MERCATO

Altice offre 7 miliardi per le attività portoghesi di Oi

Il gruppo del miliardario Drahi, che in Francia sta completando l’acquisizione di Sfr, vuole un ruolo di primo piano sul mercato telecom portoghese, mentre Oi ha bisogno di concentrarsi sul consolidamento del mercato telecom in Brasile

Pubblicato il 10 Nov 2014

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Il gruppo delle telecomunicazioni Altice, la cui controllata francese Numericable sta completando l’acquisizione dell’operatore Sfr, è pronto per una nuova operazione di mercato: ha presentato infatti un’offerta del valore di quasi 7,03 miliardi di euro per le attività portoghesi della brasiliana Oi.

Altice, controllata dal miliardario franco-israeliano Patrick Drahi, già possiede due piccoli operatori del cavo in Portogallo e comprare l’ex monopolio di Stato le darebbe d’un colpo una posizione di primo piano sul mercato telecom portoghese, mettendola in diretta competizione con Vodafone e Optimus.

Drahi aveva detto lo scorso settembre che Altice era alla ricerca di obiettivi di acquisizione in Paesi dove era già presente, come Portogallo e Belgio, mentre il nuovo Ceo ad interim di Oi Bayard Gontijo aveva fatto sapere che la sua azienda era disposta a vendere le attività portoghesi acquisite col (tormentato) takeover di Portugal Telecom per poter ripagare almeno in parte l’enorme debito (che ammonta a un totale di 18 miliardi di dollari).

Il merger di Oi con PT si è scontrato con un grave ostacolo quest’estate: la Rio Forte, una compagnia del gruppo bancario portoghese Banco Espirito Santo, non ha versato 847 milioni di euro di debito dovuti a PT – un debito di cui Oi ha detto di non essere stata informata prima dell’accordo per la fusione. Di conseguenza, la partecipazione di PT in Oi è stata nettamente ridotta con una revisione dei termini dell’accordo, lasciando PT con solo il 25,6% di Oi invece del 38% concordato in precedenza. La vicenda ha portato lo scorso mese alle dimissioni di Zeinal Bava, chief executive della nuova società ed ex chief executive di PT.

Altice ha spiegato che l’offerta per gli asset di PT riguarda “le esistenti attività di Portugal Telecom fuori dall’Africa ed esclude il debito di Rio Forte, i buoni del tesoro di Oi e i veicoli finanziari di Portugal Telecom“. L’offerta, continua Altice, valuta queste attività 7,025 miliardi di euro e include una clausola di earn-out di 400 milioni di euro sulla futura generazione di revenue di Portugal Telecom e un’altra clausola di earn-out da 400 milioni di euro per il futuro flusso di cassa operativo.

Dopo l’arrivo dell’offerta francese, il gruppo brasiliano ha detto che considera inappropriata e fuori tempo l’offerta per Portugal Telecom (Pt) da parte della figlia del presidente angolano Isabel dos Santos. “Il cda di Oi considera inopportuno qualunque cambiamento dei contratti definitivi firmati con Portugal Telecom l’8 settembre”, ha detto Oi in una nota. In quella data le assemblee dei soci hanno approvato i nuovi termini della fusione Pt-Oi. Dos Santos ha annunnciato un’offerta per Portugal Telecom a 1,35 euro per azione, condizionata al raggiungimento del 50% del capitale, nel tentativo di superare quella da 7 miliardi di euro per le attività portoghesi di Oi, lanciata da Altice.

Secondo gli analisti, Oi ha bisogno di vendere le attività in Portogallo per rafforzare la sua posizione nel consolidamento del mercato telecom brasiliano. Nel frattempo, infatti, come noto, Oi, America Movil e Telefonica Brasil hanno lanciato un’offerta congiunta di circa 32 miliardi di real (13 miliardi di dollari) per Tim Participações, la controllata brasiliana di Telecom Italia.

“L’obiettivo di Oi è vendere attività per partecipare al consolidamento sul mercato brasiliano delle telecomunicazioni mobili”, si legge in una nota di BES Investimento. “E’ un’operazione che ha pienamente senso per Oi“, concorda l’analista Giles Thorne di Jefferies. Gli esperti fanno però notare che Altice potrebbe trovarsi di fronte dei concorrenti per gli stessi asset di Portugal Telecom che ha nel mirino: lo scorso mese il Financial Times riportava che alcuni gruppi del private equity, tra cui Apax Partners e Bain Capital, potevano essere interessati ad acquistarli.

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