Installatori Wi-fi, è bufera sul patentino

Piccoli provider sul piede di guerra contro le nuove regole per ottenere la licenza per realizzare le reti. Bortolotto (Assoprovider): “Per le aziende costi proibitivi. Disattesi i principi Ue”

Pubblicato il 09 Mag 2011

Piccoli provider sul piede di guerra, contro le nuove regole per
ottenere il “Patentino installatori” necessario per la
realizzazione delle reti Wi-Fi. Le regole sono state messe nero su
bianco nel Dlgs 198/2010 entrato in vigore il 15 dicembre. E lo
scorso 15 aprile si è conclusa la consultazione pubblica avviata
dal Ministero dello Sviluppo Economico sulla bozza di decreto
ministeriale contenente il “Regolamento di attuazione
dell’articolo 2 comma 2 del decreto legislativo 26 ottobre 2010,
n. 198: recante attuazione della Direttiva 2008/63/CE relativa alla
concorrenza sui mercati delle apparecchiature terminali di
telecomunicazioni”.

Le nuove regole che riguardano l’installazione e manutenzione
degli apparati che vanno dalla rete pubblica a quella privata
dell’utente, non hanno ottenuto il disco verde né dalle
associazioni dei consumatori né di Assoprovider (Confcommercio),
l’associazione che raccoglie i piccoli operatori di Tlc
indipendenti. Attualmente è in corso l’esame delle osservazioni
pervenute in occasione della consultazione in vista della messa a
punto del testo definitivo che dovrà poi essere sottoposto al
vaglio del Consiglio di Stato per l’approvazione definitiva.
Numerosi i nodi da sciogliere: “C’è un rischio evidente di
nuove burocratiche vessazioni per tutti i cittadini italiani –
attacca Dino Bortolotto, presidente di Assoprovider -. Il testo
proposto dal ministero dello Sviluppo economico è visibilmente
etero diretto dalla casta degli installatori telefonici e calpesta
i più elementari principi del liberismo”. Sponsor del
provvedimento, secondo Bortolotto, sono “i detentori di
patentino, in particolare la lobby dei vecchi installatori di
centralini Telecom, in particolare nella pubblica amministrazione,
strumenti oggi obsoleti soppiantati da nuove soluzioni come ad
esempio il Voip, che oggi non prevedono l’installazione né la
gestione di centralini e postazioni”.

Secondo Bortolotto il dlgs 198 – che recepisce la direttiva europea
2008/63/CE sulla liberalizzazione della vendita di tutti
dispositivi di connessione dalla rete pubblica a quella privata, in
particolare i router Wi-Fi – travisa le indicazioni europee. “Il
recepimento è stato totalmente distorto, con la creazione di un
registro degli installatori che, se entrerà in vigore così
com’è previsto dalla bozza, introdurrà multe che variano da
15mila a 150mila euro per tutti coloro che installeranno apparati
pur privi di patentino”, aggiunge Bortolotto. Secondo
Assoprovider nel decreto attuativo si introduce una definizione di
apparato terminale d’utente artata, la cui funzione è quella di
allargare a qualunque dispositivo della rete privata l’attuazione
della norma. “Nel senso che, se non saranno apportate le
necessarie modifiche al testo, vi rientra qualunque dispositivo
dell’utente sulla rete privata”, puntualizza l’associazione.
In pratica, si obbliga il consumatore ad affidarsi ad un
installatore privato, al prezzo medio di 70-80 euro a chiamata. Un
costo che sale molto quando si supera il limite massimo di dieci
punti di accesso alla rete privata. “Con lo sviluppo tecnologico
che galoppa, dieci apparati connessi alla stessa rete saranno
esauriti in un baleno – dice Bortolotto -. Siamo alla vigilia della
rivoluzione dell’Internet delle cose, l’era in cui qualunque
oggetto con l’avvento dell’Ipv6 sarà collegato a Internet,
dalla caffettiera al portacenere, dalla stampante al televisore. Se
sarà necessario l’intervento dell’installatore per ciascun
collegamento si profila una vessazione in piena regola per gli
utenti”.
Perché l’utente finale non è libero di mettersi in casa quanti
dispositivi vuole? Qual è la ratio con cui il decreto attuativo
fissa a dieci il limite dei dispositivi “free”?. Questi gli
interrogativi posti da Assoprovider.

Nel lontano 1992 – ricorda l’associazione – quando ancora non
c’erano le liberalizzazioni, venne emanato il decreto 314/92, che
stabiliva le modalità di connessione alla rete pubblica degli
apparati privati. In quel contesto, interveniva una prima micro
liberalizzazione, visto che l’utente finale poteva installare da
solo fino ad un massimo di due telefoni in casa. Sopra ai due
telefoni, il privato doveva chiamare dei soggetti privati, con
diversi gradi di idoneità, a seconda del numero di telefoni da
installare. Questa normativa quando intervennero le
liberalizzazioni nel ’97 non fu toccata ed è rimasta tale fino
ad oggi. “Nel 2010, esattamente il 26 ottobre – continua il
presidente di Assoprovider – il Governo ha emanato un decreto
legislativo, per il recepimento di una direttiva europea la
2008/63/CE, per la liberalizzazione a livello europeo di tutti gli
apparati terminali d’utente, terminologia che in gergo ha un
significato ben preciso, definendo quell’oggetto unico che si
frappone fra la rete pubblica dell’operatori (dati, telefonia) e
la rete dell’utente finale. Questo oggetto può essere un
telefono, un router, un pc, un televisore, un dispositivo Wi-fi. A
livello europeo la normativa dice di liberalizzare questi apparati,
in modo che siano liberamente commercializzabili e non diventino
uno strumento per legare il cliente all’operatore”.

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