Banda larga, il “New Deal” di Obama contro le lobby tv e Tlc

La Fcc pensa a una gara per assegnare frequenze televisive alle comunicazioni wireless e a modificare i criteri di compensazione tra operatorori per sostenre servizi telefonici alternativi

Pubblicato il 22 Mar 2010

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Ci sono applausi e anche un po’ di invidia per gli Stati Uniti,
tra gli esperti italiani che analizzano in questi giorni le 376
pagine del Piano Nazionale Banda Larga, presentato da Fcc (i
regolatori Tlc Usa).
Il piano decennale infatti mette nero su bianco tutti i desideri
del settore: sviluppo della rete fissa e mobile, apertura alla
concorrenza, sostegno alla domanda, alfabetizzazione degli utenti.
Fcc progetta di andare avanti come una rivoluzione culturale, un
carro armato che spariglia le carte e lo scacchiere delle lobby, in
nome del progresso. Ed è proprio questa l’incognita: che poi le
lobby possano ostacolare il piano. Una possibilità già messa in
conto da commentatori sul New York Times, Wall Street Journal e
BusinessWeek.
Ma il fascino del piano resta intatto, soprattutto agli occhi degli
esperti italiani: disegna a tre dimensioni come sarà la rete, la
domanda e l’offerta, nel 2020. “Un New Deal. Il Paese si dà un
obiettivo strategico, sfidante, su un obiettivo di lungo periodo”
commenta Cristoforo Morandini, dell’osservatorio Banda Larga.

“Un piano molto ambizioso, che si può riassumere in tre
misure”, aggiunge al Corriere delle Comunicazioni
Maurizio Dècina, ordinario di Reti al Politecnico di
Milano
. La prima riguarda la domanda e l’offerta: un
investimento di 9 miliardi di dollari (in aggiunta ai 7,2 già
approvati per lo sviluppo della banda larga nelle aree rurali).
L’obiettivo è di garantire almeno 4 megabit al secondo alle
abitazioni nelle zone rurali, 100 Mbps “economici” a 100
milioni di case, e connessioni ad almeno 1 Gigabit alle istituzioni
(scuole, biblioteche, uffici pubblici…). L’Universal Service
Fund (8 miliardi all’anno) sosterrà l’alfabetizzazione
informatica estendendola al 90% della popolazione (dall’attuale
65). La seconda misura servirà a realizzare una rete wireless
nazionale per la pubblica sicurezza dei cittadini, con 6,5 miliardi
di dollari.
“La terza misura è forse la più dirompente e riguarda la Mobile
Future Auction”, aggiunge Dècina. Fcc pensa a una gara per
assegnare frequenze tv alle comunicazioni wireless banda larga.
“Si tratta di circa 500 megahertz, una banda enorme che va ad
aggiungersi allo spettro tv già assegnato al wireless nel 2009”,
continua.

Qui Fcc colpisce le lobby delle tivù, ma ne ha anche per quelle
dei cellulari: progetta di modificare in 10 anni i criteri di
compensazione tra operatori (le tariffe di interconnessione),
portandole verso il flat-rate. Mira così a sostenere servizi
telefonici alternativi, come quelli su Internet (VoIp). “Gli Usa
riconoscono di essere in ritardo, di avere ampie fasce di esclusi
dall’innovazione digitale, di avere una carenza di frequenze che
rischia di penalizzare lo sviluppo di un ecosistema (quello mobile)
di importanza vitale – riassume Morandini -. Con gli interventi
proposti, gli Usa vogliono riconquistare il primato del mercato
dell’innovazione”, continua.
“Gli Usa fanno sul serio quando parlano di larga banda e sono
convinti che la leadership in questo settore sia foriera di grandi
benefici economici per il Paese”, aggiunge Dècina. Viene
immediato il confronto con l’Italia: “In Italia invece
l’attenzione del governo è rivolta ad altre priorità, quindi le
risorse in gioco per l’accesso a Internet sono minime, nulla si
fa per l’alfabetizzazione informatica e lo spettro radio sembra
essere blindato per i prossimi quattro anni, al servizio esclusivo
dei broadcaster”.
Sulla stessa linea Juan Carlos De Martin, professore del centro
studi Nexa su Internet & Società al Politecnico di Torino: “Il
Piano è un prodotto di quel pensare strategicoal futuro di un
Paese che mi sembra manchi così tragicamente in Italia”. Attenti
però a non dare già per realizzato il piano: anche negli Usa ci
sono lobby che remano contro. “Il piano probabilmente genererà
una battaglia tra le lobby delle industrie della tv e delle Tlc”,
avvisa Dècina.

I broadcaster si stanno già opponendo al piano, facendo lobby al
Congresso che deve approvarlo (scrive il Wall Street Journal). Gli
operatori mobili hanno fatto fallire un precedente piano con cui
nel 2008 Fcc voleva creare un’enorme rete wireless gratuita negli
Usa. E anche se l’industria non dovesse remare contro, non è
detto che sosterrà il piano di Fcc con proprie iniziative. Serve
però anche il supporto dei privati, non solo fondi pubblici (per
quanto ingenti), per portare gli Usa in una nuova era digitale. Lo
sa bene l’Italia, che su un’ipotetica società della rete
pubblico-privata sta scommettendo il futuro della banda larga.

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