LE MISURE DEL MIBACT

Confindustria Digitale: “Stop a tasse su dispositivi hi-tech. Anacronistico e dannoso”

L’appello del presidente Cesare Avenia: “Il compenso sulla copia privata non solo non va aumentato ma va abolito. Il ministro Franceschini riveda i provvedimenti”. Ma la Siae non ci sta: “Gli autori vanno garantiti. Senza contenuti i device solo pezzi di latta”

Pubblicato il 30 Mar 2020

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Il compenso sulla copia privata non solo non va aumentato ma va abolito. E bisogna intervenire subito. Questo l’appello di Confindustria Digitale al ministro della Cultura e del Turismo Dario Franceschini. Appello che sintetizza anche la posizione delle altre associazioni Ict di viale dell’Astronomia, ossia Anitec-Assinform e Asstel.

Il Mibact ha presentato una revisione delle tariffe – il decreto è attualmente in bozza – che includono nel paniere device di nuova generazione: in dettaglio si prevede un aumento delle tariffe sui telefoni (7% per gli smartphones dai 32 ai 64 Gb e 21% per quelli dai 64 ai 128 Gb) e sui pc (32,7%). E per la prima volta vengono assoggettati al compenso per copia privata anche i cosiddetti wearables, i device indossabili quali gli smartwatch e i fit-traker, che secondo Confindustria Digitale sarebbero peraltro da considerarsi accessori di un dispositivo principale (lo smartphone), già soggetto al pagamento del compenso.

“Riteniamo che la proposta di decreto sul compenso per copia privata, posta a consultazione dal Mibact, sia frutto di una visione del tutto anacronistica rispetto alle reali abitudini dei consumatori – evidenzia il presidente di Confindustria Digitale Cesare Avenia -. La rapida evoluzione dei device, la crescente offerta di contenuti on-line da piattaforme specializzate e l’accesso a costi decrescenti alle reti a banda larga fisse e mobili, hanno radicalmente cambiato le abitudini di consumo legale di contenuti e oggi lo streaming è la modalità largamente prevalente di fruizione dei contenuti digitali. La copia privata è del tutto residuale e mantenere in vita il compenso, addirittura prevedendone l’aumento, assume sempre più il significato di un balzello sull’innovazione tecnologica, oltretutto in contrasto con le esigenze di modernizzazione del Paese, emerse con forza nella drammatica emergenza che stiamo vivendo. Per questo invitiamo il Ministro Franceschini anzitutto a soprassedere all’aumento del compenso per copia privata, che è totalmente ingiustificato, e di ripensare anche all’intero istituto della copia privata riformando la norma che lo ha istituito.”

Secondo l’associazione “desta sconcerto”, che nel predisporre il decreto il Ministero “non abbia tenuto in alcun conto le indagini sulle abitudini dei consumatori italiani realizzate in questi anni da terze parti che confermano la netta prevalenza di fruizione dei contenuti tutelati utilizzando le piattaforme di streaming e/o download su licenza”.

Dati alla mano Confindustria ricorda che secondo i risultati di uno studio Nielsen sui consumi degli italiani (presentato a febbraio) solo per quanto riguarda gli smartphone, il numero di consumatori che hanno ascoltato musica tramite servizi di streaming on demand è pari all’84% del totale. E l’associazione evidenzia che gli aumenti a cui lavora il Mibact non tengono conto neanche dello studio Istat, commissionato dal Ministero stesso e citato nella premessa del decreto, che fotografava già nel 2017 una situazione in cui solo il 15% dei consumatori di contenuti musicali e il 10% dei consumatori di contenuti video ricorreva ancora all’abitudine di produrre la cosiddetta copia privata.

“Oggi a due anni di distanza la percentuale di consumatori che ricorre ancora alla copia privata è tendente a zero. A fronte di queste evidenze confidiamo che il Ministro Franceschini fermi l’iter di emanazione di un decreto che è profondamente sbagliato, tanto più in questo momento: si andrebbe infatti ad aggravare il prelievo per copia privata sui dispositivi che gli italiani stanno utilizzando per proseguire le proprie attività lavorative da casa, per continuare le attività didattiche e di studio, per mantenere le proprie relazioni sociali”, puntualizza il presidente Avenia.  “Oggi il settore digitale è pienamente mobilitato per assicurare al Paese lo svolgimento delle attività nel rispetto delle regole sull’isolamento. Vi sono in corso, da parte delle aziende tecnologiche, decine e decine di iniziative volontarie di messa a disposizione gratuita di connettività, servizi e piattaforme, anche accogliendo l’appello lanciato dal Ministro dell’Innovazione Paola Pisano con il programma Solidarietà Digitale. Un decreto che penalizzi l’innovazione sarebbe un segnale del tutto inopportuno e controproducente”.

La replica della Siae: “Compenso è garanzia per gli autori. Nessun danno per i consumatori”

“Leggo esterrefatto le dichiarazioni dei rappresentanti di Confindustria Digitale relativamente alla bozza di decreto sulle tariffe della copia privata posta a consultazione dal Mibact” controbatte il Presidente della Siae Giulio Rapetti Mogol.

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“Reiterano le falsità nei confronti degli autori che rappresentano il patrimonio creativo della collettività. Senza i contenuti creati dagli autori, smartphone e altri strumenti tecnologici sarebbero poco più che pezzi di latta senz’anima. Non solo, ma i più autorevoli studi di settore dimostrano come il perimetro della copia privata si è notevolmente ampliato con il cloud. I consumatori non vengono affatto colpiti dalle tariffe di copia privata che, in realtà, gravano per un percentuale quasi irrisoria (considerando i prezzi degli apparecchi) sulle aziende multinazionali (e non italiane) che li producono”

“Gravissimo, infine – conclude Mogol – che si strumentalizzi questo drammatico momento per chiedere di bloccare una delle pochissime fonti di ristoro per gli autori e per l’industria culturale nel suo complesso – considerato che le attività di spettacolo sono doverosamente ferme – mentre aumenta in maniera esponenziale la vendita di prodotti digitali, visto che dobbiamo restare a casa”.

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