L'INTERVENTO

Fuggetta: “Scorporo rete Telecom Italia, stavolta conviene”

Si è sbloccato un meccanismo che pareva inceppato: se così fosse saremmo di fronte a un passo avanti che renderebbe possibile l’avvio di una fase di nuovi investimenti nelle reti e porterebbe il Paese ad essere dotato di quelle infrastrutture vitali per il suo futuro

Pubblicato il 20 Mag 2013

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Da un po’ di mesi a questa parte, il tema della separazione della rete di accesso di Telecom Italia costituisce un argomento molto “caldo” di discussione. Telecom ha avviato una riflessione che potrebbe in tempi non lunghi portare ad un nuovo assetto non solo della società, ma del mercato italiano delle Tlc fisse. Perché sta accadendo tutto ciò? È un fatto positivo?

Per rispondere a queste domande è opportuno fare alcune considerazioni di carattere storico-strategico. La rete Internet nasce su un cambiamento tecnologico radicale: si passa dalla commutazione di circuito alla commutazione di pacchetto. In poche parole, invece di creare un “tubo” progettato specificatamente per trasportare la voce tra le due controparti che volevano parlarsi, la rete a pacchetto deve “solo” trasportare pacchetti anonimi tra due destinatari. Quindi la rete diviene un mezzo neutrale rispetto al contenuto: a priori non sa quale sia il significato di quei pacchetti di bit. Inoltre, il compito di chi gestisce la rete cambia: mentre il “vecchio” operatore telefonico aveva il ruolo di creare e gestire il “tubo” tra le due controparti che volevano parlarsi, nella rete a pacchetto deve “solo” trasportare pacchetti anonimi tra due destinatari.

In questo senso, l’operatore non controlla più tutti i servizi che vengono offerti sulla rete. Nascono così gli “over the top” (Ott) come Google, Facebook, Netflix e Apple, attori che usano la rete, chiunque sia l’operatore, per fornire i propri servizi agli utenti finali. Le applicazioni e i servizi non risiedono più “nella rete”, ma nelle applicazioni che girano sui dispositivi che ad essa si collegano (computer, server web, smartphone, tablet… ).

Per rappresentare questo cambiamento, fu creato anni fa il seguente motto: “siamo passati da una rete intelligente con terminali stupidi (i vecchi telefoni) ad una rete stupida (trasporta bit) con terminali intelligenti (computer, smartphone, tablet…)”. Fatto essenziale, l’intelligenza è data dal software, che può variare e quindi far evolvere il senso e il significato stesso delle applicazioni e dei servizi offerti dai terminali intelligenti.

In parallelo a questa trasformazione, che tende a comprimere ricavi e margini degli operatori tradizionali, si è sviluppato il tema degli investimenti per la costruzione delle reti di accesso di nuova generazione (Ngn). Reti costose da realizzare e, anche alla luce delle trasformazioni di cui si parlava in precedenza, risulta pressoché impossibile immaginare che possano essere realizzate autonomamente (e quindi replicate) da ciascun operatore. In altre parole, non è più ipotizzabile immaginare una competizione infrastrutturale generalizzata tra operatori: è necessario condividere investimenti e infrastrutture, quanto meno in grandi porzioni del territorio (in alcune aree ad alta densità potrebbe avere ancora senso anche una competizione infrastrutturale).

Ecco quindi il tema della separazione della rete di accesso. L’ipotesi è quella di costruire una società che gestisca lo sviluppo della rete di accesso e che poi affitti agli operatori Tlc i singoli collegamenti. In questo modo, l’investimento infrastrutturale è condiviso, mentre rimane aperta la possibilità di una concorrenza nella fornitura del servizio all’utente finale. È quello che sta già accadendo con Metroweb che a Milano offre la fibra spenta ai diversi operatori. Come si inserisce in questo quadro quanto sta avvenendo in Telecom Italia? Ovviamente, perché tale separazione possa avere luogo devono essere verificate una serie di condizioni che rendano praticabile e possibile questa operazione a tutti i soggetti coinvolti e quindi alla stessa Telecom Italia, la cui rete è a garanzia del suo debito. Da quel che si apprende, sembra che ora queste condizioni si stiano verificando. Se così fosse, quanto meno in linea di principio, saremmo di fronte ad un importante passo in avanti che renderebbe possibile l’avvio di una fase di nuovi investimenti nello sviluppo delle reti e che porterebbe il paese ad essere dotato di quelle infrastrutture vitali per il suo futuro.

Certamente, si tratta di una operazione complessa che ha molti risvolti e aspetti che devono essere studiati e approfonditi. Non si tratta di questioni marginali e riguardano, per esempio il ruolo del pubblico, l’assetto societario e la governance e l’apertura agli operatori alternativi. Sono temi che scottano. Ma certamente si è sbloccato un meccanismo che pareva inceppato, avviando un percorso potenzialmente virtuoso e che potrebbe offrire un nuovo slancio utile a favorire quella crescita di cui tutti parlano, ma che pochi sembrano poi concretamente promuovere e sostenere.

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