L'INTERVISTA

Italia 4.0, imprese pronte alla svolta. Accenture: “La sfida? La cooperazione uomo-macchina”

Parla Gianluca Secondi, managing director di Accenture Technology: “Il Paese ha le carte in regola per guidare il cambiamento e i manager sono sempre più attenti all’adozione delle nuove tecnologie. Riflettori su AI, IoT e veridicità del dato”. Competenze chiave di volta

Pubblicato il 25 Lug 2018

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L’Italia indietro nell’adozione delle tecnologie? Uno “storytelling” che non racconta tutta la realtà. Secondo la Technology Vision Italia di Accenture 2018 il nostro Paese sta invece diventando un “fast mover” della digital transformation. A raccontare quello che sta succedendo Gianluca Secondi, managing director di Accenture Technology.

Il vostro report annuale fa ben sperare. Le imprese italiane sono finalmente pronte alla svolta digitale. È così?

Il Paese è certamente allineato con il resto dell’Europa per quel che riguarda l’adozione delle nuove tecnologie. Ma ci sono due elementi, forse ancora più interessanti per la nostra analisi, che riguardano i brevetti e la vision dei manager. Per quanto riguarda i primi va segnalato che l’Italia ha fatto richiesta per il deposito di un numero di brevetti tecnologici superiore alla media europea. Poi, finalmente, i manager iniziano a considerare la tecnologia uno strumento imprescindibile per far fare il “salto quantico” al business. L’81% dei manager ritiene che la tecnologia sta trasformando le relazioni tra consumatori e imprese e il 66% ritiene di lavorare in un’azienda pioniera o comunque innovatrice nell’adozione delle tecnologie emergenti.

Il mindset sta dunque evolvendo velocemente. Da cosa dipende?

C’è una maggiore consapevolezza rispetto alle opportunità generate dall’innovazione tecnologica. Il management è culturalmente più vicino al cambiamento, inteso non solo come “iniezione” di tecnologie ma anche come leva di innovazione organizzativa. Non è un caso se nel 2017 sono stati investiti in “abilitatori digitali” – gli strumenti e i fattori che consentono alle imprese di digitalizzare i propri processi produttivi – più di 14 miliardi di euro.

Nei prossimi anni ci sarà un’accentuazione di questo trend?

Stando alla nostra ricerca, il 48% dei manager prevede che le risorse che saranno destinate alle tecnologie emergenti crescerà nei prossimi anni tra il 5% e il 10%. Con un ritorno del capitale stimato oltre l’80%.

Quali saranno i capisaldi di questa svolta?

Accenture ne ha indentificati 5: Intelligenza artificiale, realtà virtuale e aumentata, veridicità del dato, “frictionless” business e IoT. L’AI porta con sé sfide totalmente nuove per le aziende: si prevede che nei prossimi due anni sistemi di machine learning affiancheranno gli esseri umani nelle attività come co-worker. Si apre così una partita che non è solo tecnologica, ma anche etica e di competenze.

All’AI è strettamente legato il tema dei dati.  Come possono le imprese assicurarsi di utilizzare al meglio questi asset?

Le decisioni che le aziende prendono oggi sono sempre più guidate da un patrimonio informativo di grande importanza. Affinché l’applicazione dell’AI sia efficace è fondamentale porre grande attenzione alla veridicità dei dati: : se inaccurati possono portare l’azienda a prendere decisioni sbagliate che possono essere estremamente dannose per il business. Ecco perché è cruciale dotarsi di una funzione di “data intelligence”; serve assicurare che i processi a supporto delle decisioni “data driven” siano verificati.

La realtà aumentata, da pilastro del settore del gaming, si sta trasformando anche in formidabile strumento di business.

La possibilità di creare esperienze immersive cambia il rapporto tra le persone, dentro l’azienda ma anche con i consumatori. I nostri clienti utilizzano questo tipo di soluzioni sia per migliorare la qualità del lavoro e aumentare la produttività sia per vendere prodotti e servizi. La realtà aumentata è una “rivoluzione” delle relazioni.

“Frictionless” business”: di che si tratta?

La tecnologia facilita la nascita di partnership in grado di abilitare un ecosistema di relazioni “produttive”. Ma per farlo non bastano le buone intenzioni dei manager, per costruire servono strumenti adeguati.

Ad esempio?

Prendiamo i sistemi “legacy”: per le loro caratteristiche sono difficilmente esponibili ai nuovi ecosistemi aperti in cui le aziende operano oggi. In tal senso, i microservizi, che, per mezzo delle API (Application Programming Interface), consentono di scomporre le applicazioni in servizi elementari più semplici e tra loro distinti, e la Blockchain,  abilitano e facilitano l’interazione e l’integrazione delle tecnologie aziendali anche con servizi non sviluppati “in house”, agevolando così la costruzione di partnership con soggetti esterni.

Le imprese 4.0 richiedono skill ad alto valore aggiunto. Le nuove competenze scarseggiano anche in Italia. Che fare?

In questi anni le università stanno facendo molto, attivando corsi di laurea e master ad alto contenuto tecnologico. Ma certo l’impegno di quel mondo non è sufficiente. Serve un forte investimento anche da parte delle aziende: Accenture, ad esempio, “prende” studenti già formati e dota di skill che possono essere immediatamente sfruttati sul campo. Le competenze sono cruciali in un mondo dove si andrà sempre più verso la cooperazione uomo-macchina.

Quale sarà la tecnologia più disruptive su cui le aziende dovranno fare leva nel futuro?

Le tecnologie a disposizione oggi sono davvero molte. La vera sfida per le aziende è spesso quella di riuscire a comprenderne tutto il potenziale e trasformarle in progetti concreti e utili per il loro business. Più che cavalcare una tecnologia in particolare, le aziende di successo dovranno essere capaci di combinare in modo intelligente le diverse tecnologie disponibili, creandosi un percorso di innovazione che garantisca loro un costante vantaggio competitivo. Il tutto, senza trascurare la necessità di un continuo investimento nei nuovi talenti e nella trasformazione delle competenze di chi è già all’opera.

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