete contribuisce allo sviluppo economico, lo si vede ovunque, in particolare in paesi poveri, come il Ghana. L’Internet mobile consente a piccoli produttori e agricoltori di mettere in rete le loro merci, questo grazie all’assenza di ingerenze di governi sulla Rete. L’assenza di regole calate dall’alto è positiva, ma le cose potrebbero presto cambiare”. La Fcc americana teme che alcuni stati dell’Onu, che saranno presenti a Dubai, possano proporre nuove Itr che potrebbero minacciare la libertà della Rete. “Paesi come Russia e Cina vogliono intervenire pesantemente sul controllo di Internet – dice Mc Dowell – la Russia di Vladimir Putin punta al controllo dei pacchetti e degli indirizzi IP che circolano in Rete, e questo metterebbe in pericolo la liberta della Rete”. Anche il ruolo dell’Icann è finito sotto la lente.

Il commissario dell’Fcc entra poi in collisione con la proposta dell’Etno: “La richiesta di maggior regolamentazione per gli Over the Top creerebbe forte incertezza – dice il commissario – la stella polare secondo noi è la deregulation e la concorrenza che storicamente ha prodotto vantaggi ai consumatori e maggiori investimenti. Un esempio negli Usa è il settore del trasporto ferroviario, che è migliorato complessivamente dopo l’arrivo della competizione da parte del trasporto su gomma. Siamo contrari all’introduzione di nuove regole”.

Dall’altra parte dell’Oceano Carlos Lopez Blanco, Direttore degli Affari internazionali di Telefonica: “Il nostro framework di regole è quello del 1988, ma le cose sono completamente cambiate – dice – ma negli ultimi 20 anni le telco ci hanno trasformato la vita. Ora comincia una nuova era, con un nuovo ecosistema con il passaggio dell’era della voce a quella dei dati. Serve un nuovo framework di Itr in grado di contenere questi cambiamenti sostanziali del settore”. Il top manager di telefonica aggiunge che “il nuovo framewoork di regole non deve occuparsi della governance di Internet – dice – tutti i player in campo possono fare da soli, con accordi commerciali e partnership di interconnessione”. Detto questo, la complessità del mondo dei dati “ha bisogno di un nuovo modello sostenibile di Internet – sottolinea Blanco – che tenga conto della contrapposizione del concetto di “Quality of services” e “Best effort”. Ma per le telco deve esistere un consistente ritorno degli investimenti, un Roi adeguato al nuovo contesto. Non stiamo chiedendo regole in questo contesto, ma chiaramente sostentiamo l’Etno, che semplicemente chiede delle linee guida che regolino accordi commerciali privati”.

Roberto Viola, segretario generale dell’Agcom, ricorda il ruolo centrale del Berec (Body of european regulators for electronic communications), l’organismo Ue che raccoglie i 27 regolatori nazionali dell’Ue. “La governance di Internet non può essere discussa dai singoli paesi – dice – ma in ottica comune. Sul sito del Berec c’è la posizione comune in tema di interconnessione di rete, accordi commerciali e tutela dei consumatori. Il Berec si impegna nell’ottica dell’apertura di Internet, l’intervento regolatorio si verifica soltanto in casi specifici di fallimento di mercato e assenza di concorrenza”.

Il mondo della Rete, aggiunge Viola, sta cambiando radicalmente. “Il traffico è sempre più caratterizzato dalla presenza di video – dice – video e nuovi attori, i content delivery networks, stanno intervenendo pesantemente nell’arena, portando alla nascita di grossi centri di aggregazione del traffico, i più grandi del mondo sono qui in Europa, il maggiore è Francoforte”.

Per quanto riguarda la contrapposizione fra telco e Ott, “il Berec ha messo in consultazione la possibilità di adottare accordi two side e multi side fra diversi soggetti – dice Viola – Internet deve rimanere aperto, questo è lampante. Ciò non toglie che accordi commerciali saranno possibili, come in tutti gli altri settori. Basti pensare al settore aereo, che offrono la business class accanto all’economy e alla prima classe”. Allo stesso modo, il traffico dati sarà gestito in base a principi analoghi. “Gli operatori europei spesso fanno cose che non ci piacciono – chiude Viola – come i blocchi al VoIp o alla funzione Wi-fi sull’iPad, che secondo noi non sono grandi idee perché gli operatori non ci guadagnano nulla a comportarsi in maniera unfriendly nei confronti degli operatori”.

Ribadisce le posizioni di Robert Mc Dowell, commissario dell’Fcc, Eric Loeb, Vice presidente Affari Istituzionali Internazionali di At&t: “A Dubai abbiamo bisogno di presentarci con un accordo globale per il flusso di comunicazioni crossboarder – dice il manager di At&t – il settore privato deve mantenere la leadership in Rete, gli Itr devono rimanere in vigore, ma devono adeguarsi alle mutate condizioni del settore, che dal 1988 sono completamente cambiate. Dal nostro punto di vista, se cresce la concorrenza devono diminuire il più possibile le regole. Siamo contrari a interventi sulla gestione tecnica di Internet da parte dell’Itu. Bisogna evitare il più possibile il rischio di distorsioni del mercato”.

Futuro incerto, quello di Internet, un medium “difficile da ingabbiare”. La pensa così Andrea Renga, Senior Research Fellow del Ceps, secondo cui “oggi la Rete combina fra loro diversi industrie che si scontrano fra loro – dice – alcune industrie sono regolamentate, altre no. Gli Usa hanno un’economia più florida dell’Ue, grazie agli Over the Top, ma finora il modello multistakeholder e di self regulation ha funzionato. Ma i problemi sono tanti. La Cina ad esempio sostiene modifiche pesanti agli Itr. La Cina è un paese che umilia il concetto di end-to-end di Internet, puntando su posti di blocco in Rete, ispezione di pacchetti IP”.

