Micromax, il Davide indiano che sfida i Golia del 3G

Da società di software a quarto player indiano dei telefonini, l’azienda punta ora a un cellulare low cost di terza generazione

Pubblicato il 15 Giu 2010

Piccoli produttori indiani crescono. E arrivano a turbare i sonni
dei big del calibro di Nokia. In due anni e mezzo, Micromax,
azienda di Gurgaon, è diventata il quarto maggior player del
subcontinente, terzo per i Gsm, e pronta a cavalcare l’onda del
3G. In palio c’è la conquista di 600 milioni di utenti mobili su
un mercato che ha un tasso di crescita tra i più elevati del
mondo.

Nata per servire i mercati rurali, Micromax, i cui sontuosi uffici
si ergono tra strade dominate da tanfo e miseria, è oggi
determinata a farsi largo anche tra i sofisticati consumatori dei
grandi centri urbani. Con creazioni come il telefonino tempestato
di Swarovski, tanto stridente con la realtà della sua cittadina di
origine.

“Anche per questo stiamo investendo nel cricket e nel cinema”,
racconta al Sole 24 Ore Vikas Jain, 35 anni, co-fondatore e
business director; “vogliamo che il nostro brand diventi
riconoscibile: i nostri clienti non devono più tenere i nostri
telefoni in tasca. Vogliamo che li appoggino sul tavolo senza paura
di sfigurare con amici e colleghi”.

Partita come società di software, due anni e mezzo fa Micromax ha
deciso di fare il salto verso il mondo dei telefonini. Con un
dilemma: costare meno o offrire di più? Una volta messo sul
mercato con successo un apparecchio con una batteria in grado di
garantire 16 ore di conversazione o 30 giorni di stand-by, è stato
chiaro che, almeno in quelle vaste regioni dell’India dove i
black out sono più lunghi e frequenti, la strada da seguire era la
seconda.

Da allora Vikas e i suoi tre soci non hanno smesso di crescere:
oggi, secondo Idc, Micromax è il quarto player del mercato indiano
dopo Nokia, Samsung e Lg (e davanti a Motorola e SonyEricsson) ed
è terzo nel segmento dei telefoni Gsm. Un risultato reso possibile
da un altro fortunato tentativo di smarcarsi dai concorrenti: la
produzione di apparecchi con due sim. In questo modo gli utenti (in
città) possono separare le telefonate private e quelle di lavoro,
ma usare sempre lo stesso telefono, mentre agli utenti rurali è
stata offerta una sorta di number portability virtuale. Spiega
Jain: “In India non si può ancora cambiare operatore senza
perdere il proprio numero, ma con due sim si può sempre essere
reperibili sulla propria utenza ‘storica’ e utilizzarne di
volta in volta un’altra per fare le chiamate approfittando delle
offerte più vantaggiose”.

Il mercato indiano della telefonia mobile è in rapida
trasformazione. I colossi stanieri stanno lentamente perdendo share
a favore di una miriade di piccole e giovani realtà locali. Se nel
primo trimestre del 2008 i nuovi player erano cinque e non valevano
che lo 0,9% del mercato, nell’ultimo quarto del 2009 il loro
numero era salito a 28 e le loro vendite erano arrivate al 17,5%
del totale.

La prossima sfida che metterà di fronte multinazionali e
produttori locali è quella dei telefoni di terza generazione. I
principali operatori indiani come Airtel, Reliance e Vodafone hanno
speso cifre molto più alte del previsto per ottenere le licenze. E
se il 3G non sarà un successo non potranno recuperare quanto
investito. “Vogliamo produrre un cellulare di terza generazione a
meno di 4mila rupie (70 euro)”, spiega Jain. “Con tutto quello
che hanno sborsato, gli operatori faranno di tutto per trasformare
il 3G in un mercato quasi di massa”.

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