LA CRISI

Call center: sindacati in pressing, il Mise: “Entro fine mese nuovo tavolo”

Dopo il sit-in di stamani il ministero annuncia un nuovo incontro dopo quello del 27 maggio: focus su gare al massimo ribasso e regole per le cessioni di ramo d’azienda. Slc, Fistel e Uilcom: “Bisogna fare presto, a rischio 3mila posti di lavoro nelle prossime settimane”

Pubblicato il 18 Lug 2014

Federica Meta

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Entro fine mese nuovo tavolo sulla crisi del call center al Mise tra sindacati, aziende e associazioni di categoria. È stato questo il “risultato” politico del sit in organizzato oggi dai sindacati di fronte al ministero dello Sviluppo economico proprio per chiedere un secondo incontro tra tutte le parti in causa, dopo quello del 27 maggio. Slc, Fistel e Uilcom sono stati ricevuti dal funzionario del ministero, Giampiero Castano, che ha assicurato sul fatto che via Veneto sta analizzando le proposte avanzate nell’incontro di maggio, annunciando che il prossimo “summit” ci sarà entro la fine di questo mese.

“In occasione del prossimo incontro – dice al Corriere delle Comunicazioni il segretario nazionale della Fistel, Giorgio Serao – ribadiremo la necessità di affrontare presto questioni chiave come il taglio dell’Irap per le imprese, lo stop alle gare al massimo ribasso e la regolamentazione delle cessioni di ramo d’azienda a tutela dell’occupazione”.

“Al rappresentante del Ministero abbiamo ribadito l’urgenza di proseguire il confronto sulla situazione del settore e sui correttivi indispensabili per arrivare ad una sua reale “industrializzazione” – dice Michele Azzola, segretario nazionale Slc – In particolare abbiamo ribadito la nostra posizione sull’urgenza di adeguare la normativa italiana in tema di cambio di appalto a quanto fatto nel resto d’Europa e abbiamo, inoltre, suggerito di lavorare di concerto con l’Autorità Garante per le Comunicazioni perché si arrivi ad una specifica delibera Agcom che normi una volta per tutte gli standard qualitativi ed operativi dei servizi di assistenza alla clientela così che si possa arrivare ad una definizione di servizio valida per tutti i call center che operano per il mercato italiano e che possa costituire un ulteriore argine ai fenomeni di delocalizzazione e ulteriore precarizzazione del settore”.

“Acogliamo con favore la nuova convocazione ma ci aspettiamo un incontro che inizi a dare delle risposte tangibili ai temi posti dal sindacato, perché è ormai chiaro a tutti che la gravità delle tante crisi che stanno vivendo oggi svariate aziende del settore obbliga tutti ad essere pratici e risoluti – avverte il sindacalista – In assenza di decisioni tangibili da parte del Governo a settembre organizzeremo a Roma una nuova grande manifestazione nazionale di tutte le lavoratrici e lavoratori dei call center.”

Per i sindacati gare al massimo ribasso, delocalizzazioni, senza una norma coerente con quanto fatto in Europa aprono al concreto rischio di vanificare quanto fatto nel settore dal 2007 (la regolarizzazione degli addetti a seguito della circolare Damiano ndr). “Bisogna intervenire al più presto sull’equiparazione tra i cambi di appalto e le cessioni di aziende o rami di azienda – sottolinea – Solo così il lavoro ed i lavoratori torneranno ad essere non più una semplice voce di costo ma una variabile imprescindibile. In caso contrario sono a forte rischio varie migliaia posti di lavoro stabili.”

E’ dunque in atto un meccanismo di migrazione dell’occupazione: dopo 3 anni, persi gli incentivi, un’azienda diventa meno competitiva rispetto a chi apre ex novo, che beneficia di un costo del lavoro minore dell’87%. Con la conseguenza che i call center si sono spostati dal Nord al Sud dal paese, ora si spostano ad Est con i primi fenomeni di delocalizzazione. “Chi rispetta le regole viene espulso dal mercato, prevale chi accede agli incentivi. L’altro risultato è che abbiamo il maggior numero di aziende di call center in Europa: in Italia sono 2.227”, avverte Azzola.

Intanto la crisi del settore si fa sentire. E forte. Secondo le stime di Slc, Fistel e Uilcom rischiano il posto di lavoro 3mila persone. Dopo British Telecom che toglie l’attività ad Accenture mettendo a rischio 280 persone a Palermo, ci sono i 1500 di Infocontact, i 200 lavoratori di Voice Care di Ivrea che hanno visto spostare la commessa Seat Pagine Gialle in un altro call center del gruppo. Problemi anche per Teleperformance (1500 addetti) che ha annunciato la chiusura a Taranto e per i 400 addetti di 4you a Palermo “vittime” della delocalizzazione.

“Paradossale – sottolinea Salvo Ugliarolo neo-segretario generale della Uilcom – è scoprire che non solo lo Stato non chiede il rispetto di leggi esistenti in tema di delocalizzazioni di attività di call center ma che l’Ilo, agenzia del lavoro dell’Onu, abbia un programma finanziato con fondi dell’Unione europea finalizzato ad agevolare le delocalizzazioni di call center dall’Italia all’Albania per quelle imprese che vogliano abbassare il costo del lavoro. Il progetto, ha visto un boom di delocalizzazioni dall’Italia mentre gli altri Paesi europei cercano di trattenere e riportare in patria il lavoro con tutti gli strumenti necessari.”

Ugliarolo interviene anche sulle gare al massimo ribasso. “Continuiamo a sostenere con forza – sottolinea – che bisogna interrompere questa assurde modalità di gara dove si applicano tariffe ben al di sotto della paga oraria per lavoratore. Bisogna competere puntando sulla reale qualità dei servizi, sulle tecnologie, sull’efficienza organizzativa che si realizza attraverso la formazione dei lavoratori e non su ribassi di prezzo “fittizi“ che sono poi realmente pagati dalle casse pubbliche (sotto forma di ammortizzatori in deroga o aiuti della legge 407) che generano perdita del lavoro in Italia e spingono a delocalizzare”.

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