LA SENTENZA

Call center, il Tar boccia le gare al massimo ribasso

Il Tribunale amministrativo del Lazio accoglie il ricorso di annullamento della gara Acea: “I servizi erogati sono troppo complessi per essere vincolati al prezzo più basso”. Soddisfazione dei sindacati: “Precedente giuridico importante”

Pubblicato il 06 Mag 2015

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Il Tar boccia le gare al massimo ribasso nel settore dei call center. Il tribunale amministrativo del Lazio con una sentenza depositata il 27 aprile scorso, ha accolto il ricorso proposto da un’azienda per l’annullamento dell’intera procedura di gara bandita a Roma da Acea per l’affidamento del proprio “Servizio di gestione in overflow di servizi di Call Center e back office”, condannando la società al pagamento delle spese di giudizio.

Il Tar del Lazio riconosce, in primis, che il criterio del “prezzo più basso” può applicarsi ad un’attività connotata da “natura strettamente vincolata” e che tale non è quella di “contact center (in-bound, out-buond e back office)” in quanto “ servizio che risulta oggettivamente caratterizzato da una particolare complessità”.

Una sentenza che – secondo i sindacati – crea un precedente importantissimo e che torna a sottolineare la necessità assoluta di definire un quadro di regole di sistema a tutela dell’occupazione nazionale, garantendo al contempo tariffe di mercato compatibili con i contratti nazionali di lavoro.

Quella contro il massimo ribasso, in gare bandite da società pubbliche, partecipate o che gestiscono servizi in concessione per l’affidamento dei propri servizi di contact center, è infatti uno degli elementi della battaglia che i sidcati di settore stanno portando avanti da tempo in tutte le sedi, a partire da quelle istituzionali, Ministero del Lavoro e dello Sviluppo Economico in testa, per cercare di regolamentare un settore nel quale operano circa 60mila lavoratori.

“Già a settembre del 2014 come Uilcom – spiega Fabio Gozzo, segretario nazionale Uilcom – aveva denunciato pubblicamente come il bando Acea indetto secondo il criterio del massimo ribasso e scritto senza clausole di salvaguardia sociale né vincoli territoriali, ponesse a rischio la “buona occupazione” sul territorio fatta di 420 lavoratori altamente professionalizzati già operanti sulla commessa, favorendo la delocalizzazione all’estero delle attività, senza offrire quelle necessarie garanzie ai cittadini-consumatori circa la qualità di un servizio complesso quale l’assistenza clienti”.

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