Romani alle tv locali: incentivi legati all’esito dell’asta Lte

Il ministro allo Sviluppo economico: “Più risorse alle piccole tv per liberare lo spettro solo nel caso che i proventi della gara siano superiori alle aspettative del governo”. Ma, ribadisce, improponibile la cifra di 720 milioni richiesta

Pubblicato il 24 Mag 2011

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Più incentivi alle tv locali per lasciar libere le frequenze solo
se i proventi dell'asta Lte saranno superiori ai 2,4 miliardi.
Lo ha detto il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, nel
corso del Radio Tv Forum di Aeranti Corallo.

Romani risponde così all'intervento di Corrado Calabrò,
presidente dell'Agcom, latore della richiesta di incentivi
"in proporzione all'introito realizzato" dalla gara,
avanzata dalle emittenti locali per liberare le frequenze destinate
all'asta Lte. Nel sottolineare che le regole per la gara,
formulate dall'Autorità per le Comunicazioni lo scorso 24
marzo, consentono "entrate anche superiori alla cifra
preventivata di 2,4 miliardi di euro" come indicato dalla
legge di stabilità, Calabrò spiega che incentivi alla liberazione
delle frequenze sono necessari se si vuole procedere con
tempestività a liberare lo spettro e a bandire le aste.

L'aumento delle somme da destinare alle emittenti che liberano
le frequenze, proporzionalmente all'incasso della gara,
"sarebbe un risultato rispondente ad un tempo alle esigenze
finanziarie dello Stato (perchè ci sarebbe un maggiore introito),
all'utilizzo razionale delle frequenze e alla salvaguardia
economica degli investimenti fatti dalle emittenti locali",
aggiunge Calabrò.

Romani, 240 milioni non sono briciole. Troppi 720
milioni

Il ministro Romani, nell'impegnarsi personalmente al
reperimento di maggiori risorse per le tivù locali, premette che i
240 milioni, che proverrebbero dal 10% sull'incasso della gara,
indicato dalla legge di stabilità come rimborso alle emittenti
locali, "non sono briciole". Ma Romani ammette che, così
come evidenziato dalle tv, "non funziona il meccanismo che la
legge pone con il "fino a"", che significa in
sostanza che qualora l'incasso della gara superasse i 2,4
miliardi alle emittenti arriverebbero sempre 240 milioni.

"Su questo – dice il ministro – si può discutere. Se la gara
– sottolinea – consegnasse al paese più risorse non vedo perché
quel 10% non possa tornare al settore". Romani sottolinea di
essere al lavoro "con il ministro Tremonti perché la gara
proceda con chiarezza. Mi auguro – conclude – che produca le
risorse che ci aspettiamo", anche se, ammette
"probabilmente quei 240 milioni non saranno sufficienti per
far fare un passo indietro a chi ha voglia di farlo". Una cosa
è certa: "non credo mai che potremo arrivare a 720 milioni
come rimborso", precisa il ministro riferendosi ad una cifra
circolata tra gli addetti ai lavori.

Beauty contest scelta imposta dall'Ue
Per quanto riguarda il beauty contest per il digitale terrestre –
la procedura per assegnare cinque frequenze digitali alle tv
nazionali – Romani e Calabrò spiegano che si tratta di una scelta
obbligata, imposta dall'Ue. "Il beauty contest non è una
procedura che abbiamo condiviso come immaginata da noi, ma è una
mediazione internazionale, è figlia di un'infrazione – ha
detto Romani – Parlare con l'Europa è quasi più difficile che
parlare con i paesi confinanti. L'Europa non ci ha chiesto di
fare una gara economica, ma abbiamo dovuto accettare che le
frequenze fossero segnate con beauty contest, per mettere a posto
un meccanismo che guarda caso riguardava l'anomalia italiana in
campo televisivo".

Il ministro ha spiegato che "la settimana scorsa sono stati
trasmessi gli ultimi particolari a Bruxelles e il beauty contest
dovrebbe tornare legittimato dal bollino europeo". È vero che
al beauty contest partecipano gli incumbent ma è anche vero che
questi non occuperanno tutte le frequenze. "Alla gara potranno
partecipare anche i nuovi entranti. Non ho ancora capito chi sono i
nuovi entranti, a Bruxelles pare che ce ne siano tanti, io non ne
ho ancora visto uno", chiude Romani.

Calabrò ricorda che sull'Italia "pende una procedura di
infrazione comunitaria, ad oggi solo sospesa, in tema di pluralismo
sul digitale terrestre. Il dividendo di cinque reti verrà messo in
gara con criteri asimmetrici e correttivi che garantiranno
l'apertura alla concorrenza, l'ingresso di nuovi operatori
e la valorizzazione di nuovi programmi".

Rossignoli (Aeranti-Corallo): Beauty contest inaccettabile,
triplicare gli indennizzi per le tivù locali

“Il decreto legge con cui è intervenuto il Governo, in relazione
alla riduzione delle frequenze destinate ai servizi di
radiodiffusione televisiva, prevede la redazione di graduatorie per
regioni e per aree tecniche ai fini del rilascio dei diritti di uso
delle frequenze per le trasmissioni televisive digitali terrestri.
Tale nuovo percorso normativo rimette in discussione il processo di
transizione per le sole tv locali. Non è accettabile che tutte le
tv nazionali ottengano senza alcuna selezione l’assegnazione di
reti digitali pianificate, mentre solo le tv locali utilmente
collocate in graduatoria potranno esercire reti digitali".
Così in una nota Marco Rossignoli, coordinatore Aeranti-Corallo,
che aggiunge: “E’ inaccettabile che mentre vengono ridotte nove
frequenze alle tv locali, stanno per essere assegnate
gratuitamente, con il beauty contest, sei frequenze per e
trasmissioni televisive digitali nazionali, con possibilità di
assegnazione di alcune di tali frequenze a soggetti che già
eserciscono altri multiplex nazionali".

Riferendosi poi agli indennizzi previsti dalla legge di stabilità
2011 per le tv locali, Rossignoli ha sostenuto che gli stessi siano
"talmente irrisori da non incentivare certamente nessuna
tv
locale a cedere le frequenze attualmente esercite. Solo triplicando
le risorse sarebbe possibile avvicinarsi ai valori minimi di
mercato delle frequenze di trasmissione".

"Per rafforzare il comparto – ha concluso Rossignoli –
sarebbero necessarie norme di indirizzo del mercato pubblicitario,
come sgravi di imposta per le aziende che acquistano spazi
pubblicitari sull’emittenza locale e come il divieto di
trasmissioni pubblicitarie per le pay tv".

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