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“Google&co ostacolano la concorrenza”: ecco il report delle Finanze Uk

Un panel di esperti del ministero chiede il rapido aggiornamento delle norme antitrust e l’istituzione di una digital markets unit, autorità di vigilanza per i colossi digitali. L’accusa di Londra: abuso dei dati personali, M&A senza limiti, danno all’innovazione. Ma per ora nessuna ipotesi “spezzatino”

Pubblicato il 13 Mar 2019

Patrizia Licata

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I colossi del digitale ostacolano la concorrenza e l’innovazione: per i regolatori britannici è sempre più urgente un intervento antitrust che spezzi il quasi-monopolio di gruppi dell’hitech come Google, Facebook, Amazon, Apple e Microsoft.

E’ quanto si legge in nel report “Unlocking Digital Competition” commissionato dal ministero delle Finanze del Regno Unito che propone l’istituzione di un regolatore digitale ad hoc per arginare lo strapotere dei grandi gruppi tecnologici, accusati di rappresentare un freno alla concorrenza di mercato e al progresso tecnologico. Le conclusioni dello studio riflettono indicazioni già arrivate dall’Australia e dagli Stati Uniti. Negli Usa, in particolare, la senatrice Elizabeth Warren, in corsa per le presidenziali 2020, si è più volte espressa a favore di uno “spezzatino” delle grandi tech companies per scongiurare la concentrazione di mercato e i conflitti di interesse.

Il documento  di 150 pagine presentato al governo di Londra, in realtà, non si esprime a favore della separazione delle diverse attività dei colossi del digitale, ma chiede un tempestivo aggiornamento della normativa antitrust adeguandola all’era digitale in modo da difendere la pluralità di scelta del consumatore e restituire agli utenti il controllo sui dati personali.

“Il settore digitale ha creato grandi benefici ma per tali benefici abbiamo dovuto pagare un caro prezzo: il crescente predominio di poche aziende che limita la concorrenza, la scelta del consumatore e l’innovazione”, ha dichiarato Jason Furman, presidente del gruppo che ha preparato lo studio per il governo britannico. Ex capo consulente economico di Barack Obama, Furman è stato scelto dal ministro delle Finanze britannico Philip Hammond come direttore di un progetto di revisione del quadro normativo del Regno Unito sulla concorrenza.

Il panel guidato da Furman propone di istituire un nuovo regolatore chiamato “digital markets unit” per imporre nuove regole pro-concorrenza, col potere di vigilare sul corretto adeguamento e perseguire gli eventuali abusi. Le grandi aziende del digitale sarebbero obbligate a condividere i dati personali raccolti dagli utenti con le aziende concorrenti e i consumatori avrebbero sempre il diritto a spostare i loro dati da un social network all’altro. E’ previsto anche un codice di condotta a cui i colossi hitech si dovranno adeguare.

Uno dei settori su cui aumentare la vigilanza, secondo il report britannico, è l’attività di M&A: Amazon, Apple, Facebook, Google e Microsoft hanno effettuato oltre 400 acquisizioni su scala globale negli ultimi dieci anni, si legge, eliminando di fatto dal mercato startup e altre imprese che potevano far loro concorrenza e acquisendo prodotti innovativi. Secondo il panel di Furman, le autorità antitrust avrebbero dovuto vagliare con maggiore severità queste operazioni, imponendo limiti su alcune e bloccandone altre per tenere vivi competizione e pluralismo ed evitare la situazione di concentrazione attuale.

“Queste misure competitive offrono una soluzione più mirata, con vantaggi sia per le imprese sia per i consumatori, e più adatta a favorire la concorrenza sui mercati digitali rispetto alle attuali leggi antitrust che spingerebbero semplicemente a spezzettare le aziende dominanti”, si legge nel report.

Lo spezzatino dei colossi dominanti è uno dei cavalli di battaglia di Elizabeth Warren, la senatrice democratica Usa che ancora nei giorni scorsi ha proposto di separare Apple in due unità, una per la produzione di device e l’altra, riferita all’App Store, per lo sviluppo di applicazioni. La senatrice in corsa per le presidenziali del 2020 ritiene che ai big della tecnologia vadano applicate le stesse regole che in passato sono state usate per arginare i monopoli in settori essenziali come l’energia, le Tlc e le banche. “Perché – spiega la senatrice – anche nel settore digitale è chiaro che in condizioni di monopolio od oligopolio puoi creare tutte la startup che vuoi ma non ce la faranno mai ad emergere”. Nell’operazione scorporo finirebbero anche Google, Facebook e Amazon: la Warren punta a fare approvare una legge che designerebbe questi gruppi come “piattaforme utility”, obbligandoli a separare business diversi e in conflitto di interesse. Sarebbe il caso, per esempio, delle attività pubblicitarie e di ricerca di Google o Amazon Basics e Amazon Marketplace: Amazon, csecondo la Warren non può vendere sia prodotti propri che di altri.

Le conclusioni presentate dal ministero delle Finanze britannico somigliano più da vicino a quanto proposto dallAutorità garante della concorrenza australiana (Australian competition and consumer commission, Accc), che in un parere dello scorso dicembre ha raccomandato una vigilanza più severa su Facebook e Google per l’ampio potere di mercato raggiunto nell’uso dei dati personali, nella pubblicità digitale e nella diffusione delle notizie. L’Accc ha chiesto di potenziare il regolatore esistente o addirittura crearne uno ad hoc per monitorare più attentamente il ruolo dei big di Internet. Questo regolatore digitale dovrebbe investigare e controllare come le grandi piattaforme posizionano e visualizzano le pubblicità e le informazioni. Il garante australiano ha espresso particolare preoccupazione per la mancanza di transparenza nel funzionamento degli algoritmi dei big di Internet e sul ruolo di “gateway” tra gruppi dei media e pubblico che taglia risorse al giornalismo e mina il sistema dell’informazione e la stessa vita democratica.

IL REPORT UNLOCKING DIGITAL COMPETITION

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