VERSO IL WCIT-2012

Itrs, l’appello di Open Internet: “La Rete resti fuori”

Trenta esponenti di spicco della società civile, mondo accademico e politico firmano il documento “In difesa di Internet”: “Allargare i trattati al Web una minaccia alle libertà fondamentali degli utenti”

Pubblicato il 29 Nov 2012

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Sale l’attesa per il Wcit-12, la conferenza mondiale sulle Tlc che aprirà i battenti a Dubai il prossimo 3 dicembre. E nello sprint finale di un dibattito che non si è sottratto a confronti aspri e colpi di scena, si moltiplicano anche gli interventi autorevoli. Ultimo in ordine di tempo è l’appello lanciato in Europa da una trentina di esponenti di spicco della società civile, del mondo accademico e politico. “In difesa di Internet” è l’eloquente titolo a cui i sottoscrittori del documento, presentato oggi, consegnano una dura requisitoria contro quelle proposte che chiedono di allargare al “governo” della Rete il mandato degli Itrs – i trattati internazionali sulle telecomunicazioni la cui revisione verrà negoziata proprio a Dubai.

Prospettiva da scongiurare con ogni mezzo. Perché sancirebbe una diretta minaccia “alle libertà fondamentali degli utenti”. Ad oggi, il world wide web è amministrato a più mani, sia pubbliche che private, e regolato da un complesso reticolo di accordi commerciali. Secondo l’appello, “il successo di questo modello trova conferma non solo nel numero degli utenti, nelle cifre del mercato di Internet, o nei guadagni dei suoi operatori. Esso è anche visibile nei processi decisionali, di partecipazione e di trasparenza che hanno permesso alla specie umana di evolversi ed emanciparsi come mai prima d’ora, dando vita ad una società globale sempre più aperta: il migliore esempio di democrazia partecipativa”.

Questa dinamica virtuosa – avvertono gli autori del documento – s’incaglierebbe, o peggio subirebbe una drammatica involuzione, se venissero accolti gli emendamenti ai trattati sostenuti da un ampio fronte di paesi che comprende Cina, Russia e la maggior parte degli stati arabi e africani. Stando a quanto auspicano le loro posizioni negoziali, “’l’ITU (l’agenzia dell’Onu che sovrintende agli Itrs, ndr) potrebbe divenire l’autorità di governo di Internet”. Che, in parole pavore, verrebbe così a spogliarsi della sua architettura flessibile e multi-stakeholder, per essere accentrata nelle mani di un singolo organismo e zavorrata da un pesante fardello regolamentare. Si tratta di “un approccio non condivisibile ed alquanto preoccupante perché la gestione dei diritti fondamentali non richiede alcuna intermediazione statale e perché la storia ha svelato la natura poco incline alla tutela delle Libertà fondamentali di molti dei Governi membri dell’ITU”.

Promossa da “Open Internet”, iniziativa a vocazione paneuropea che si prefigge di tenere alta la sorveglianza sul carattere aperto e libero del world wide web, l’appello ha già rastrellato adesioni a tutto campo anche in Italia. Tra le quali si segnalano quelle dei parlamentari Linda Lanzillotta, Paolo Gentiloni e Benedetto della Vedova; degli eurodeputati Debora Serracchiani e Amalia Sartori; di Carlo Alberto Carnevale Maffè e Andrea Renda, rispettivamente docenti della Bocconi e della Luiss. Un’altra infornata di nomi di punta dovrebbe associarsi nei prossimi giorni. Firme prestigiose a parte, l’obiettivo primario della campagna resta quello di sensibilizzare l’opinione pubblica. Ragione per la quale l’appello, disponibile in rete in cinque lingue, punta nei prossimi giorni a fare il pieno di sottoscrizioni.

In Occidente, la battaglia per bloccare l’assalto alla diligenza degl’Itrs è sostenuta quasi all’unanimità da governi, Ong e settori industriali. Non resta che mobilitare i cittadini. Per farlo, l’appello condensa i propri argomenti in cinque punti, nei quali si ribadisce il ruolo di volano giocato da Internet nel promuovere la libertà di espressione e di partecipazione, ma anche lo sviluppo economico e sociale. Sono principi che la Conferenza di Dubai, secondo quanto afferma il documento, dovrebbe piuttosto preoccuparsi di “custodire e consolidare”. Come? Assicurando “l’accesso a servizi di telecomunicazioni sempre più competitivi, efficaci ed efficienti”.

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