L'INTERVENTO

L’Alleanza per Internet scivola sulla privacy

Un progetto lanciato nel 2004, ma mai avviato, cerca di ripartire compiendo errori macroscopici sul tema della tutela dei dati personali

Pubblicato il 21 Gen 2013

Roberto Scano, presidente di Iwa Italy

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Il 22 gennaio 2012, presso la “Sala conferenze di Piazza di Monte Citorio 123/A” (termine corretto da utilizzare per identificare la sala conferenze presso la sede del Garante Privacy, come da linee guida del cerimoniale del Garante) si svolgerà ll’evento di ri-presentazione dell’iniziativa “Alleanza per Internet”, una vecchia iniziativa risalente al marzo 2004 lanciata all’epoca dagli stessi attori e con lo stesso scopo: “Per difendere la Rete italiana e sostenerne lo sviluppo” in quanto (sempre da comunicato del 2004) “Nasce con l’intento di aggregare e valorizzare le azioni, le contribuzioni, le idee degli addetti ai lavori, del mondo accademico, dei consumatori, delle associazioni, dell’’industria di settore sui temi cruciali dello sviluppo di internet in Italia e nell’Europa della Società dell’Informazione.“.

Nacque nel 2004, a seguito del Decreto Urbani sui contenuti digitali, senza alcuno specifico seguito. Ora si ripresenta con veste dichiarata di associazione (anche se nel sito ufficiale – attualmente in costruzione – non è presente alcun statuto che attesti la formale costituzione di un’associazione) e con presidente l’ex “padrone di casa” della sede in cui si svolge l’evento, ossia l’ex Garante Privacy prof. Pizzetti. Si ripresenta partendo però con il piede sbagliato.

La rete sino dalla sua nascita si è sempre data delle regole che si riassumono con due principi basilari: libertà e rispetto. Libertà, in quanto chiunque può connettersi, pubblicare e discutere. Rispetto, in quanto la libertà di un soggetto termina quando lede la libertà di un altro soggetto. In questo ultimo caso, una delle prime fondamentali forme di autoregolamentazione del dialogo in rete è la netiquette.
Qualsiasi utente o gruppo di utenti è libero di intraprendere iniziative a meno che le stesse non ledano diritti degli altri. In questo caso particolare, si è invece applicato tutto e il contrario di tutto in quanto in nome di una presunta “Alleanza per Internet”:

  • è stato avviato un massivo invio di e-mail ad utenti di banche dati non afferenti all’associazione ma ad una delle società di cui dei responsabili hanno partecipato alla costituzione dell’iniziativa;
  • per poter partecipare all’evento era necessario inviare una e-mail ad un indirizzo afferente ad una cooperativa onlus, senza alcuna informativa sul trattamento dati personali nel sito ufficiale di alleanza per internet (che, sino all’evento, presenterà la dicitura “sito non attivo sino al 22 gennaio 2013”);
  • il manifesto non sarà pubblico sino alla data dell’evento, inoltrato solo a persone contattate dagli “organizzatori” per una sottoscrizione dello stesso (senza tra l’altro informativa sul trattamento dati personali all’interno del medesimo modulo). Si chiede quindi di andare a sentire / vedere qualcosa senza avere materiale informativo;
  • è stata avviata una massiva campagna su twitter proponendo il medesimo messaggio a commento, però, di discussioni di tutt’altro tema.

Il manifesto, dopo una serie di contenuti scontati, elenchi di materie di ogni ordine e grado (escluse le tematiche di accessibilità e inclusione digitale, probabilmente non accattivanti sotto l’aspetto economico) e palesemente riprodotti dall’agenda digitale europea, prima della richiesta di contributi e della garanzia che si tratta di un’iniziativa indipendente da tutti, si conclude con una frase “Internet è di tutti. La Rete e il mondo digitale non appartengono a pochi esperti del diritto e della tecnologia, ma sono patrimonio e modo di essere presente e futuro di tutta collettività. Il nostro sviluppo futuro non può essere distinto dal futuro di Internet”.

E su questa frase chiaramente si concorda e ci si pone la domanda: la semplice sottoscrizione di un manifesto con principi generali ispirati all’agenda digitale europea (e tra l’altro già previsti dalle attività della cabina di regia del governo italiano) da parte di soggetti che – sicuramente in gran parte in buona fede – hanno sposato lo spirito dell’iniziativa, da qualche diritto di rappresentanza ad un organismo autoproclamatosi “come punto di riferimento a supporto dei processi decisionali che si svolgono in seno alle istituzioni e che riguardano tutte le aree legate allo sviluppo dell’economia digitale e delle telecomunicazioni”?
La rappresentanza, in rete, si ottiene sul campo per le iniziative realizzate, non per le promesse non mantenute. E la rete ha memoria, per fortuna.

Un errore sta anche direttamente dal nome: Alleanza è un nome sbagliato, perché non ci si allea per una piattaforma. La si usa! quindi o ti allei per tematiche che si veicolano attraverso la piattaforma, oppure significa non aver compreso nemmeno il mezzo e lo si confonde con il fine.

Ma non facciamo processi alle intenzioni. Attendiamo di vedere le produzioni, sperando che siano maggiormente performanti rispetto ai risultati del 2004. Vista la metodologia di costituzione e di aggregazione, forse è necessario rivedere il film di Guerre Stellari: più che alleanza per internet, si rientra nell’impero di internet – un lato oscuro della rete per cui conta di più il “chi ci sta” rispetto al “chi fa qualcosa”.

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