Parisi: “L’Ict crea lavoro, ma la chiave è la flessibilità”

Il presidente di Confindustria Digitale “boccia” gli incentivi: “Per spingere le assunzioni bisogna rimettere mano alla riforma Fornero”

Pubblicato il 20 Gen 2014

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«Accelerare l’attuazione dei tre progetti prioritari individuati da Mr Agenda digitale Francesco Caio, ossia identità digitale del cittadino, anagrafe dei residenti e fatturazione elettronica: i tre fattori abilitanti su cui realizzare la trasformazione digitale delle PA. Fornire alle aziende Ict un quadro di riferimento dell’informatica pubblica affinché tale trasformazione possa avvenire adottando le migliori soluzioni tecnologiche e riportando in Italia investimenti in ricerca e sviluppo. Reintrodurre flessibilità per le assunzioni per favorire l’inserimento in aziende dei giovani. Facilitare gli investimenti esteri ma anche quelli nazionali attraverso un sistema fiscale equo per tutti i soggetti in campo».
Queste secondo Stefano Parisi, presidente di Confindustria Digitale, le azioni su cui il governo Letta e la sua “squadra” digitale dovranno concentrarsi affinché il 2014 possa passare alla storia come l’anno della svolta, quella vera, quella che traghetterà una volta per tutte l’Italia nell’era digitale.
Presidente, il 2014 sarà davvero l’anno della svolta?
L’impulso dato dal presidente del Consiglio all’Agenda digitale al momento del suo insediamento e la successiva nomina di Francesco Caio a Mr Agenda digitale sono stati due segnali forti. Ma il caos di fine 2013 venutosi a creare con la Web Tax, le detrazioni fiscali solo per i libri fisici e le proposte di aumento dell’equo compenso per la copia privata ci hanno creato sconcerto, in totale contraddizione con gli annunci precedenti e gli stessi obiettivi di governo. Insomma la digitalizzazione della nostra economia richiede politiche coerenti in tutti i settori. Per questo abbiamo sempre richiesto il coordinamento di Palazzo Chigi. Le tre priorità di Caio sono importanti per la PA ma tutto il resto deve muoversi nella stessa direzione altrimenti falliamo. Tra poco Caio renderà noti i risultati del suo assessment sulla banda larga. Certamente sarà necessaria un’accelerazione, allora da Palazzo Chigi si dovrà dare un impulso chiaro alle amministrazioni, ottimizzare l’uso dei fondi comunitari e regionali, eliminare gli inutili ostacoli creati anche di recente con l’emanazione del decreto scavi.
Il caso Web Tax ha tenuto banco in queste settimane: tassare i colossi del web secondo lei non è giusto?
Il reddito prodotto in Italia per il mercato italiano va tassato. Su questo non c’è dubbio. È un problema di tutti i paesi europei e la Ue se ne sta occupando. Noi abbiamo contestato la web tax perché era fuori dal coordinamento europeo ed è assolutamente inefficace allo scopo. Ma se dobbiamo parlare di fiscalità per attrarre gli investimenti dall’estero e consentire alle piattaforme italiane di competere forse dobbiamo un po’ allargare lo sguardo. Nel mercato digitale la competizione è globale. E le aziende italiane sono penalizzate per l’alta fiscalità sul reddito e sul lavoro. E ancora oggi vi sono prodotti digitali che pagano più tasse indirette rispetto al prodotto fisico. È il caso dei libri. Forse prima di lanciarsi in una campagna rumorosa quanto inefficace contro Google sarebbe stato più intelligente avere uno sguardo d’insieme sulla fiscalità nel mercato digitale. Come Confindustria digitale stiamo lavorando a questo tema e faremo al governo alcune proposte che riguardano proprio il riordino fiscale-amministrativo. Ma un’altra questione importante è quella della necessità di un quadro di riferimento dell’informatica pubblica.
Cioè?
Se si vogliono stimolare gli investimenti da parte delle aziende è necessario dare loro un quadro di riferimento chiaro relativamente alle azioni e ai criteri che la PA intente adottare nei prossimi anni. In una logica pre-competitiva le imprese fornitrici devono avere questo quadro di riferimento per riorganizzare la struttura dell’offerta, adottare le best practice internazionali, riaprire in Italia attività di ricerca. Anche gli attuali fornitori delle PA devono essere in grado di far evolvere la loro offerta per poter seguire l’inevitabile cambiamento di direzione imposto dalla trasformazione della PA.
Crede sia davvero possibile creare nuovi posti di lavoro con l’Ict?
Vede, anche qui, è una questione di approccio generale: bisogna assolutamente rimettere mano alla riforma Fornero, praticamente azzerarla, in modo da garantire alle aziende maggiore flessibilità nelle assunzioni, soprattutto dei giovani. Per mettere in moto il circolo virtuoso dell’Ict e dell’Agenda digitale serve intervenire dunque a monte. Non servono incentivi fiscali per il lavoro ma flessibilità, almeno in entrata.

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