IL DDL

Call center, appello di Asstel: “No a polverizzazione contratti”

La dg Laura Di Raimondo: “Il riferimento sia il contratto nazionale per individuare diritti, doveri e garanzie minime comuni. Ma serve un nuovo modello di relazioni industriali partecipativo ed evoluto”

Pubblicato il 26 Lug 2017

Federica Meta

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No alla polverizzazione dei contratti dei call center. L’appello arriva da Asstel. “Per le attività di call center esiste un Ccnl di riferimento che è quello delle Tlc che racchiude tutta la filiera pur considerando le specifiche esigenze delle attività e dei settori che le compongono. Riteniamo controproducente qualunque iniziativa di polverizzazione e frammentazione dei contratti e degli interlocutori”, ha detto in commissione Industria del Senato la dg di Asstel, Laura Di Raimondo nell’ambito della discussione del disegno di legge in materia di tutela, sviluppo e competitività dei call center.

Per Di Raimondo “il nuovo paradigma dei contratti collettivi deve essere quello di individuare diritti, doveri, regole e garanzie minime comuni. Qualora fossero necessari interventi di miglioramento degli attuali assetti contrattuali sarà compito delle parti stipulanti il Ccnl Tlc operare in tal senso anche con una visione innovativa”.

“Questo potrà avvenire, coinvolgendo necessariamente le organizzazioni sindacali, sviluppando un modello di Relazioni Industriali partecipativo ed evoluto, che consenta di dare attuazione finalmente ad un cambio di paradigma teso al raggiungimento di maggiori livelli di produttività, competitività, efficienza e qualit, trovando un nuovo punto di equilibrio, attraverso l’individuazione di soluzioni innovative capaci di realizzare una convergenza sempre piu’ evoluta e che tenga conto delle specificità delle varie anime della filiera – ha evidenziato la dg – Asstel con le organizzazioni sindacali firmatarie del Ccnl hanno dimostrato già con l’Accordo del 30 maggio 2016 sulle c.d. clausole sociali per i cambi di appalto nelle attività di call center, la capacità di individuare un quadro di regole per la gestione dei casi di maggiore complessità sociale ed industriale”.

Obiettivo del ddl sui call center è quello di promuovere la leale concorrenza tra le imprese di call center e tutelare la stabilità occupazionale. Il provvedimento istituisce l’istituzione dell’Osservatorio nazionale permanente per il settore dei call center, che garantisce altresì la rappresentanza paritetica di tutti gli attori e si elencano tassativamente le funzioni specifiche dell’osservatori.

Focus anche sulle imprese operanti nei mercati regolamentati, nonché sulle concessionarie di beni o servizi pubblici che – stando al testo – sono obbligate ad affidare i servizi di customer care esclusivamente a soggetti in possesso di certificazione di qualità, a pena di nullità del contratto.

In questa prospettiva si prevede la costituzione di un organismo nazionale di certificazione, che accrediti le imprese abilitate al rilascio della certificazione utile sulla base di una serie di requisiti definiti con apposito regolamento. Tra i requisiti, oltre all’adempimento degli obblighi contributivi e fiscali e al rispetto dei contratti collettivi, figura l’utilizzo di personale qualificato in relazione ai servizi richiesti dalla committenza. Tale disposizione rappresenta il centro nevralgico dell’impianto normativo, in quanto la gran parte dei committenti, al fine di rispettare i requisiti per certificare la qualità del servizio, saranno automaticamente orientati al mantenimento di determinati livelli di prezzo.

Per la senatrice Pd, Stefania Pezzopane, prima firmataria del ddl “la proposta intende dare soluzione al continuo ribasso dei prezzi che affligge il comparto, definendo standard e procedure adatti a garantire la qualità del servizio. La chiave che abbiamo scelto, per riqualificare un settore importante per il Paese ma in forte crisi, è infatti di puntare sui servizi di qualità certificata, più innovativi e ad alta concentrazione di capitale umano”.

Il ddl definisce anche i criteri per l’affidamento degli incarichi e per lo svolgimento del servizio nei mercati regolamentati, fissando il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa alla base delle procedure di gara e prevedendo espresse indicazioni circa i costi del lavoro sostenuti.

Nero su bianco anche misure per la salvaguardia dei livelli occupazionali: si prevede che per le attività di vendita diretta di beni e per le attività di servizi realizzate attraverso servizi di contact center outbound, il ricorso ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa sia consentito nei limiti e alle condizioni economiche e giuridiche previste dagli accordi collettivi nazionali stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Disciplinato anche il caso di successione di imprese nel contratto di appalto con il medesimo committente e per la medesima attività di call center.

Per quanto riguarda le delocalizzazioni, il ddl indica gli obblighi che l’impresa deve rispettare nel caso in cui decida di spostare l’attività di call center fuori dal territorio nazionale, prevedendo adeguate sanzioni in caso di violazione e istituendo una serie di obblighi in capo all’operatore nei confronti dell’utente.

Il provvedimento istituisce il Fondo per il sostegno del settore di call center, con una dotazione di 6 mln di euro annui a decorrere dall’anno 2017. Inoltre, viene introdotta la deducibilità integrale dei costi telefonici sostenuti, prevista per legge solo per determinati settori (le imprese di autotrasporto e gli ex contribuenti minimi e i nuovi minimi cui non si applicano le limitazioni previste dal Tuir), in considerazione dell’uso necessario di tali strumenti, in quanto caratterizzanti l’attività industriale del settore dei call center.

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