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Il Covid accelera l’automazione, ma rischiano tra 3 e i 4 milioni di lavoratori

E’ la stima di EY che prevede anche una perdita di 1 milione di posti. Antonelli: “Finanziamenti alla formazione continua al centro del Recovery Plan”

Pubblicato il 08 Ott 2020

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La pandemia da Covid-19 impatta negativamente sull’occupazione. Secondo le stime di EY a causa di questa crisi sta accelerando i processi di automazione con la conseguente perdita di un milione di posti di lavoro mentre tra i 3 e i 4 milioni di persone saranno in posizione di incertezza e rischiano di trovarsi inadeguati.

“E’ fondamentale in questo momento in Italia il tema della formazione, le imprese quando c’è una crisi uno dei primi costi che tagliano è quello della formazione”, ha evidenziato Massimo Antonelli, Regional Partner dell’area Med e ceo per l’Italia di EY, aprendo il convegno EY Capri Digital Summit “A New Brave World”.

“In periodo in cui è in corso una trasformazione cosi’ importante e’ chiaro che c’è necessità di un reskilling delle persone – ha chiarito – Serve puntare sulla formazione. In generale c’è bisogno di ristabilire fiducia e avere coraggio, dobbiamo fare un grande sforzo di ridare fiducia alle nostre persone al nostro Paese. Occorre avere il coraggio di fare scelte lungimiranti, di medio e lungo periodo”.

Di qui anche la necessità di sistematizzare il Recovery Plan. “Sono preoccupato della numerosità dei progetti che si stanno portando avanti rispetto al Recovery plan – ha concluso – 500 progetti per carità sono anche necessari, ma c’è bisogno di un piano integrato che trovi un filo strategico di medio e lungo termine, molti progetti sono correlati, è importantissimo che ci sia una regia e una visione”.

Infrastrutture, digitale e cambiamenti nei consumi e nella produzione di beni e servizi sono i grandi temi individuati da EY – a conclusione del percorso intrapreso lo scorso giugno con Italia Riparte – dai quali passa il futuro del Paese e ai quali ha dedicato i quattro panel del Summit.

Un piano per le infrastrutture

Le possibilità di sviluppo economico e sociale del Paese passano, secondo le analisi di EY, anche dalla qualità del sistema infrastrutturale nel suo complesso che, allo stato attuale, è una conseguenza diretta dei limitati investimenti effettuati negli ultimi anni. Seppure non esista un dato puntuale sulla spesa complessiva per infrastrutture in Italia, gli investimenti totali nel settore sono passati da circa 110 miliardi di euro del 2014 a circa 133 miliardi di euro del 2019, con un tasso di crescita annuale del 3%. L’incidenza di tali investimenti sul PIL in Italia è cresciuta dal 6,8% del 2014 al 7,5% del 2019, segnando comunque una certa distanza rispetto ad altre economie europee (Germania e Spagna circa 9% e Francia circa 11%). In questo orizzonte temporale la spesa pubblica in infrastrutture si è attestata intorno al 2% del PIL, a fronte di una media EU di circa il 2,9%.

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Appare quindi evidente come la ripartenza post Covid-19 richieda interventi urgenti per garantire il mantenimento di adeguati livelli di competitività del Paese, mediante un piano straordinario di investimenti infrastrutturali che tenga conto di specifiche considerazioni di natura finanziaria sull’uso delle risorse pubbliche e private e di come la crisi in atto abbia reso evidente la necessità di ripensare fabbisogni e priorità.

“Sono tre le principali sfide da affrontare per favorire l’accelerazione – ha commentato Marco Daviddi, EY Strategy and Transactions leader per l’area Med – il completamento delle infrastrutture strategiche per il trasporto di beni e persone; un grande piano di manutenzione e ammodernamento delle opere esistenti; un intervento organico, strategico e coraggioso al fine di rivedere e ripensare le aree metropolitane. Intervenire sulla dotazione infrastrutturale del nostro Paese è fondamentale per sostenere nel breve termine la crescita e l’occupazione, consentire alle imprese e ai cittadini di perseguire i processi di trasformazione che Covid-19 ha accelerato e rendere il nostro sistema sociale e produttivo più resiliente”.

Risollevare l’economia mediante ingenti investimenti in grandi opere strategiche nel comparto delle infrastrutture è quindi focale per la ripresa dell’economia. Si calcola infatti che ogni euro speso nel settore si trasformi in 2,5 euro di PIL nel medio periodo. Si stima che le risorse del Recovery Plan possano consentire un incremento di circa il 25% della spesa pubblica per investimenti nei prossimi 5 anni, con un impatto annuo pari a circa lo 0,5% del PIL dell’anno 2019. D’altra parte, la vera sfida è creare le condizioni affinché queste risorse possano efficacemente mobilitare e aggregare anche un volume crescente di risorse private. Le analisi di EY stimano un valore compreso tra i circa 150 e 200 miliardi di euro di investimenti complessivi in infrastrutture nei prossimi cinque anni che le risorse addizionali del Recovery Fund potrebbero mobilitare, con un impatto annuo pari al 1,8% del PIL del 2019.

Un ruolo cruciale rivestono in questo contesto gli investimenti in ambito Infratech, una commistione ormai indissolubile tra infrastrutture digitali e fisiche per nuovi ecosistemi urbani a supporto del cittadino in ottica di sostenibilità, sicurezza e resilienza.

La trasformazione del B2B

La discontinuità economica rappresentata dal Covid-19 ha imposto alle aziende del settore B2B la necessità di accelerare il percorso di innovazione, digitalizzazione e route to market, sia per sopravvivere nel breve periodo e in vista del calo previsto nel PIL nel 2020 (stimato tra il 12 e il 15%) sia per ottenere un vantaggio competitivo in un mercato che si prevede comunque in ripresa nel 2021 e in crescita negli anni successivi. Se la priorità in questo momento è la messa in sicurezza del business nel breve termine, con un’attenzione particolare alla resilienza finanziaria e operativa, i pilastri per sostenere la trasformazione e programmare la crescita per le aziende B2B italiane sono: innovazione e intelligenza condivisa per creare sistemi connessi e sviluppare prodotti e servizi all’avanguardia; sostenibilità della filiera, intesa non soltanto come sostenibilità ambientale, ma anche come sistema industriale asset light e agile; digitalizzazione, che porta con sé i concetti di automazione, remotizzazione e connessione.

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