Banda ultralarga, ecco come portarla a tutti gli italiani

A firma di Carlo Cambini, Michele Polo e Antonio Sassano l’e-book “L’Italia a banda larga”, un vademecum di proposte per accelerare sugli investimenti in infrastrutture. Segmentazione geografica, coinvestimento e wireless per le aree a fallimento di mercato le tre leve su cui fare forza

Pubblicato il 28 Lug 2014

Alessandro Longo

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C’è una ricetta con tre ingredienti, con cui l”Italia può recuperare i ritardi della banda ultra larga rispetto al resto d’Europa e ai target dell’Agenda digitale europea. E’ l’idea contenuta nell’ebook L’Italia a banda larga (“Come una rete superveloce farà crescere l’Italia”), scritto da tre docenti esperti del tema: Carlo Cambini (Politecnico di Torino), Michele Polo (università Bocconi di Milano) e Antonio Sassano (La Sapienza di Roma). E’ una pubblicazione “Corriere della Sera”, del forum «Idee per la crescita», nato per iniziativa congiunta dell’Università Bocconi di Milano e dell’Einaudi Institute for Economics and Finance (Eief).

“Le tre idee principali? Segmentare le regole a livello geografico, spingere su coinvestimenti in alcune zone e, per quelle a fallimento di mercato, non contare solo sui fondi pubblici ma anche sullo sviluppo del wireless, di due tipi: fisso e mobile”, riassume al nostro sito Sassano.

“La prima è l’adattamento, all’Italia, di quanto già avviene in Francia”, spiega. Nelle zone dove la concorrenza è molto forte, sulla banda ultra larga, per la presenza di almeno due reti, si propone di alleggerire (o annullare) gli obblighi imposti a Telecom Italia verso gli altri operatori. I coinvestimenti tra operatori vanno invece incentivati nelle aree dove c’è mercato per una sola rete. Nelle aree di terzo tipo, quelle “a fallimento di mercato”, bisogna agire con altre logiche. Con gli investimenti pubblici, certo- come già l’Italia fa e intende fare meglio. “Ma non basta. Perché le zone che per noi sono “a fallimento di mercato” equivalgono al 25 per cento della popolazione: tantissimo. Molto più di quanto previsto dai calcoli del ministero dello Sviluppo economico”. Il motivo della discrepanza? “Il ministero decide le aree a fallimento di mercato- dove bisogna fare cioè le nuove reti con i fondi pubblici- basandosi su quanto affermano i piani degli operatori. In altre parole, sono le zone dove gli operatori dichiarano di non voler andare. Ma secondo noi le zone che effettivamente non saranno coperte saranno più estese rispetto a queste dichiarazioni”.

Allora, per coprire una parte d’Italia così vasta, “sarà importante anche il ruolo delle tecnologie wireless: reti mobili 4G e il fixed wireless broadband (come il WiMax o Eolowave, Ndr.)”, dice Sassano. “Con le giuste frequenze disponibili, queste tecnologie possono dare 30 Megabit effettivi, nelle zone a fallimento di mercato. Almeno finché gli utenti connessi saranno pochi. Dopo, con l’aumento delle connessioni, gli operatori potranno valutare il passaggio alla fibra ottica”. Quanto a quest’ultima, i tre docenti apprezzano il ruolo del fiber to the cabinet: “il suo sviluppo, come sta avvenendo in Italia, non è d’ostacolo a successive reti fibre nelle case. E’ anzi un primo passo di avvicinamento a quelle tecnologie”.

Nelle conclusioni del libro, un ultimo punto è dedicato allo scorporo della rete Telecom. Un’idea che i tre docenti bocciano senza appello, “per una molteplicità di motivi”. “Innanzitutto poiché concentra su un solo attore pubblico quello che a nostro avviso dovrebbe essere un processo dove tutte le risorse, pubbliche e private, vengono mobilitate nello sforzo”.

“In secondo luogo, al contrario di altri settori a rete quali l’energia, dove la separazione proprietaria dellereti è stata implementata negli ultimi anni, nelle telecomunicazioni il quadro europeo non è andato nelladirezione di interventi di unblundling proprietario altrettanto incisivi”.

“Infine, la complessità operativa di un progetto di scorporo della rete di Telecom Italia male si concilia con latabella di marcia stringente che l’Agenda Digitale Europea pone agli Stati membri, lasciando immaginare unrallentamento sostanziale del processo e un mancato conseguimento degli obiettivi”.

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