FARE DIGITALE

Samaritani: “Un ponte fra pubblico e privato: così sarà la mia Agid”

Parla il nuovo direttore generale dell’Agenzia per l’Italia digitale. “I progetti ci sono
e anche i sistemi abilitanti: ora serve saldare strategia e operatività, in un ottica
win-win. In questo modo la governance dell’innovazione farà il salto di qualità
necessario”

Pubblicato il 19 Giu 2015

Federica Meta

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«L’Agenda digitale è una priorità politica”. Non ha nessun dubbio il neo-direttore dell’Agenzia per l’Italia digitale, Antonio Samaritani, che intervistato CorCom spiega come intende realizzare l’Italia digitale. “Oggi nel nostro Paese le strategie sono state decise e il piano è stato approntato – evidenzia Samaritani – La parte infrastrutturale è ben avviata, le piattaforme abilitanti altrettanto: il punto nodale adesso è individuare le priorità applicative, saldando strategia a operatività. La logica da seguire è quella dell’execution dei progetti che sono stati definiti, in coerenza con gli obiettivi dell’Agenda Digitale e di lavorare, giorno dopo giorno, a integrazioni e nuovi sviluppi”.
L’Agenzia per l’Italia digitale è in grado di farlo con la governance polifocale che ha adesso?
È necessario, prima di tutto, fare una distinzione tra governance operativa e politica. Se si fa riferimento alla prima è chiaro che all’Agenzia sia stata data una delega piena sull’attuazione dei progetti e sulla definizione degli standard. Così per la copertura politica, visto che il premier Renzi ha dato una delega forte al ministro Madia che a sua volta ha definito l’Agenzia “il braccio operativo del governo”.
Dunque nessun problema di governance?
La questione va affrontata in un’ottica diversa.
Quale?
Bisogna partire da una domanda strategica: qual è il valore aggiunto che Agid può dare agli stakeholder, pubblici e privati? Partendo da questa domanda, ricostruendo i rapporti una logica win-win e definendo priorità strategiche, sono convinto che anche i meccanismi di governance, certamente complessi, andranno a fluidificarsi. Si tratta di aprire canali di comunicazione che tutti gli attori coinvolti avranno l’interesse a mantenere aperti perché tramite quei canali passerà valore all’intero sistema Paese.
Nonostante la pletora di tavoli e comitati?
Ovviamente lì andrà fatto un lavoro di razionalizzazione ma sempre tenendo ben presenti la necessità, comunque, di rispettare i bisogni delle amministrazioni pubbliche coinvolte nel processo di digitalizzazione, che sono tante – centrali e locali – e altrettanto complesse. Solo in un quadro così delineato si potrà, poi, agire per consolidare i centri decisionali e valutare quali vale la pena tenere e quali no.
Ci può fare un esempio di questo nuovo metodo di lavoro?
Si possono integrare a livello nazionale i risultati raggiunti, ad esempio, dalle Regioni nei progetti di Agenda digitale. Iniziative esemplificative, in questo senso, possono essere il Sistema di identità digitale (Spid), attraverso l’integrazione delle identità già certificate dalle Regioni e il fascicolo sanitario elettronico: su questi progetti chiave stiamo mettendo a valore quanto già fatto dalle amministrazioni territoriali.
Lei viene da un’esperienza “regionale” (Samaritani è stato Cio della Regione Lombardia), come intende valorizzare il ruolo delle Regioni?
È necessario dare alle Regioni un ruolo di primo piano. Non è pensabile realizzare l’Agenda digitale in un’ottica centro-centro, marginalizzando l’esperienza locale che, invece, ha dato spesso ottimi risultati in termini di efficienza della macchina pubblica e di rapporto con cittadini e tessuto imprenditoriale.
Lei ha parlato di identificazione delle priorità. Sono sempre quelle scelte da Francesco Caio o possiamo provare a fare un salto in avanti?
Le tre priorità di Caio – fatturazione elettronica, Identità digitale e Anagrafe unica – sono i pilastri iniziali su cui continueremo a costruire tutto il resto. Mi spiego: prendiamo la fatturazione elettronica, un progetto che è considerato a buon titolo un successo. Lì è stato aperto, concettualmente, un ambito nuovo che si può estendere a tutti i sistemi informativi. Mi aspetto che l’industria, e anche il sistema della domanda, sappiano cogliere questa opportunità.
Avanti tutta sui progetti di Francesco Caio, dunque?
Se li “apriamo” quei progetti possono diventare un pozzo inesauribile. Un banco di prova, in questo senso, sarà lo Spid che una volta a regime diventerà una piattaforma abilitante per il lancio di servizi a valore aggiunto. ll cittadino vedrà la propria vita digitale semplificata sia nei rapporti con la Pubblica amministrazione sia in quelli con i privati. Una volta avviato questo processo si potrà accelerare anche su nuove priorità che certamente scaturiranno da questo nuovo corso.
Quali potrebbero essere queste nuove priorità? Le ha già in mente?
Sanità, Scuola e Turismo digitale, soprattutto. Intendiamo lavorare -oltre che per una pubblica amministrazione moderna e più efficiente – anche per il rilancio dei settori produttivi che oggi devono trovare la loro giusta dimensione. Secondo le stime 2015 del Desi (Digital economy and society index) il gap tra l’Italia e la media europea è circa del 23%, quella con i quattro maggiori paesi dell’Unione Europea è circa del 28%. Una distanza che non ci porta ad essere “meno digitalizzati” ma semplicemente meno competitivi. La fase esecutiva di tutti i progetti Agid sarà guidata da questa logica: gli indicatori del Digital Economy and Society Index ci mostrano chiaramente la strada da seguire per incidere realmente.
Crede che il “nuovo corso” dell’Agid darà frutti anche sul fronte interno? Nella passata gestione ci sono state frizioni tra la dirigenza e i sindacati. Lei come si trova?
Benissimo. In Agid ci sono competenze importanti che intendo valorizzare il più possibile in un’ottica di collaborazione.

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