SCENARI

Condividere la password di Netflix, utenti in allarme. Ecco cosa succederà

Secondo Parks Associates i servizi di streaming hanno perso complessivamente oltre 9 miliardi di dollari nel 2019 a causa del password sharing. Le aziende studiano metodi per arginare un fenomeno su cui finora hanno chiuso un occhio e che mette a rischio il business. Ma gli abbonati, soprattutto i più giovani, temono la stretta

Aggiornato il 13 Gen 2020

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Update 13 gennaio 2020

La concorrenza si fa già sentire sui conti di Netflix. Nonostante un balzo dei ricavi e degli abbonati non Usa, il campione dello streaming video ritocca al ribasso le previsioni per i primi tre mesi del 2020 calcolando 7 milioni di nuovi abbonati: un rallentamento rispetto ai 9,6 milioni dello stesso periodo dello scorso anno che riflette la pressione competitiva nel settore, dove sono scesi in campo Apple e Disney.

Condividere le password dei servizi di streaming

Condividere le password dei servizi, soprattutto quelli di streaming, è diventata oramai pratica diffusissima. Ma le perdite ingenti che le aziende stanno subendo rischiano di cambiare lo scenario e costringono ad un intervento che non può tardare troppo. Pena la tenuta del business.

Cosa rischiano Netflix & co

Un nuovo report di Parks Associates ha stimato che i servizi di streaming hanno perso complessivamente oltre 9 miliardi di dollari nel 2019 proprio a causa del password sharing, cifra che salirà a 12,5 miliardi da qui al 2024. Numeri che non possono lasciare indifferenti aziende come Netflix che finora hanno chiuso un occhio di questa pratica ma che vista la concorrenza crescente – Disney + ed Apple Tv stanno provando ad erodere quote di mercato alla compagnia di Hastings – è probabile debbano mettere mano alla questione. Fino a qualche tempo fa il ceo di Netflix Reed Hastings affermava che la condivisione delle credenziali era “una cosa positiva” perché fungeva da “marketing gratuito” per i contenuti.  Di recente però il capo dei prodotti, Gregory Peters, pur non rivelando alcun piano specifico ha comunque ammesso che ci sono “modi amichevoli” per convincere gli utenti a fare diversamente. In occasione dell’assemblea dei soci, lo scorso ottobre, Netflix ha più volte fatto riferimento alla possibilità di intervenire. E tanto è bastato per mettere in allerta gli utenti.

Stop al password sharing: gli effetti sulla brand reputation

Bloccare la condivisione delle credenziali avrebbe seri contraccolpi sulla reputazione delle compagnie, come evidenzia Dan Rayburn, analista di Frost & Sullivan. “Le aziende possono mettere in campo azioni per evitare abusi? La risposta è sì – dice Rayburn – Ma provate ad immaginare quale sarebbe il contraccolpo sul brand se da un giorno all’altro Netflix annunciasse che non si potranno più condividere le password. La compagnia ha una reputazione di mercato ‘friendly’ che perderebbe dall’oggi al domani se prendesse decisioni drastiche”.

Attualmente, a seconda del piano tariffario, Netflix impone limiti sugli stream simultanei da un singolo account, ma non ha limiti specifici per l’accesso degli account tra i dispositivi. Disney + invece consente quattro stream simultanei e fino a dieci autorizzazioni dall’app mobile. Sebbene non vi siano limiti fissi al numero di dispositivi che è possibile utilizzare con un singolo account, Disney monitora le modalità di utilizzo sfruttando modelli di back-end e dispone di meccanismi per gestire il oversharing nel caso si presentasse.

Password sharing: l’utente tipo

Tra gli utenti più avvezzi alla pratica spiccano i giovani, vuoi per motivi di convenienza economica vuoi per la propensione alla condivisione che caratterizza le nuove generazioni. Secondo Hub Entertainment Research circa il 31% degli abbonati condivide l’account con altri; andando ad analizzare il fenomeno per fascia di età emerge che a farlo sono il 65% degli utenti tra i 13 e i 24 anni a fronte di uno scarso 16% degli over 35. In questo scenario, decidere di cambiare le policy sulle password- secondo gli analisti – significherebbe perdere una quota, e anche particolarmente attiva, di consumatori ovvero i giovanissimi che più di altri amano i servizi in streaming.

Articolo originariamente pubblicato il 15 Gen 2020

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