IL CASO

Huawei abbandona gli Usa e punta sull’Europa

Il colosso cinese getta la spugna a seguito del pressing di Washington sulla IT security. E si prepara a dismettere il business delle soluzioni di rete di Tlc. Ma si rafforza l’impegno nel Vecchio Continente

Pubblicato il 24 Apr 2013

Patrizia Licata

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Huawei rinuncia al mercato delle attrezzature di rete di telecomunicazione negli Stati Uniti: l’opposizione del governo americano, preoccupato da possibili ripercussioni sulla sicurezza nazionale, ha avuto la meglio dopo i ripetuti tentativi del colosso cinese di trovare un posto nella più grande economia mondiale con la vendita dei suoi prodotti per il networking.

“Non siamo più interessati al mercato americano”, ha dichiarato Eric Xu, executive vice-president di Huawei in occasione del Global Analyst Summit 2013, tenutosi presso il quartier generale di Shenzhen. Huawei è il secondo maggiore fornitore mondiale di attrezzature di rete per revenues, è in affari con 45 delle maggiori telco globali ed è ben consolidata anche in Occidente, ma non è mai riuscita a inserirsi negli Usa, dove Washington ha contrastato le iniziative del gruppo cinese temendo che dietro le sue attrezzature si possano celare strumenti per spiare le comunicazioni americane (un’accusa che i cinesi hanno sempre respinto).

Huawei non ha mai siglato contratti per forniture di rete con nessuno dei principali carrier Usa e a dimostrazione di quanto Washington sia preoccupata dalle tecnologie e dai prodotti cinesi, lo scorso mese l’operatore americano Sprint Nextel e la sua potenziale acquirente, la giapponese Softbank, hanno dovuto fornire garanzie all’Intelligence committee della Casa dei rappresentanti sul non utilizzo di attrezzature di rete prodotte da Huawei.

Che la Cina sia considerata una minaccia per i segreti industriali delle aziende Usa lo dimostra anche il il Verizon 2013 Data Breach Investigation Report, secondo cui il 96% di tutti gli attacchi di cyberspionaggio globali è orchestrato dalla Cina. In più a ottobre, un rapporto del Congresso americano definiva ufficialmente Huawei e la sua concorrente cinese Zte, “minacce alla sicurezza nazionale”. Allora il parlamentare Mike Rogers, presidente dell’House Intelligence Committee, aveva invitato il governo e le aziende del settore privato a non acquistare attrezzature dai due vendor.

Negli Stati Uniti le difficoltà di Huawei si legano anche al passato nel corpo militare cinese del suo fondatore Ren Zhengfei, che preoccupa molto i politici e i funzionari della sicurezza americani. Nel 2008, Huawei ritirò un’offerta per la società hitech statunitense 3Com, dopo aver capito che il regolatore non avrebbe mai approvato la transazione. Nel 2010, la stessa azienda cinese si mise in lizza per un contratto multimiliardario per la fornitura di attrezzature di rete a Sprint Nextel, ma non vinse anche a seguito dell’intervento del governo Usa. E così si è vista rifiutare le offerte per diversi altri contratti finché nel 2011 ha dovuto ritirare la proposta di acquisto di brevetti da una società americana, per i quali aveva messo sul piatto 2 milioni di dollari.

Nel tentativo di scardinare le resistenze americane, Huawei ha organizzato un’attività di lobby, assumendo top executive di aziende rivali in difficoltà come Nortel e Motorola, ha cercato di costruire un forte centro di ricerca e sviluppo e scritto anche una lettera al governo Usa chiedendo un’indagine formale che l’avrebbe scagionata completamente dalle accuse di spionaggio che i cinesi hanno sempre definito infondate. Ma il report di ottobre del Congresso ha gelato le speranze di Huawei, e da allora l’espansione del colosso cinese in terra americana si è definitivamente fermata: l’azienda ancora impiega 1.400 persone negli Stati Uniti, ma lo staff dedito all’R&D si è ridotto da 800 a 500 persone e anche gli addetti alle vendite sono stati ridimensionati. Gli Stati Uniti non sono più considerati, dice il management cinese, un mercato strategico.

Negli altri mercati, però, Huawei ha confermato l’intenzione di ricoprire il ruolo di partner strategico a livello mondiale nell’era della rivoluzione digitale; fondamentale per la crescita dell’azienda sarà in partticolare l’Europa, dove, come confermato di recente da Ken Hu, Ceo e Deputy Chairman di Huawei, l’azienda ha intenzione di investire fortemente nei prossimi 4-5 anni, annunciando tra l’altro l’assunzione di 5.500 persone (portando così a 13mila il numero dei collaboratori che operano nell’area Ue).

Huawei è presente in Europa da 10 anni e ha siglato accordi strategici con i principali operatori europei quali Telenor (Norvegia), Vodafone (Germania, Italia, Spagna), T-Mobile (Germania, Ungheria), Telefonica/O2 (Repubblica Ceca, Germania), Yota (Russia), Everything Everywhere (Regno Unito), Telecom Italia e Wind, con la recente ufficializzazione dell’accordo di 1 miliardo di euro che vede coinvolte Huawei e Sirti per la realizzazione della rete ultraveloce di telefonia mobile Lte di quarta generazione.

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