Agenda digitale, Prosperetti: “Obiettivi giusti, regole superate”

L’economista punta dito contro il quadro normativo: “L’orientamento al costo è una logica vecchia, nel mercato Ngn solo il retail minus dà ritorni più rapidi”

Pubblicato il 21 Mar 2011

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L’Agenda digitale? Italiana o europea che sia, “sarà un
castello in aria, se non cambia il quadro regolamentare. Che adesso
è incapace di premiare davvero gli investimenti nelle nuove
reti”. È un “problema strutturale” dell’Europa quello su
cui punta il dito Luigi Prosperetti, ordinario di
politica economica alla facoltà di Giurisprudenza della Statale di
Milano. “L’Italia ha la colpa aggiuntiva di fare pochissimo per
sostenere la domanda di informatica e banda larga”.
Cominciamo dall’Agenda. Gli obiettivi sono troppo
ambiziosi, mal tarati?

No, vanno bene. Il problema è che gli obiettivi non saranno mai
raggiunti se resta l’attuale quadro regolamentare europeo. Troppo
incerto, per giustificare investimenti rischiosi sulla nuove reti
in fibra ottica (Ngn). La redditività non è chiara ed è messa a
rischio dall’incertezza normativa.
Allora che cosa bisognerebbe fare, quanto alle
regole?

Prima di tutto bisognerebbe riconoscere un potere significativo di
mercato a chiunque cabla un edificio in fibra. A prescindere dalle
quote di mercato detenute. Gli altri operatori dovranno infatti
comunque fare accordi con chi per primo ha cablato una zona. Non
possono duplicare l’infrastruttura.
L’Agcom ha appunto indicato un obbligo, agli Olo: di
aprire a terzi l’accesso ai propri cablaggi verticali di palazzo:
si legge nel documento sulle regole Ngn, ora in bozza.

Sì, ma Agcom non ha sancito l’aspetto di dominanza per chi cabla
per primo. Dice che deve dare accesso, ma non a quali condizioni…
Dovrebbe stabilire anche questo principio, proprio come per Telecom
Italia nei confronti dei concorrenti. E poi, a prescindere da quale
sia l’operatore dominante, io credo che continuare a far pagare
l’accesso con orientamento al costo sia controproducente.
Propone quindi di superare i principi di orientamento al
costo?

È una logica vecchia, presa di peso dalle reti in rame. Il punto
è che il ritorno sugli investimenti con cost plus ce l’ho solo
se non ci sono imprevisti nel lungo periodo… Ma nel mercato Ngn
molte cose non sono chiare: i concorrenti, le regole, la domanda.
In questo caso serve un ritorno più rapido, ottenibile con un
modello retail minus. Per prima cosa, però, il regolatore deve
favorire la contrattazione tra operatori e solo se questi non
trovano un libero accordo imporre un principio dall’alto, ex
post. Che, nel caso, dovrebbe essere retail minus e non cost
post.
E come dovrebbe essere il retail minus?
Gli operatori devono pagare il gestore della rete in base a quanto
l’utente è disposto a pagare, per i vari servizi che ci passano.
E quindi un prezzo variabile. Io pagherei di più un servizio di
telemedicina, rispetto alla tivù hd via internet, perché questa
posso averla con vari strumenti. Ed è un principio che andrebbe
esteso non solo agli operatori di accesso, ma anche agli over the
top. Il titolare di infrastruttura deve avere il potere di fare
pagare una somma più elevata a chi utilizza più banda.
Se confrontiamo gli obiettivi dell’Agenda Digitale
europea con la situazione italiana, ci accorgiamo che i ritardi
più gravi sono sull’uso dei servizi Internet. Sulla domanda,
quindi.

Già, è sbagliato pensare di risolvere il problema aumentando solo
l’offerta di infrastrutture. In Corea del Sud lo Stato ha fatto
molti interventi per spingere l’uso di banda larga: corsi per
ultra 60enni, programmi di alfabetizzazione molto estesi. C’è da
dire che gli italiani usano meno la rete anche perché sono meno
istruiti di altri. Secondo studi di Deutsche Bank, c’è
correlazione tra uso della rete e la scolarizzazione. La maggior
parte del materiale disponibile è in inglese, del resto… Quello
della scolarizzazione è un problema di lungo periodo, certo, ma
perlomeno si può cominciare incoraggiando la conoscenza e la
domanda di strumenti informatici. Si avrà comunque un impatto
positivo sul mercato. Facciamo campagne per educare e
tranquillizzare il pubblico, per esempio chi è spaventato per
l’uso della carta di credito su Internet. Insegniamo ai cinque
milioni di Pmi italiane a fare teleconferenze. È impensabile che i
piccoli imprenditori imparino da soli…

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