IL CASO BITCOIN

Sec, al vaglio il valore legale del Bitcoin

La Commissione statunitense sta valutando l’ipotesi di inserire la valuta elettronica Bitcoin fra quelle legalmente riconosciute. Ma Bernanke frena: “La banca centrale non ha l’autorità per supervisionarla”

Pubblicato il 19 Nov 2013

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La Security and Exchange Commission (Sec), ente statunitense che vigila sulla Borsa, ha indicato che potrebbe considerare la moneta virtuale Bitcoin come una security e quindi considerarla oggetto di regolamentazione. Lo rivela l’agenzia Bloomberg a proposito del dibattito in corso da mesi negli Usa su questa forma di pagamento alternativo, da alcuni considerato a rischio perché in passato usato anche per finanziare attività criminali, da altri ritenuto invece una grande opportunità. Tra i fan di Bitcoin ci sono, per esempio, i gemelli Winklevoss, resi famosi dallo scontro per la paternità di Facebook con Mark Zuckerberg, che hanno fatto domanda proprio alla Sec per poter creare un fondo di Bitcoin e quotarlo in Borsa come succede per i fondi Etf. Ma al di là degli schieramenti “contro” o “a favore”, il nodo del problema, al momento, è non c’è alcuna autorità centrale che governi il valore di questa moneta virtuale, ma solo la legge della domanda e dell’offerta.

Intanto, oltre alla Sec, a spianare la strada al riconoscimento della moneta virtuale come valuta a tutti gli effetti è stato ieri il Dipartimento di Giustizia Usa, che l’ha “certificata” come “mezzo di scambio legale”. In un’audizione al Senato convocata dalla Commissione Homeland Security and Governmental Affairs, interessata ai vantaggi ma anche preoccupata dei potenziali pericoli, Mythili Raman, della divisione crimini del Dipartimento di Giustizia ha dichiarato: “Bitcoin può essere un mezzo di scambio legale. Noi tutti riconosciamo che le valute virtuali, di per se stesse, non sono illegali”. Parole tese a tranquillizzare coloro che ricordano la chiusura a ottobre di Silk Road, piattaforma di e-commerce dove venivano scambiati armi, droga, documenti falsi e materiale pornografico, tutti pagati con Bitcoin.

Sulla possibilità di trasformare Bitcoin in una moneta vera e propria è intervenuto anche il vice procuratore generale dell’Fbi, Peter Kadzik: “I sistemi di moneta virtuale possono essere gestiti da malintenzionati, come avviene per qualsiasi altro servizio finanziario, ma i sistemi di pagamenti online centralizzati non variano in modo significativo sia nel tipo che nel grado di illeciti finanziari che possono rappresentare”.

Se il Dipartimento di Giustizia e l’Fbi hanno “certificato” Bitcoin come legale, un altolà importante sulla sua regolamentazione, sia pure con tutti i distinguo del caso, è arrivato dal governatore della Federal Reserve (Fed), Ben Bernanke: la banca centrale americana, ha detto, non ha l’autorità per supervisionare direttamente tali valute a meno che siano emesse da un’istituzione bancaria che ricade già sotto il controllo della Fed. D’altra parte il governatore ha spiegato che le monete virtuali “possono essere promettenti nel lungo periodo” e che un giorno “potrebbero promuovere sistemi di pagamento più veloci, più sicuri e più efficienti”. Ma allo stesso tempo ha evidenziato i rischi “legati a questioni di supervisione e implementazione delle leggi”.

Al momento si stima che ci siano circa 12 milioni di Bitcoin in Rete: il loro valore unitario ha superato oggi i 600 dollari ed è in continua crescita.

Secondo gli esperti tra le cause del successo di Bitcoin c’è il ‘fattore Cina’. Le operazioni di cambio tra lo yuan cinese e questa valuta virtuale rappresentano ormai il 21% del totale nella Repubblica popolare cinese. A titolo di confronto, il volume di transazioni valutarie in euro rappresenta appena il 6%. I cinesi, scrive in un articolo il giornale tedesco “Die Welt”, si fidano perché al contrario delle valute che esistono come denaro contanti la divisa internettiana non rischia di essere stampata a volontà da governi proni a politiche inflazionistiche o di deficit spending.

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