Telefonica, la conquista di Vivo e la liaison con Telecom Italia

L’intesa con PT rafforza la competitività della spagnola sul mercato brasiliano dove l’azienda capitanata da Bernabè è molto forte sul mobile e sta cercando di riconquistare terreno sul fisso. L’ipotesi di fusione italo-spagnola sempre più lontana: creerebbe problemi proprio in Sud America

Pubblicato il 29 Lug 2010

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Con l’accordo concluso tra Telefonica e Portugal Telecom per il
passaggio di Vivo sotto il controllo degli spagnoli, Cesar Alierta
ha finalmente ottenuto quello che voleva, pagando un prezzo
stratosferico (7,5 miliardi di euro), ma assicurando al suo gruppo
la possibilità di competere ad armi pari nel mercato più
promettente dell’America Latina. Armi pari anche rispetto
all’acerrimo rivale America Movil, il gruppo del magnate
messicano Carlos Slim, che in Brasile ha già iniziato
l’integrazione fisso-mobile. Se ha ragione chi, come i
portoghesi, sosteneva che le sinergie sprigionabili dalla
combinazione Vivo-Telesp (l’operatore fisso dello stato di San
Paolo in mano agli spagnoli) sono ben superiori ai 2,7 miliardi
stimati dagli analisti, Telefonica potrà forse dire di aver fatto
comunque un buon affare, come puntualizza Il Sole 24 Ore.

Ma anche Portugal Telecom, un “nano” rispetto al gigante
spagnolo, ha portato a casa quello che voleva, secondo il
quotidiano economico italiano. Combattendo con grinta, e con
l’aiuto determinante del governo di Lisbona che non ha esitato a
calare la dubbia carta della golden share, ha ottenuto di restare
agganciata all’ex colonia con un ruolo tutt’altro che
secondario, dal momento che reinvestirà poco più della metà (3,7
miliardi di euro) dell’assegno che incasserà da Telefonica per
acquistare il 22,4% di Oi, il "campione nazionale" nato
sotto la benedizione del governo Lula, oggi quarto operatore mobile
in Brasile e leader sul segmento fisso.

Non altrettanto ben posizionata per competere sul terreno combinato
fisso-mobile nel Paese sud-americano è invece la nostra Telecom
Italia. Fino a qualche anno fa, oltre che direttamente con il
mobile di Tim, l'azienda guidata da Franco Bernabè era
presente anche nel capitale dell’operatore fisso Brasil Telecom,
partecipazione che era stato poi "costretto" a
liquidare.

Recentemente, Telecom è rientrata nel fisso, attraverso il
segmento long distance, rilevando con un’acquisizione carta
contro carta Intelig, che ora sta integrando con Tim Brasil. Ma,
necessariamente, per il gruppo italiano l’accento resta sul
mobile, punto forte della sua strategia in Brasile.

Ora, la mossa di Alierta su Vivo è destinata ad avere contraccolpi
sui rapporti con Telecom Italia? C’è chi scommette di sì.
Telecom è stata sorda alle sirene lusitane che la invitavano ad
aggiungersi al tavolo delle trattative brasiliane, evitando di
fatto di intralciare i piani dell’azionista spagnolo, scrive Il
Sole. Di certo le motivazioni a un’integrazione più spinta con
il gruppo guidato da Franco Bernabé, di cui si discuteva nella
prima parte dell’anno, si sono di molto affievolite. In Brasile,
infatti, le autorità locali non consentirebbero mai un
consolidamento tra Vivo e Tim Brasil che anzi, per disposizioni
regolamentarl dell’Anatel (l’Authority delle tlc) e del Cade
(l’Antitrust), sono tenute a una rigida separazione delle
rispettive attività.

Da qui a ipotizzare che Telefonica possa mollare la presa su
Telecom, però ce ne passa. Sulla partecipazione in Telco, pur con
un prezzo di carico svalutato a 2,2 curo, la minusvalenza
potenziale per Telefonica, ai valori di Borsa attuali che oscillano
intorno a 1 euro, è comunque superiore a 1,5 miliardi. Uscire
dalla holding significherebbe contabilizzare senza scampo la
perdita.

E Telefonica non vorrà di certo danneggiare un quadro finanziario
che al momento la vede in buona salute: nel secondo trimestre 2010
revenue e profitti netti si sono rafforzati. Le entrate sono
aumentate del 9% rispetto a un anno fa, a 15,12 miliardi di euro,
grazie alla crescita organica, agli effetti positivi del cambio e
all’acquisizione di Hansenet in Germania. Aiutano a spiegare il
perché di una strategia latino-americana tanto aggressiva il calo
delle revenue sul mercato domestico (-3,2% a 4,69 miliardi di
duero) e la crescita di quelle legate al mercato sud-americano
(+16% a 6,44 miliardi). Telefonica O2 Europe è comunque andata
complessivamente bene, con un fatturato che sale del 14% a 3,79
miliardi e 4,7 milioni di nuovi clienti nel secondo trimestre, per
un totale di 277,8 milioni di utenti a fine giugno, in crescita del
5,2% rispetto a un anno prima.

Più lenta la crescita dell’utile operativo prima di ammortamenti
e svalutazioni (Oibda, +4% a 5,79 miliardi), mentre il margine
Oibda scende dell’1,8% a 38,3% a causa, spiega Telefonica, di un
aumento dei costi di rete e interconnessione in America Latina,
dell’assunzione di nuovo personale alla Atento (call center) e
dei maggiori costi di marketing per gli smartphone. Migliorano
però gli utili netti, a 2,12 miliardi di euro (47 centesimi per
azione), rispetto a 1,83 miliardi o 40 centesimi per share di un
anno fa.

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