LA SVOLTA INTERNET

Ott-telco, scatta l’ora del disgelo

Si apre un nuovo corso di alleanze fra storici antagonisti dopo l’accordo tra Netflix e Comcast. Individuata una base comune di business, ma restano delle incognite: chi pagherà chi e quanto?

Pubblicato il 26 Mag 2014

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Gli acerrimi nemici si scoprono alleati per l’internet che sarà. Tra over the top e operatori telefonici comincia il disgelo, dietro le quinte. Di più: sbocciano vere e proprie alleanze, utili a potenziare i rispettivi business. Restano distanze tra le parti: su chi deve pagare chi (e quanto) e sulle regole del gioco. Per le quali continuano a fare lobby presso autorità e istituzioni di settore, come ai vecchi tempi. Ma dietro la facciata delle posizioni inconciliabili, stanno succedendo molte cose. Negli Usa come in Italia.

È considerata una pietra miliare, di questo nuovo corso, l’accordo di febbraio tra l’operatore americano Comcast e Netflix, che poi ad aprile ne ha stretto uno analogo con Verizon. Netflix – che con i propri film online è responsabile di buona parte del traffico internet americano – ha accettato di pagare gli operatori per una migliore interconnessione alle reti e quindi migliorare la qualità del servizio agli utenti. Google ha stretto accordi simili – soprattutto per Youtube – in giro per il mondo, tra i quali uno dei pochi noti è con il francese Orange. In Italia, Telecom ne sta parlando con Facebook e con Amazon, anche se i dettagli restano ancora riservati.

Il punto è che ormai conviene a entrambi i soggetti trovare un accordo. “Al di là delle schermaglie e delle diverse posizioni sulla net neutrality, le recenti vicende statunitensi dimostrano come almeno tra i grandi Ott e le telco si possano definire degli accordi commerciali per valorizzare al meglio i propri servizi -, conferma Cristoforo Morandini, di Between -. D’altra parte, molto del valore associato dai consumatori a Internet deriva dalla possibilità di utilizzare i servizi che proprio gli Ott hanno sviluppato”. La ricerca di accordi con gli Ott “è necessaria per tutte le telco, a maggior ragione per quelle che non dispongono delle risorse necessarie per acquistare i contenuti più pregiati (diritti sportivi o cinematografici)”, continua Morandini. D’altra parte “il traffico video in internet sta diventando preponderante e al consumatore che paga non basta più uno streaming senza garanzie di qualità – dice Francesco Vatalaro, docente all’Università di Roma Tor Vergata -. Alla qualità dell’esperienza utente sono collegati i ricavi degli operatori”. Non solo per la vendita di video, ma anche per offrire una pubblicità più efficace o anche un servizio e-commerce (di Amazon per esempio) più efficiente.

“Per una maggiore garanzia di qualità, ora gli Ott sono disponibili a pagare gli operatori di rete (fissi e mobili)”, aggiunge. “Tutte queste dinamiche spiegano perché negli Stati Uniti la Fcc ha manifestato disponibilità a modificare il paradigma della neutralità della rete per permettere questi nuovi modelli, basati su accordi e garanzie di qualità per alcuni servizi”, dice Vatalaro. Siamo solo sull’orlo di una rivoluzione del paradigma, beninteso. Gli accordi finora non entrano a gamba tesa sul concetto di neutralità della rete perché non stabiliscono una corsia preferenziale su internet per certi servizi. Netflix avrà infatti solo migliori interconnessioni con i due operatori americani. Il concetto di corsia preferenziale implica invece una garanzia di qualità per tutto il percorso che fa il servizio fino all’utente (end to end).

Potrebbe essere il prossimo livello degli accordi, possibile con la soluzione tecnica di mettere i contenuti video molto vicino all’utente: in prossimità dell’ultimo miglio o presso la stazione radio base della rete mobile. Restano alcuni aspetti su cui gli Ott avranno sempre interesse a fare resistenza: non vogliono essere obbligati a pagare per il semplice utilizzo della rete degli operatori; possono pagare per un po’ di qualità in più, ma comunque vogliono essere loro a decidere quanto e in che misura. Combattono questa battaglia ponendola sotto la bandiera della difesa della neutralità della rete, che però ora diventa un concetto sfumato, dato che gli stessi over the top sono disposti a fare accordi con gli operatori per avere un po’ di qualità in più. Secondo alcuni analisti per i grandi Ott il concetto di neutralità della rete ormai coincide- ideologicamente- con gli accordi che loro non hanno interesse a stipulare. “Resta forte il rischio di creare nuove e forti barriere all’ingresso per Ott minori, magari startup, che non possono permettersi accordi con gli operatori”, dice Morandini.

Dall’altra parte della barricata, gli operatori premeranno sulle istituzioni per risolvere asimmetrie con cui le regole li svantaggerebbero rispetto agli Ott. “I nodi chiave sono relativi a privacy, trattamento dati, tracciabilità: i vincoli ai quali sono assoggettati gli operatori per l’erogazione dei tradizionali servizi di comunicazione, a cominciare da quelli vocali”, spiega Morandini. Siamo agli inizi di una trasformazione, con ancora lacune e molte parti mobili: “Può succedere di tutto. Gli Ott potrebbero comprare operatori o farne le veci internalizzando funzioni di rete – dice Andrea Rangone, a capo degli Osservatori Ict del Politecnico di Milano -. Oppure gli operatori possono recuperare terreno grazie a un consolidamento. Certo è che l’ecosistema ha bisogno di entrambi gli attori e non potrà reggersi se le fortune economiche degli uni e degli altri continueranno a essere così impari”, aggiunge.

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