Il CASO

Ant Group punta allo scorporo del lending per il via libera all’Ipo

La fintech di Alibaba potrebbe spostare la maggior parte delle attività di finanza online in una holding regolata per soddisfare la Banca centrale, che chiede un distinzione tra la tech company e la “banca”

Pubblicato il 29 Dic 2020

Patrizia Licata

Cina antitrust

Ant Group, la fintech di Alibaba, è intenzionata a salvare la sua Ipo dei record. Per questo potrebbe scorporare la maggior parte delle attività legate alla finanza online (come il consumer lending) in una holding company che sarebbe regolata come le tradizionali banche e società finanziarie. Questa mossa placherebbe i timori dell’Antitrust e della Banca centrale cinese, che hanno bloccato l’Ipo di Ant a due giorni dal debutto sui listini, e agevolerebbe il disco verde dei regolatori. Lo riporta l’agenzia Reuters.

Incerte le sorti di Alipay

Le autorità cinesi, in particolare la Banca centrale, hanno chiesto ad Ant di separare le sue attività di wealth management e assicurazione, nonché di lending online tramite MYbank (di cui Ant ha una quota di minoranza), e aggregarle in una holding company finanziaria soggetta alle normative attualmente vigenti sulle attività bancarie e assicurative. Non è chiaro se nella nuova holding confluirebbe anche il servizio di pagamento digitale Alipay, lanciato nel 2004 e oggi seconda maggiore fonte di ricavi per il gruppo dopo il prestito ai privati.

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Ant non ha per ora commentato, ma la Banca centrale cinese (Banca popolare della Cina, Pboc) ha dichiarato a Reuters che la fintech di Alibaba sta preparando un piano per istituire una holding finanziaria e che dovrebbe garantire che tutte le sue operazioni finance siano poste sotto supervisione regolatoria. Il piano è solo una bozza iniziale.

Secondo Bloomberg News Ant intende spostare nella holding company qualunque filiale la cui attività richieda una licenza finanziaria.

Una tech company o una banca?

Lo scorso mese i regolatori cinesi hanno fermato la doppia Ipo di Ant a Shanghai e a Hong Kong – una quotazione record da 37 miliardi di dollari – ad appena due giorni dal debutto in Borsa. A spingere allo stop è stata la “doppia natura” di Ant: il gruppo si presenta come azienda tecnologica, ma i regolatori guardano al peso dell’attività di erogazione di crediti che Ant conduce, all’interno di un impero dalle molteplici divisioni, e che ha contribuito a quasi il 40% dei ricavi del gruppo nella prima metà dell’anno. Per le autorità Ant non è solo una tech company, ma una banca. E le regole che deve seguire per quotarsi sono ben diverse, soprattutto ora che i regolatori hanno deciso una “stretta” sulle società dei prestiti online.

Nei giorni scorsi la Banca centrale cinese ha infine chiesto ad Ant di modificare la sua struttura operativa. L’eventuale scorporo delle attività finanziarie, però, taglierebbe di netto il valore del gruppo, fissato a 315 miliardi di dollari alla vigilia della quotazione proprio in quanto “fornitore tecnologico per istituti finanziari” e non società finanziaria. Come tech company la fintech di Alibaba gode infatti dell’andamento positivo del mercato tecnologico e delle valutazioni ben più generose che gli investitori danno alle aziende hitech rispetto alle banche.

La stretta regolatoria della Cina

A settembre la Pboc ha emanato nuove regole destinate alle holding finanziarie. L’inasprimento normativo mira a scongiurare rischi sistemici nel vasto settore finanziario cinese. La holding finanziaria di Ant ricadrebbe sotto questa vigilanza normativa, ma le trattative per negoziare quali filiali di Ant vanno nella holding e quali no potrebbero rivelarsi lunghe e complesse.

Nella documentazione per l’Ipo presentata ad agosto Ant aveva già indicato che avrebbe usato la neo-istituita filiale Zhejiang Finance credit network technology co per presentare domanda per la licenza a creare una holding finanziaria, ma senza specificare quali attività avrebbe fatto confluire nella nuova società.

La stretta normativa di Pechino riguarda tutti i colossi del digitale. Si tratta di un radicale scostamente dalle precedenti strategie del governo cinese, tese a favorire la crescita dei suoi campioni tecnologici. Da alcuni mesi, invece, Pechino ha messo sotto i riflettori le aziende di Internet che creano possibili monopoli di mercato, preoccupata che il veloce sviluppo dell’economia online sia rallentato o danneggiato dalla presenza di colossi dominanti.

Alibaba e le sue controllate come Ant sono al centro del mirino: contro il colosso dell’e-commerce è anche stata avviata un’indagine dell’Antitrust (State administration for market regulation). Il nodo è la policy di Alibaba che obbliga i merchant a firmare accordi esclusivi di collaborazione con la piattaforma e impedisce loro di offrire i prodotti su siti rivali.

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