Net neutrality, Preto: “Ora tocca all’Europa”

La decisione della Fcc di regolare Internet come una public utility deve riaccendere il dibattito anche nel Vecchio Continente. “Serve trovare un punto per realizzare una rete trasparente, aperta e libera”

Pubblicato il 02 Mar 2015

Antonio Preto

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Ci siamo. Come nei grandi momenti storici, dopo il culmine degli eventi che travolgono anni e vite, un senso leggero di quiete pervade gli animi.

È quello che accade in questo momento con riguardo alla Rete. La Federal Communications Commission (Fcc) statunitense ha deciso: internet deve essere neutrale. I segnali trasmessi attraverso il packet data switching non possono essere selezionati, differenziati, trasmessi in modo difforme.

La decisione della Fcc va nella direzione di una difesa completa delle libertà. Attraverso la circolazione paritaria dei messaggi, infatti, si impedisce, allo stato, la classificazione di informazioni e si continua a garantire una trasmissione equivalente dei segnali. Trasmissione che serve allo scambio di informazioni e di idee, prima che di servizi; serve, in altri termini, ad assicurare libertà.

È proprio così, parliamo di libertà parlando di net neutrality? Non staremo esagerando con i toni enfatici e retorici, per un argomento che tutto sommato è per tecnici espertissimi e guru vari delle comunicazioni?

No, non esageriamo Quello di oggi è sicuramente un tema di libertà. Senza iperboli o enfasi eccessive. La rete nasce come mezzo di comunicazione a distanza decentrato, in cui ogni nodo contribuisce a creare una infrastruttura complessa. In questa architettura opera dall’inizio un principio fondamentale e spesso dimenticato, l’end-to-end principle, che garantisce qualcosa di molto semplice, eppure essenziale per l’ecosistema di Internet: l’integrità del messaggio al punto di partenza e al punto di arrivo. Nel mezzo, esso viene spacchettato (packet data switching). Ed è proprio questo il punto: ciò che avviene “nel mezzo” non viene sottoposto a controllo. È tale metodo che consente quella trasmissione di dati – ineguagliabile nella storia – che caratterizza il sistema della rete.

Ed è proprio questo il punto: ciò che avviene nel mezzo non viene sottoposto a controllo. Proprio per consentire quella trasmissione di dati – ineguagliabile nella storia – che caratterizza il sistema della rete.

Lawrence Lessig pochi giorni fa ha chiarito molto bene il concetto, evidenziando il portato ‘storico’ della vicenda: “Nixon went to China, Johnson passed the Civil Rights Acts, and Chairman Wheeler got us network neutrality”.

Con la sua decisione, la Fcc di Tom Wheeler sembra dunque esprimere il senso complessivo di un’era. Quella che deve decidere cosa deve essere Internet nel prossimo futuro. Quella che deve affrontare temi fondamentali e non più rimandabili come l’assicurazione dei diritti umani, innanzi tutto la libertà di manifestazione del pensiero, strettamente collegata. Quella che, infine, consacrerà Internet come una public utility (in termini nazionali, viene assunta alla categoria di servizio pubblico).

Le conseguenze, nell’insieme, sono evidenti. Il salto è stato fatto. Il paradigma è mutato nello stesso momento in cui si conservava quello iniziale, quello delle origini, ossia quello degli studi di Paul Baran, Steve Crocker, Jon Postel e, last but not least, Vinton Cerf.

È dunque il mantenimento del vecchio paradigma (di apertura) a consentire l’evoluzione del paradigma nuovo (di libertà). Entriamo nella nuova era non cancellando, ma trasformando i prodotti migliori del passato. Ecco la sapienza, l’uso calibrato e serio. Preservare ciò che abbiamo di buono senza dover necessariamente stravolgere tutto.

Il cammino è naturalmente ancora da compiere. La Internet Society, che ancora oggi riunisce i pionieri dell’evoluzione di questo straordinario mezzo di comunicazione, ha affermato, attraverso Sally Shipman Wentworth (Vice President of Global Policy Development), che “[a]s a global organization, we recognize that the Fcc’s decision today applies only to the United States, but we also realize that other nations may look to the Fcc’s ruling as a model for their own regulations”.

È corretto. La questione è risolta in un ordinamento. Influente, certamente. Ma pur sempre delimitato da confini nazionali. Dobbiamo ora pensare bene a cosa dobbiamo fare in Europa, che su questo tema deve trovare un punto d’incontro che metta d’accordo Parlamento europeo Commissione e Consiglio ora in ordine sparso. Riportando una visione serena, olistica del futuro che ci aspetta. Quello di una rete trasparente, aperta e libera.

In ambito nazionale dobbiamo fare lo stesso: una delle tante occasioni sarà la redazione definitiva della “Dichiarazione dei diritti di Internet”, promossa dalla Camera dei Deputati e su cui è stata svolta una consultazione pubblica.

Insomma, una parte del cammino è ancora da fare, anche se è già segnata. E poi, ci fermeremo? Sono ipotizzabili altri scenari o siamo alla “fine della storia”, per citare Fukuyama?

Non è finita. Così come la storia non è finita, e predicare quella fine era sbagliato, così, in piccolo, la quiete di questi giorni è destinata a trasformarsi. A cambiare, non a eclissarsi.

Perché questo è un rischio reale: quello di cristallizzare il successo di una rete libera ed aperta. Che è e rimarrà tale, ma dovrà essere riapplicato, rivissuto e riattualizzato dinanzi a ciò che ci aspetta. L’evoluzione tecnica delle comunicazioni non si ferma certo qui.

A mio avviso vi sono sfide attuali che porteranno a scenari evolutivi anche in quello che oggi sembra il punto di arrivo. L’evoluzione tecnologica infatti consentirà – è ormai un dato acquisito – un aumento delle possibilità di ognuno. Con le nuove tecniche del 5G e dell’ultra-broadband, avremo scenari ancora diversi. Che forse oggi facciamo fatica ad immaginare.

E forse renderanno superata stessa net neutrality perché metteranno a disposizione di tutti un servizio di qualità, pienamente soddisfacente. A prescindere da chi vorrà e potrà andare ancora più veloce.

È mia personale opinione che il paradigma di oggi, mutuato dal passato, ci porterà a qualcosa di ancora nuovo: l’assicurazione (effettiva, e non astratta) di uno standard minimo di trasmissione, garantito a tutti. Quando ciò avverrà, potranno esserci anche sviluppi avanzati, offerte differenziate, dinamiche diverse di mercato. Perché a quel punto non saranno più in grado – mentre invece oggi il rischio c’è ancora – di nuocere ai diritti dei singoli, di intaccare le possibilità di connessione che devono essere riconosciute a ognuno, di filtrare – magari con pretesti economici – il libero scambio di idee.

Di qui l’importanza dello sviluppo delle NGN su cui l’Italia ha ancora un colpevolissimo ritardo. Di qui l’urgenza di attuare il piano del Governo, e di preservare il ruolo tecnico dell’analisi di mercato che Agcom sta conducendo proprio in questo periodo.

Oggi, in conclusione, possiamo festeggiare un grande passo. Piccolo per i tecnici, grande per l’umanità, sempre per parafrasare eventi ben maggiori come la conquista della Luna. Oggi siamo sulla Luna di Internet: è stato segnato un nuovo punto di partenza, e stiamo tutti consacrando il significato storico di quanto avvenuto ieri. Sempre in attesa della prossima evoluzione, che sarà certamente rapida.

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