PUNTI DI VISTA

Google, il nucleare e i tabù da rottamare

Larry Page ha annunciato investimenti in una startup che lavora sulla fusione nucleare con la missione di creare energia a basso costo. Ma in Italia sarebbe possibile?

Pubblicato il 09 Dic 2014

Edoardo Narduzzi

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Quando di investimenti parla uno degli uomini di maggior successo e più ricchi del pianeta, il cofondatore e amministratore delegato di Google Larry Page, è bene alzare il livello dell’attenzione. Page non è un Warren Buffet, un macina plusvalenze da investimenti finanziari, ma un imprenditore di enorme successo che guarda alle opportunità come nuove occasioni di business dove poter fare extraguadagni per molti anni.

Non è un risanatore o un ristrutturatore di aziende in crisi, lui deve gestire l’enorme cash di cui dispone per creare tanta ricchezza aggiuntiva negli anni a venire.
Così scopri, dalla sua voce diretta, che ha investito in una startup che lavora sulla fusione nucleare con la missione di creare energia a basso costo. Google, uno dei brand più glamour e di maggior valore al mondo, che investe nel nucleare, un settore che in Italia, per il provincialismo declinista che la caratterizza e offre solo disoccupazione o emigrazione ai giovani, è considerato tabù. Una parola cancellata dalla mappa industriale del Belpaese. Una parola che al contrario non fa per niente schifo a chi è al timone di una delle più grandi imprese del mondo e deve ragionare e decidere come investire per rispondere ai bisogni di un pianeta con miliardi di individui in continua crescita e in costante lotta per la ripartizione di risorse scarse e molto spesso finite.

Page si fa un baffo dell’ambientalismo caviar e confessa senza remore la sua passione economica per il nucleare.
Il presidente del Consiglio di un paese alla disperata ricerca di pil aggiuntivo e di nuovi posti di lavoro, quale Matteo Renzi indubitabilmente è, deve fare qualche riflessione sul tema.
Non può toccare l’argomento nucleare perché gli italiani preferiscono continuare a bruciare combustibili fossili costosi: bene, non si esponga su questo fronte già ampiamente perso, ma quantomeno provi a valorizzare quanto ha in casa.
Cinesi e russi, per ragioni diverse, stanno facendo a gara per investire nelle reti fisiche e nelle società di ingegneria italiane (Rosneft ha dichiarato la sua volontà di entrare in Saipem). Gli serve un posizionamento nell’eurozona e tecnologia di settore per crescere nella globalizzazione.
Renzi dispone di Sogin, una società di ingegneria collocata dalla storia referendaria italiana tra quelle più specializzate al mondo nel decommissioning nucleare. Un business in forte espansione su scala planetaria.
Se perfino Google pensa di fare buoni affari con l’atomo non si capisce perché l’Italia, sempre alla ricerca di asset da valorizzare, non possa fare altrettanto con l’unica società di settore al 100% del ministero dell’Economia. Page lo ha ricordato: pecunia non olet.

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