Call center, Apollonj Ghetti: “Gare al massimo ribasso ammazzano il settore”

Il presidente di Teleperformance Italia analizza i motivi della crisi: “Non si può pensare di intervenire solo riducendo i costi”. E annuncia la costituzione di un’associazione di aziende committenti e di caring “che si obbligheranno a lavorare in maniera socialmente responsabile”

Pubblicato il 10 Lug 2015

Lucio Apollonj Ghetti , presidente di Teleperformance Italia

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Teleperformance in Italia perde soldi da quando furono realizzate le stabilizzazioni e anni di ammortizzatori sociali non hanno risolto il problema. Anche l’accordo che abbiamo firmato nel 2013, che ci ha permesso delle economie importanti sul costo del lavoro grazie al sacrificio sopportato dai nostri dipendenti, è solo servito a limitare le perdite.

Il vero problema non è il costo ma i prezzi ai quali è possibile aggiudicarsi le gare che, vuoi per un problema di eccesso di offerta, di sgravi ribaltati sui committenti o di non rispetto delle regole, sono attualmente insufficienti per permettere alle aziende di call centre di essere profittevoli.

Uno studio Assocontact dimostra in modo chiaro che al di sotto dei 27.5 € l’ora, una azienda del settore non può generare profitti e quindi sopravvivere. Sono completamente d’accordo con il Sindacato delle Tlc che la soluzione di tutte le vertenze del settore non può passare dalla riduzione dei costi, e quindi dei compensi dei nostri dipendenti, già di per sé bassi. Bisogna intervenire molto rapidamente per far sì che il prezzo responsabile, individuato da Assocontact, diventi il minimo nel nostro mercato, per fare in modo che le aziende del settore si battano sulla qualità del servizio e non sui prezzi.

Insieme ad alcuni committenti e al Prof. Bauzon dell’Università di Tor Vergata, e con l’aiuto attivo di politici attenti quali l’on. Marco Donati e il supporto, speriamo, dei sindacati, stiamo costituendo un’associazione sulla relazione clienti e la responsabilità sociale, che permetterà di associare aziende committenti e aziende di call centre, che si obbligheranno a lavorare in maniera socialmente responsabile sia lato domanda (prezzo responsabile), che lato offerta (qualità del servizio e corretta gestione delle risorse umane).

Tale impostazione volontaria nella determinazione dei prezzi minimi è essenziale per garantire la qualità dei servizi erogati ai cittadini. Quest’autoregolamentazione gestita dagli stakeholders consentirebbe di applicare delle buone pratiche in questo mercato. Questo sistema di “soft law”, nel quale il Governo coinvolge la responsabilità degli attori economici e sociali tramite un suo patrocinio attivo, è già una realtà in Europa (lo è in Francia dal 2004 soprattutto nelle aziende in cui lo Stato è azionista).

Quanti posti di lavoro si dovranno ancora perdere prima di poter realizzare un tale sistema autoregolatore che si cura realmente del consumatore, del lavoratore e delle imprese? Adesso è il momento di agire in sinergia tra tutti gli attori per evitare che il settore dei call centre tracolli peggiorando ulteriormente la situazione del Paese.

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