Wi-fi italiano, mercato piccolo ma in fermento

L’abolizione della Pisanu può spingere il business. Al vaglio degli operatori la possibilità di utilizzare gli hot spot per alleggerire le reti 3G sature

Pubblicato il 29 Ott 2010

Il mercato del wi-fi pubblico italiano è piccolo, pochi milioni di
euro l’anno, ma non è stagnante: vi si muovono diversi attori,
alcuni anche arrivati di recente e con un carico di nuove idee.
“I principali attori, per il business degli hot spot pubblici
wi-fi, siamo noi e Linkem”, spiega Luigi Zabatta, responsabile
offerta fissa consumer di Telecom Italia, che ha 500 hot spot,
“circa 8-10 mila utenti e 4-5 milioni di minuti di traffico al
mese, tariffato a 3-5 euro l’ora. Non sono ricavi significativi:
500mila euro l’anno, a crescita piatta”, continua Zabatta.
Telecom ha avuto per anni un accordo di roaming che consentiva ai
suoi utenti di accedere ai 1.400 hot spot Linkem, ma ora non è
più valido. “Abbiamo circa 250mila clienti per un giro di affari
che supera i 2 milioni di euro l’anno”, dice Davide Rota,
amministratore delegato di Linkem, che si dice quindi “leader del
mercato wi-fi in termini di qualità, date le prestigiose location
attivate che comprendono la quasi totalità degli aeroporti, luoghi
pubblici, alberghi, centri congressi, aree di servizio
autostradale, porti turistici, librerie eccetera”.

Vodafone consente ai propri clienti di accedere a 1.500 hot spot,
in virtù di accordi di roaming. Ci sono anche nuove aziende che
stanno costruendo una rete wi-fi in poco tempo: si distingue la
trentina Futur3, che in un anno e mezzo ha lanciato 450 hot spot
gratuiti (finanziati dalla pubblicità degli sponsor) a Trento,
Bolzano, Rovereto e zone dell’Alto Garda e ha raggiunto quota
42mila utenti registrati. “A livello di fatturato oggi non
possiamo essere significativi. Stiamo passando in questi mesi da
situazione startup a situazione commerciale”, dice
l’amministratore delegato Massimiliano Mazzarella.

Insomma, un po’ di fermento c’è in questo mercato, nonostante
non si rifletta ancora in una crescita del business significativa.
Si è creato anche spazio per un giro d’affari collaterale agli
hot spot pubblici: Guglielmo, di Reggio Emilia, è uno dei più
noti fornitori di sistemi di autenticazione a hot spot di alberghi
o di reti cittadine gestite dalla PA: gli hot spot formano la rete
Lumen, con un migliaio di hot spot, anche a pagamento (quelli
gratuiti sono a Trieste, Reggio Emilia, Parma, Piacenza, Milano,
Verona, Genova, Lecce). Gli utenti possono accedere con lo stesso
account a tutti gli hot spot della rete. “Prevediamo circa due
milioni di euro di fatturato nel 2010”, dice Giovanni Guerri,
general manager di Guglielmo.

Su questo mercato una ventata di novità può arrivare
dall’alleggerimento dei vincoli normativi previsti dal decreto
Pisanu (identificazione certa dell’utente). L’impatto sarebbe
in particolare sul business associato agli hot spot gratuiti, visto
che su quelli a pagamento identificare gli utenti non è mai stato
un problema (al solito tramite carta di credito). Per esempio,
potrebbero aumentare i piccoli esercenti (bar, pizzerie) dotati di
hot spot e gli utenti stranieri di wi-fi pubblico gratuito
italiano. I piccoli esercenti si sono dimostrati meno capaci di
affrontare gli oneri della normativa e quindi in Italia sono rari
quelli con wi-fi.
Gli stranieri sono i più penalizzati dalla Pisanu: molte reti
wi-fi gratuite per rispettare la normativa identificano l’utente
tramite sms, ma il sistema funziona solo con quelle italiane.

“Grazie a un maggior numero di utenti stranieri, potrebbero
nascere opportunità di business per un wireless service provider,
con l’offerta di servizi collegati all’hot spot – aggiunge
Guerri -. Per esempio, applicazioni che permettono all’utente
wi-fi di studiare itinerari turistici (selezionando mezzo di
trasporto, tempo a disposizione, gusti eccetera) e in generale di
avere informazioni in modo efficace quando naviga in luoghi
pubblici”.

“Presto offriremo dai nostri hot spot un ventaglio più ampio di
servizi oltre all’attuale fornitura di accesso ad Internet, a
prescindere dall’eventuale abolizione della normativa Pisanu”,
aggiunge Rota. A conferma che il mercato wi-fi italiano di per sé
sta cominciando a svegliarsi.

Un’altra novità potrebbe arrivare dal rapporto tra wi-fi e banda
larga degli operatori mobili (3G). A prima vista, lo sviluppo
dell’una e dell’altra tecnologia sono in contraddizione; “Il
wi-fi pubblico è cresciuto poco in Italia a causa del successo
della banda larga in mobilità” dice Zabatta. “A causa del
fatto che i grandi operatori italiani, a differenza di quelli
stranieri, hanno considerato il wi-fi minaccioso per il loro
business 3G e quindi hanno creato pochi hot spot”, aggiunge Rota.
Le cose però potrebbero cambiare presto. “Anche gli operatori
italiani si stanno rendendo conto che le due tecnologie potrebbero
essere complementari. E il wi-fi servire a scaricare le celle radio
mobili sature di traffico” dice Rota. “Stiamo valutando questa
ipotesi – conferma Zabatta -. Potremmo indirizzare la connessione
Internet dei clienti mobili sui nostri hot spot wi-fi, laddove
questi sono presenti, allo scopo di alleggerire la rete 3G. Senza
che per l’utente cambi nulla in termini tariffari”. Anche
questo scenario fa parte del futuro del wi-fi italiano: come un
romanzo noioso che si riscatta con un finale a sorpresa.

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