L'INTERVISTA

Bansal: “Ericsson pronta per nuove sfide. Italia modello mondiale”

“Puntiamo a riposizionarci come leader”, annuncia a CorCom il nuovo numero uno della market area Europa e America Latina di Ericsson. 5G, Iot e cloud le tecnologie chiave. Ma per spingere il business serviranno una ripartizione dello spettro e norme adeguate. “Partnership pubblico-privato possibile soluzione per accelerare lo sviluppo di policy ad hoc”

Pubblicato il 12 Apr 2017

Mila Fiordalisi

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Riaffermare la leadership in Europa. È questo l’obiettivo prossimo venturo di Ericsson. Un obiettivo importante e ambizioso ma – ne è convinta l’azienda svedese – assolutamente possibile. “Nel corso degli ultimi anni abbiamo perso market share nonché dovuto affrontare un piano di riorganizzazione importante e una revisione della strategia. Ora siamo pronti per ripartire e riposizionarci come leader nell’area continentale” spiega a CorCom Arun Bansal, il nuovo numero uno della Market Area Europa e America Latina di Ericsson (una delle cinque market area – dalle precedenti 10 Regioni– in cui è stata riorganizzata l’azienda a livello globale).

Bansal, la sfida non sarà da poco.

L’Europa vanta la più alta presenza di attività di ricerca e sviluppo di Ericsson. Oltre il 65% della ricerca e sviluppo di Ericsson è nel vecchio continente. E non è una cosa da poco, perché è dove si crea innovazione che si crea futuro. Vogliamo lavorare con i nostri clienti e portare la nostra ricerca e sviluppo sempre più a stretto contatto con loro. L’Italia, in particolare, è da sempre considerata un hub importantissimo in tal senso. E non a caso molti operatori esteri guardano all’Italia come a un modello. Anche sul fronte 5G molte iniziative vedono protagonista l’Italia e in questo senso abbiamo appena siglato un protocollo d’intesa con Tim per una collaborazione tecnologica sul 5G.

Come mai una market area Europa-America Latina?

È stata fatta questa scelta perché le principali telco europee vantano una presenza in Sud America, come ad esempio Tim, ma anche altre nostre aziende clienti come Enel e Telefonica. I due mercati dunque hanno molto in comune da questo punto di vista.

Riguardo specificamente all’Europa, è possibile considerarlo un mercato unico oppure ci sono peculiarità locali che lo rendono frammentato?

Le telco europee si trovano tutte di fronte alla sfida di un recupero delle revenue e della trasformazione digitale. Non ci sono grandi differenze fra i principali operatori. Poi, certo, ci sono della peculiarità locali ma la strategia di Ericsson è stata messa a punto già avendo presenti tali specificità.

Come si articolerà l’offerta futura?

Network, digital services e managed services sono le tre aree di business su cui ci concentreremo per soddisfare al meglio le esigenze dei nostri clienti e di quelli potenziali.

E su quali tecnologie puntate maggiormente?

Anche in questo caso abbiamo individuato una triade: 5G, Iot e cloud. Sono tecnologie legate fra loro perché il 5G farà da abilitatore all’Internet of things e alla virtualizzazione delle risorse.

Il 5G potrà svilupparsi adeguatamente senza infrastrutture fisse in fibra?

La fibra è importante ma il 5G da solo potrà garantire performance persino superiori sia sul fronte della velocità di connessione sia della resilienza, la questione considerata più “critica” in passato al confronto fra le due tipologie di network. Sono stati fatti passi in avanti enormi, l’avanzamento tecnologico procede a ritmo serrato, le reti mobili oramai sono “robuste”, ed è anche questo il motivo per cui nell’ultimo periodo si è registrata una fortissima accelerazione sul fronte 5G tant’è che la commercializzazione sarà possibile già nel 2019.

Sarà il 5G la chiave di volta in Europa?

Sicuramente sarà fondamentale perché consentirà ad esempio alle telco di sbarcare in nuovi mercati e di aprirsi a nuove fonti di revenue in particolare dall’Internet of things.

Il contesto regolatorio europeo è quello adeguato?

Bisognerà lavorare su alcune questioni a partire dalla ripartizione dello spettro fino alla definizione delle norme legate, ad esempio, alla connected car. Da questo punto di vista le aziende del comparto possono aiutare a individuare le questioni cruciali e le partnership pubblico-privato possono rappresentare una soluzione per accelerare lo sviluppo di policy ad hoc.

La questione culturale e delle competenze. Quanto pesa secondo lei sull’evoluzione delle aziende?

Molto. E anche per quelle del comparto Ict. La digital transformation toccherà inevitabilmente tutti, ma le resistenze non mancano e non mancheranno. La trasformazione tecnologica è la più semplice, poi si passa a quella dei processi, considerata di media difficoltà, per poi approdare alla questione culturale, complessa per tutti. Le competenze dunque sono importantissime ma da sole non bastano senza l’approccio giusto.

E in Ericsson come siete messi?

Ericsson è un’azienda innovativa nel dna e da sempre pronta a reinventarsi sulla base dell’evoluzione tecnologica e del mercato. Abbiamo le competenze adatte per affrontare le sfide che ci attendono. E come abbiamo fatto sempre nel corso della nostra storia ci continueremo a dotare delle risorse adeguate man mano che ci si presenterà la necessità di farlo.

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