Onda communication, frode fiscale da 25 milioni: 5 indagati

Tra le persone coinvolte nella vicenda Michelangelo Agrusti, tra i fondatori ed ex presidente della società, oggi a capo di Confindustria Pordenone. Sequestrati terreni, ville, auto, moto e depositi bancari per diversi milioni

Pubblicato il 05 Feb 2014

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Concluse le indagini del nucleo di polizia tributaria delle fiamme gialle di Pordenone su una frode fiscale da 25 milioni di euro sulla Onda Communication di Pordenone, che successivamente è fallita come Telecomunicazioni industriali. A cinque dirigenti della società degli anni 2010 e 2011, a cui è riferita la contestazione per evasione fiscale, sono stati sequestrati ville, terreni, auto, moto e depositi bancari. Sono accusati di concorso in utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti Michelangelo Agrusti, che è stato socio fondatore e presidente di Onda communication, oggi presidente di Unindustria Pordenone, Giuseppe D’Anna, Sergio Vicari, Giorgio Costacurta e Renato Tomasini, tutti dirigenti di Onda negli anni presi in esame, alcuni dei quali già ascoltati dai magistrati.

A illustrare l’operazione in una conferenza stampa sono stati stamattina Marco Martani, a procuratore della Repubblica, il colonnello Fulvio Bernabei, comandante provinciale della Gdf, e il colonnello Rocco Laiola, a capo della polizia tributaria di Pordenone.

Le fiamme gialle hanno sequestrato complessivamente 6 terreni, 19 immobili, tra cui due ville, 3 auto, 3 moto, tra cui 2 Harley Davidson, depositi bancari per 1 milione 467 mila euro e partecipazioni azionarie per 85 mila euro. Le perquisizioni hanno riguardato società cartiere nelle province di Udine, Avellino, Bologna, Napoli, Reggio Emilia, Pistoia, Verona, Prato, Bergamo, Roma e Mantova.

La Onda Communication era controllata per l’80 per cento dalla lussemburghese Kermaki (controllata al 50% dalla Bright Global nelle Isole Vergini e dalla Daedal Overseas di Panama) e per il 20 per cento da imprenditori locali e Friulia.

Secondo gli investigatori la Onda avrebbe acquistato da società cartiere materiale di telefonia come chiavette Usb, schede e quant’altro e le avrebbe cedute a società di diritto estere comunitarie e non, pagando l’Iva soltanto per gli acquisti da società italiane ma facendo risultare l’Iva a credito globalmente.

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