IL RICORSO

Class action contro Samsung: “Memorie inferiori a quanto dichiarato”

L’associazione dei consumatori Codici si prepara per la battaglia legale: “Vogliamo ottenere un risarcimento per chi ha acquistato i dispositivi incriminati”

Pubblicato il 11 Mar 2015

A.S.

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“A fronte dei 4 gigabyte di memoria garantita sul sito dell’azienda, il primato del differenziale negativo spetta al modello XCover 2 e al Mini 2 di Samsung, che dispongono al primo avvio solo di 0,9 gigabyte di memoria, ossia meno di un quarto rispetto a quanto dichiarato. In questa triste classifica seguono poi il modello Young, che dispone di 1,3 gigabyte, ossia di circa un terzo di quanto promesso, e subito dopo l’XCover (47% disponibile), il Core Plus (50%), l’Ace II (54%), l’S III mini (53%), l’S4 (55%), l’S5 (71%) e il Tab 3 (70%)”. Sono i dati diffusi da Codici, associazione per la tutela dei diritti dei consumatori, nel motivare la Class action intentata contro Samsung per chiedere un risarcimento per gli utenti che hanno acquistato smartphone e tablet “per i quali veniva dichiarato – spiegano dall’associazione – un quantitativo di memoria di archiviazione disponibile che non corrisponde a quello effettivo”.

“Questa pratica – denunciano da Codici – è stata censurata anche dall’Autorità garante della concorrenza e mercato. In particolare, l’Antitrust l’ha giudicata ‘contraria alla diligenza professionale e idonea, mediante la diffusione di informazioni fuorvianti e l’omissione di informazioni rilevanti, a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio’, condannando a una sanzione amministrativa di un milione di euro la Samsung Italia che, nel corso del procedimento, ha iniziato a implementare le informazioni sulle schede tecniche dei manuali d’uso, rendendole più corrette e veritiere”.

“La nostra associazione – attacca Ivano Giacomelli, segretario nazionale di Codici – intende intentare una class action nei confronti del colosso asiatico, con l’obiettivo di ottenere un risarcimento del danno in favore di quei consumatori che sono stati costretti, loro malgrado, dopo l’acquisto dei dispositivi ‘incriminati’, a ridimensionarne notevolmente l’utilizzo rispetto a quello prospettato e garantito dalla Samsung”.

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