“Goodbye Telecom”, storia del Risiko italiano

La storia di Telecom Italia nel libro a firma di Maurizio Matteo Dècina. Il 25 novembre presentazione-dibattito alla biblioteca del Senato

Pubblicato il 12 Nov 2013

A.S.

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“…All’inizio del 2000, dopo alcuni anni di ‘apprendistato’ in una grande società di consulenza internazionale, pieno di entusiasmo mi ‘imbarcai’ per la Spagna. Non avevo ancora trent’anni. Andavo a lavorare in una delle tante aziende legate al gruppo Telecom che all’epoca contava una trentina di società in altrettanti paesi del mondo. L’atmosfera che si respirava in quel periodo era veramente straordinaria. C’erano entusiasmo, aspettativa di crescita, eccitazione. La fiducia nelle capacità manageriali e nel know-how tecnologico andavano ben oltre l’illusione speculativa della new economy. Con i miei colleghi guardavamo la mappa delle partecipazioni internazionali come quando si gioca a RisiKo! E si piazzano i carri armati nei punti strategici. Più la guardavamo e più ci convincevamo di far parte di una squadra vincente… Gli esiti hanno però deluso le aspettative”.

Inizia così “Goodbye Telecom”, il libro di Maurizio Matteo Dècina che, dopo il passaggio di oggi alla Camera sarà presentato lunedì pomeriggio, alle 18, alla biblioteca del Senato Giovanni Spadolini, nella sala degli atti parlamentari. Interverranno Luigi Zanda, Massimo Mucchetti, Umberto de Julio e Maurizio Dècina. A moderare gli interventi sarà Gildo Campesato, direttore del Corriere delle Comunicazioni.

Il volume, pubblicato da Castelvecchi nella collana “RX, la terra vista dalla terra” e che conta sulla prefazione di Giuseppe Oddo, inviato del Sole24Ore, affronta il passato, il presente e il futuro di Telecom Italia e conta su a interviste, tra gli altri, a Massimo D’Alema, Franco Bernabè e Marco Patuano, ma anche di contributi di ex dirigenti come Alessandro Fogliati.

“…Una azienda pubblica che scoppia di salute viene privatizzata a tempo di record senza alcun controllo sui processi di governance – scrive Dècina – Nei cinque anni che seguono si assiste a un incremento del debito del 600% (da 8 a 45 miliardi di euro). Qualcuno potrebbe però pensare che questo folle incremento sia servito a qualcosa, magari a costruire una nuova rete o a creare nuova occupazione. La risposta è negativa: l’azienda ha perso 70.000 posti di lavoro che si sono aggiunti al già numeroso “esercito industriale di riserva” e si ritrova la stessa infrastruttura che aveva a fine anni 90…. L’equazione Telecom = Debito = Moneta = Potere = Controllo = Schiavitù, dove quest’ultimo termine si traduce da una parte in disoccupazione e dall’altra in mancanza di sviluppo, adesso forse sembrerà più chiara…”.

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