Paolo Nuti, presidente Aiip, guarda alla rete come “modello di trasporto condiviso – dice – il costo di banda di trasporto è abbattuto. La capacità trasmissiva resta un bene economico, perché la manutenzione costa e ci sono fornitori di servizi che pagano per la content delivery network. Come Aiip siamo in mezzo al guado in questo momento: siamo strenui difensori della net neutrality, ma la net neutrality ha un costo. La net neutrality è basata sul best effort, tutti devono poter raggiungere il destinatario, ma bisogna pagare l’end-to-end in condizioni non discriminatorie”.

La posizione della Commissione Europea arriva per bocca di Megan Richards, Vice direttore aggiunto, Direzione Generale della Società dell’Informazione: “ Il contesto regolamentare in cui ci muoviamo oggi in Europa è figlio delle regole su competition e single market messe a punto da Mario Monti nel 2002 – ricorda Richards – Domani nel summit che si terrà a Bruxelles si parlerà ancora di single market digitale, Internet è un fattore determinante per lo sviluppo economico dell’Ue. Nell’88 Internet non esisteva ancora, per questo è chiaro che a Dubai bisognerà pensare a regole condivise per il settore, nell’ottica dell’orizzonte 2020. Dobbiamo fare in modo che Internet continui a crescere”.

Un Internet che secondo Richards deve continuare ad essere aperto, accessibile, facile e con poche barriere all’ingresso. “Il sistema che c’è oggi funziona – dice l’esponente della Commissione Europea – Bisogna che funzioni anche in futuro. L’Itu per la governance della Rete non è la soluzione giusta. Non c’è bisogno di una nuova organizzazione che si occupi della governance della Rete. Non è nostra intenzione introdurre nuove regole nel mercato”.

“Entro il 2015 il 50% dei contenuti sarà composto da video – dice Deborah Bergamini, deputata del Pdl alla Camera, che sarà relatrice del Decreto Digitalia in Parlamento – il problema dell’Ue è la forte frammentazione, mentre negli Usa la posizione è fortemente unitaria. L’obiettivo dell’Occidente è quello di presentarsi alla Conferenza a Dubai con una posizione forte, anche perché nel 2002 c’erano 4 paesi al mondo ad esercitare censura online, mentre oggi sono 40. Esiste un problema di libertà di espressione che deve però sposarsi con le esigenze della privacy e dei diritti umani in Rete”.

“Ogni volta che introduciamo nuove regole alziamo barriere all’ingresso, riducendo la concorrenza – dice Carlo Stagnaro, direttore Ricerche e Studi dell’Istituto Bruno Leoni – Bisogna ridurre le barriere all’ingresso, la cosa migliore è regolamentare poco”.

Accoglie positivamente la proposta dell’Etno Roberto Loiola, Vice presidente Europa Occidentale di Huawei. “La maggior parte dei temi sul piatto hanno bisogno di interventi – dice Loiola – ma non c’è bisogno di nuove regole. E’ chiaro che bisogna trovareil giusto equilibrio fra l’apertura e l’accessibilità di Internet e il traffic management. La trasparenza per il consumatore resta un must. D’altra parte, abbiamo bisogno di motivazioni forti di business per fare nuovi investimenti in reti. Le tecniche per il traffic management esistono, serve soltanto utilizzarle meglio per guadagnare di più. Il traffic management è un fattore chiave per accrescere la concorrenza, gli accordi di esclusiva non devono essere vietati”.

“La politica deve avere un approccio leggerissimo sulla governance della Rete – dice Benedetto della Vedova, deputato del Fli alla Camera – Nella latitanza della politica da Internet abbiamo visto un boom economico, che ha fatto crescere la competitività. Siamo prudenti sulla proposta dell’Etno, perché il mercato continua a crescere. Prima di intervenire su disfunzioni del mercato, secondo noi è prioritario garantire l’accesso a Internet a tutti, dal momento che in Italia il 50% della pop0olazione è in digital divide”.

“Mettere la governance di Internet nelle mani dell’Itu è come dare un rasoio in mano ad un bambino dice Luca Bolognini, presidente Istituto italiano della Privacy – Bisogna evitare l’iper controllo della rete e la sovraregolamentazione da parte di paesi poco democratici. Benvenga quindi l’autoregolamentazione per evitare l’intervento dell’Itu”. Per quanto riguarda la net neutrality, “serve un’ottica bilanciata – aggiunge Bolognini – va bene un minimo garantito di net neutrality, ma il network management non è il demonio”.

“Il valore della Rete si vede dal suo peso sulla crescita del Pil – dice Patrick Ryan, Policy Counsel Open Internet di Google – La net economy è una piattaforma per la crescita economica. Internet contribuisce con 33 miliardi di euro all’economia globale, e nei prossimi anni può contribuire alla crescita del 3,5% dell’occupazione. Il cloud è un altro mezzo che può contribuire alla crescita di posti di lavoro in Italia. Il tentativo dell’Itu di prendere il controllo della governance di Internet risponde ad un desiderio di centralizzare il controllo del web. Ma l’Itu chi la consce? Il sistema che gestisce oggi la Rete, anche grazie all’Icann, funziona. La cosa migliore secondo noi è migliorare il sistema attuale”. Sulla polemica telco-Ott, Ryan è lapidario: “C’è la percezione che Google e gli Ott in generale non investano in network – dice – Ma non è così. Nel 2011 Google ha investito 3,5 miliardi di dollari in infrastrutture di rete e fibra ottica, Google gestisce il maggior network di server a l mondo, anche se non hanno il marchio Google, allo scopo di migliorare la fruizione dei contenuti da parte degli utenti”.

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